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Salvare o perdere la vita?

safe_imageRIFLESSIONE SUL VANGELO DI QUESTO VENERDI’ – La «sequela» è un elemento essenziale in tutte le religioni. Implica non solo il seguire materialmente un maestro, un «guru», un sapiente, ma soprattutto comporta l’imitazione e poi la testimonianza.

I veri maestri infatti sono portatori di una dottrina e loro compito è quello di farla conoscere e poi tramandarla nei secoli futuri. Gesù oggi in modo molto breve, ma con espressioni dense di profondi significati detta le regole, le condizioni per essere suoi veri discepoli.

Li sintetizza così: «Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua». Il rinnegamento di sé significa l’interiore predisposizione a rinunciare alle proprie convinzioni per abbracciare incondizionatamente quelle del maestro. È la prima condizione.

Si tratta poi di prendere la croce: per noi credenti è il peso del ritorno a Dio dopo la disavventura del peccato, diventare capaci di non tanto di soffrire le inevitabili contrarietà della vita, ma ancor più di offrirle come motivo e prezzo di espiazione e di partecipazione alle sofferenze redentive del nostro divino maestro. Ci dice poi il Signore Gesù che dalla sequela come Egli ce la propone dipende la nostra salvezza eterna. Mettere la nostra esistenza al servizio di Dio significa garantirsi la salvezza.

Al contrario pretendere di salvarci di nostra iniziativa significa incorrere in un tragico fallimento.

Gesù lo afferma così: «Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà». E così motiva la sua verità: «Qual vantaggio infatti avrà l’uomo se guadagnerà il mondo intero, e poi perderà la propria anima? O che cosa l’uomo potrà dare in cambio della propria anima?». Questa è una convinzione che non ci dovrebbe abbandonare mai. Riflessione a cura dei Monaci Silvestrini Benedettini

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