Il Papa parla della realtà e lo fa perché la vive. Se c’è un figlio in arrivo, non c’è bisogno di sbrigarsi a tagliare il traguardo del matrimonio. Non c’è bisogno di “riparare” perché il figlio non è una malattia. Non c’è da curare ma da accogliere. Il matrimonio non è un traguardo e nemmeno un inizio ma una scelta. E per scegliere non basta un sì, ci vuole un Amen perché la risposta è tutta la vita.
Di fronte a migliaia di sacerdoti pietrificati chiede: perché la chiesa ci mette otto anni a fare un prete i cui impegni può sciogliere come accade non di rado, e invece per fare un matrimonio indissolubile bastano tre o quattro lezioncine date di fretta un sabato pomeriggio? “Una signora, una volta, a Buenos Aires, mi ha rimproverato: “Voi preti siete furbi, perché per diventare preti studiate otto anni, e poi, se le cose non vanno e il prete trova una ragazza che gli piace… alla fine gli date il permesso di sposarsi e fare una famiglia. E a noi laici, che dobbiamo fare il sacramento per tutta la vita e indissolubile, ci fanno fare quattro conferenze, e questo per tutta la vita!”
C’è ancora bisogno di interrogarsi del perché il Papa buchi lo schermo, di quale sia il segreto della sua comunicazione? È uno: si chiama verità. Lui guarda alla realtà non come a un insieme di fatti di cronaca e statistiche da studiare e correggere, ma come al luogo dove viviamo, al posto fatto di noi. Non da noi, ma “di noi”. E chi ascolta il Papa sente che quella sua vita, quel suo luogo, è custodito, accolto, scaldato. Sente su di sé lo sguardo buono di chi vede il bene che c’è e lo chiama bene al di là delle teorie e delle regole. Figli in una convivenza? Prima di una convivenza, prima del matrimonio, i figli sono figli e si chiamano figli. Fedeltà in una convivenza? Prima e al di fuori delle istituzioni – convivenze o matrimoni che siano – la fedeltà si chiama fedeltà. E non c’entrano i sessi e i tipi di amore. Se vivi un amore, quell’amore vivrà e porterà altra vita. Partiamo da questo se questo è quello che abbiamo. Camminiamo.
Gli amori che ci fanno felici sono fedeli e portano vita. Era meglio prima? Era meglio quando tutti si sposavano? Al Papa questo non interessa. Vive ora e vuole guardare la realtà di ora. Non pensa ci sia mai stata un’età dell’oro dell’amore. Ci sono sempre stati uomini e donne che hanno fatto della loro vita una promessa d’amore, che sono caduti e si sono rialzati tante volte. Di questo parla. Dà il nome alle cose, dice la verità. Forse – chi lo sa – un tempo l’incedere e il cadere e il rialzarsi avveniva sempre dentro il matrimonio; ora, di certo, avviene anche fuori. Ora avviene anche prima. Alcuni la chiamano “convivenza”. Nei fatti è quando ci si ama ma ancora non si è pronti per sposarsi. Ora il Papa non fa una teoria, racconta una realtà, quella che le statistiche Istat sono lì a ricordarci: il matrimonio ormai entra in casa dopo i mobili, dopo anni di vita insieme, dopo uno o più figli. Il Papa entra nella verità. Vogliamo entrare anche noi in queste case italiane, in queste nostre vite?
Di Don Mauro Leonardi
Articolo tratto da L’Huffingtonpost