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Salvate Leah, «nelle mani di Boko Haram da 150 giorni perché cristiana». Preghiamo per la sua vita

Sono passati più di 150 giorni, oltre cinque mesi, da quando Leah Sharibu è stata rapita in Nigeria da Boko Haram. Per celebrare la triste ricorrenza, i cristiani del Regno Unito e della Nigeria hanno rinnovato l’appello al governo retto dal musulmano Muhammadu Buhari perché si impegni a liberare la ragazzina cristiana di 15 anni.

IL RAPIMENTO. Delle 111 ragazze rapite il 19 febbraio dai terroristi islamici a Dapchi, nello stato di Yobe, 105 sono state liberate dopo l’intervento del governo il 21 marzo. Altre cinque sono morte nelle mani dei jihadisti. Una sola è ancora detenuta: Leah, che come dichiarato dagli stessi uomini di Boko Haram, non è stata rilasciata perché si è rifiutata di convertirsi all’islam.

«AMBASCIATRICE CRISTIANA». «Leah è diventata l’ambasciatrice del cristianesimo nella Repubblica di Boko Haram e chiediamo che possa tornare sana e salva a casa dai suoi genitori», ha dichiarato a maggio il segretario nazionale dell’Associazione cristiana pentecostale, il vescovo Emmah Isong. Il governo nigeriano insiste di essere in trattativa con i terroristi, sottolineando però che i colloqui sono difficili e «tortuosi».

APPELLI AL PRESIDENTE. Per la ragazzina cristiana si sono spese personalmente anche celebrità come la popolarissima cantante Onyeka Onwenu: «Presidente Buhari, io le chiedo di usare tutta la sua influenza e di tentare tutte le strade per fare pressione su Boko Haram perché liberi Leah, che ha scelto di rimanere fedele a Gesù Cristo».
Martedì, il padre della cristiana, Nathan Sharibu, ha scritto in una lettera inviata ai media locali: «Non abbiamo ancora notizie su nostra figlia. Abbiamo bisogno di aiuto da chiunque perché faccia pressione sul governo federale perché si impegni ad assicurare il rilascio di nostra figlia».






«PREGARE E PROTESTARE». Anche per questo, l’associazione Christian Solidarity Worldwide ha inscenato mercoledì, 150mo giorno di prigionia di Leah, una manifestazione davanti all’ambasciata nigeriana a Londra per «pregare e protestare. Leah ha pagato a caro prezzo la sua fede. Preghiamo che Dio risponda alle nostre preghiere e che il governo nigeriano agisca».

Fonte www.tempi.it/Leone Grotti

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