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Sai come era la Messa al tempo degli apostoli?

Investendo gli Apostoli della sua stessa missione, il Signore li costituì non solo propagatori della parola evangelica, ma anche ministri e dispensatori dei suoi misteri. Attingendo dagli Atti e dalle Lettere degli Apostoli, come pure dalla Tradizione dei primi 5 secoli, si può ricostruire – a grandi linee – il rito della Messa.

L’abbiamo scritto: è Gesù che ha istituito l’Eucaristia, è Gesù che ha detto ai suoi Apostoli come celebrare il Rito più santo e divino che esista: il suo Sacrificio nella Messa. Tutto ci è stato dato, non è lecito cambiare né inventarlo noi, come ha sempre spiegato papa Benedetto XVI (1).

Apostoli e Liturgisti

Dal racconto degli Atti degli Apostoli, è chiaro che esiste già un rituale, semplice sì, ma fisso e completo, seguito uniformemente dagli Apostoli e dai loro collaboratori nell’amministrazione del Battesimo, della Cresima, degli Ordini sacri, dell’Olio per gli infermi. Ci sono alcune antiche e preziose tradizioni in alcune chiese fondate dagli Apostoli, secondo le quali la Liturgia ivi celebrata era ritenuta un patrimonio ricevuto dagli Apostoli stessi. Così la Liturgia di san Marco ad Alessandria d’Egitto, di san Giacomo ad Antiochia, di san Pietro a Roma.
Sant’Ireneo di Lione, già alunno di san Policarpo a Efeso, si riallaccia a san Giovanni evangelista: accennando all’istituzione dell’Eucaristia, dichiara che la forma dell’offerta del Sacrificio la Chiesa l’ebbe dagli Apostoli: «Parimenti Gesù ha affermato che il Calice è il suo Sangue e ha insegnato il nuovo Sacrificio del Nuovo Testamento, che la Chiesa ricevendolo dagli Apostoli, offre a Dio in tutto il mondo» (Cont. Haeres., L. 4, cap. 15, N. 5, PG 7, 1023).
Allo stesso modo si esprime san Giustino nella sua nota Apologia, all’inizio del II secolo: «Cristo ha prescritto di offrire; lo hanno prescritto a loro volta gli Apostoli, e noi facciamo a riguardo dell’Eucaristia, ciò che abbiamo appreso dalla loro Tradizione» (I, 66).
In campo liturgico gli Apostoli si preoccuparono per prima cosa di regolare la celebrazione della Santissima Eucaristia. Già negli Atti degli Apostoli appare, in prima pagina, la «Frazione del Pane» (= la Santa Messa). San Paolo, nella prima Lettera ai Corinzi, insegna il valore liturgico, cultuale di questo atto.
«Il culto e l’amore – scrive Dom Guéranger – che i Santi Apostoli portavano a Gesù con il Quale questa “frazione del Pane” li metteva in contatto, li obbligava, secondo l’eloquente nota di san Proclo di Costantinopoli, a circondarlo di un insieme di riti che si poteva compiere in un tempo abbastanza lungo. Questo santo Vescovo in ciò segue il sentire del suo glorioso predecessore san Giovanni Crisostomo. Innanzi tutto questa celebrazione aveva luogo in una sala dignitosa e ornata; poiché il Salvatore così l’aveva celebrata nell’Ultima Cena, “coenaculum grande, stratum”».
Il luogo della celebrazione era un altare: già non era più una tavola. L’autore della Lettera agli Ebrei lo dice con solennità: «Altare habemus», abbiamo un altare (Eb 13,10).
Così Dom Guéranger, basandosi sulle Lettere degli Apostoli e sulle testimonianze dei Padri della Chiesa, ricostruisce la Messa al tempo degli Apostoli (2). Una volta riuniti i fedeli nel luogo del Santo Sacrificio, il Sacerdote presiedeva innanzi tutto alla lettura delle Lettere degli Apostoli, e di passi dai Vangeli, ciò che ha formato fin dalle origini la “Messa dei catecumeni”. Gli stessi Apostoli avevano stabilito così. San Paolo lo conferma diverse volte: «Quando questa Lettera – scrive ai Colossesi – sarà letta tra di voi, abbiate cura che sia letta nella chiesa di Laodicea, e leggete quindi voi stessi ciò che è indirizzato ai Laodicesi» (4,16). Allo stesso modo, scrive ai Tessalonicesi: «Io vi scongiuro, per il Signore, che questa lettera sia letta a tutti i fratelli santi» (1Tes 5,27).
Questa ingiunzione apostolica diventò legge subito, poiché nella prima metà del II secolo, l’apologista san Giustino testimonia la fedeltà con cui veniva seguita, descrivendo la Messa del suo tempo (cf. Apologia, II). Pochi anni dopo, Tertulliano e san Cipriano confermano questa testimonianza.
Riguardo alla lettura del Vangelo, Eusebio ricorda che il racconto delle azioni e delle parole di Gesù scritto da san Marco «fu approvato da san Pietro per essere letto nelle chiese». San Paolo allude a questo uso definendo san Luca compagno dei suoi viaggi apostolici ed evangelista, come «il fratello che ha lode in tutte le chiese a motivo del Vangelo» (2Cor 8,18).
Il saluto al popolo con le parole “Il Signore sia con voi” era già in uso nell’Antico Testamento (per esempio: Rut 2,24; 2Cr 14,2). «Io sono con voi, tutti i giorni» dice Gesù alla sua Chiesa (Mt 28,20). La Chiesa mantiene questo uso degli Apostoli, come prova questa pratica uniforme alle Liturgie d’Oriente e d’Occidente, come spiega il Canone del Concilio di Braga: «I sacerdoti salutino: “Il Signore sia con voi”. Cui si risponda dal popolo: “E con il tuo spirito”.
Così la colletta che raccoglie i voti del popolo riunito per la Messa appartiene all’istituzione delle origini, come dimostra la concordanza di tutte le Liturgie. Così la conclusione “nei secoli dei secoli”, cui si risponde “Amen” (1Cor 14,16).

La Liturgia eucaristica

Amici, quando siamo a Messa – se questa è celebrata secondo la regola della Chiesa – siamo ancora alla scuola degli Apostoli e di Gesù stesso: è Lui presente tra noi riuniti nel suo nome, è Lui che ci parla e ci chiede la risposta della fede e delle opere. Siamo così introdotti al cuore della Messa, alla consacrazione del pane e del vino che vengono transustanziati nel Corpo e Sangue di Gesù, Presenza reale che assicura la ripresentazione del suo Sacrificio sulla Croce.
Nella preparazione della materia del Sacrificio, alcune goccioline d’acqua sono infuse dal celebrante nel vino del calice, a significare che noi, piccoli come goccioline, siamo uniti a Gesù. San Cipriano insegna che questo uso risale fino alla Tradizione stessa del Signore. Il Concilio di Trento riconosce le incensazioni di istituzione apostolica. Lo stesso san Cipriano ci dice che fin dalla nascita della Chiesa, l’Atto della consacrazione e del Sacrificio di Gesù, era preceduto dal prefazio. Il sacerdote ad alta voce diceva, come ora, Sursum corda (In alto i cuori) cui il popolo rispondeva: Habemus ad Dominum (Sono rivolti al Signore). L’orientazione della Messa è sempre quella di essere appunto rivolti al Signore, ché il centro è solo Lui e mai l’uomo.
Segue il “trisagio”: “Santo, santo, santo è il Signore Dio dell’universo”, che risale addirittura al profeta Isaia che lo sentì cantare davanti al trono di Dio (cf. Is 6,3) e a Giovanni, autore dell’Apocalisse, così come l’aveva sentito cantare presso l’altare dell’Agnello immolato (cf. Ap 4,8). Da allora il “trisagio”, la lode a Dio tre volte santo, è fatto proprio dalla Chiesa nella Liturgia eucaristica, dove il Sacrificio non è mai stato offerto senza che fosse proferito.
A questo punto si apre il grande Canone Romano della Messa, oggi così poco usato. «Chi oserà negare la sua origine apostolica?», domanda Dom Guéranger. Gli Apostoli non potevano lasciare mutevole e arbitraria questa parte essenziale della Messa, che contiene, come uno scrigno prezioso, la Consacrazione del pane e del vino e la loro transustanziazione in Cristo. Se essi hanno regolato molte cose secondarie, tanto più hanno determinato parole e riti del più santo e temibile e fondamentale di tutti i Misteri della Fede. Papa Vigilio, nella sua lettera a Profuturo (5; PL 69,18), scrive: «È dalla Tradizione apostolica che noi abbiamo ricevuto il testo della preghiera del Canone».
Mentre i doni santificati stanno sull’altare, si colloca l’Orazione domenicale del Padre nostro. San Girolamo dice con sicurezza: «È dopo l’insegnamento di Gesù stesso che gli Apostoli hanno osato dire ogni giorno con fede, offrendo il Sacrificio del suo Corpo: “Padre nostro che sei nei cieli”» (Adv. Pelag., c.18). Il sacerdote procede immediatamente alla Frazione del Pane, imitando in ciò non solo gli Apostoli, ma Gesù stesso; che prese il Pane, lo benedisse, lo spezzò prima di distribuirlo. Segue la Comunione a Gesù immolato sull’altare, che ci immedesima in Lui, con il dono di se stesso, il dono cristifico (= che ci fa altri Cristi!).
– Concludendo: la Liturgia istituita da Gesù e trasmessa dagli Apostoli ha dovuto contenere tutto l’essenziale alla celebrazione del divino Sacrificio riguardo alle forme essenziali e ai riti obbligatori per il decoro dei Misteri e per l’esercizio del potere di santificazione che la Chiesa ha ricevuto da Gesù.
– Come si vede, la celebrazione della Santissima Eucaristia è radicata nella Sacra Scrittura e ancora di più nella Tradizione della Chiesa. Ciò non ci meraviglia, considerando che la Liturgia si esercitava dagli Apostoli, e da coloro che essi avevano consacrato vescovi, sacerdoti o diaconi, già prima che si redigesse in modo completo il Nuovo Testamento.
– I Padri della Chiesa, del II-III e IV secolo, frequentemente, parlando di riti e cerimonie in particolare, affermano che sono di origine e di Tradizione apostolica. Così i Padri si richiamavano al periodo più antico della Chiesa e dimostravano quanto fossero ancora vive, presso le varie comunità, le memorie dell’attività liturgica degli Apostoli.

#Vangelo: Non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro.




– In tutta l’antichità cristiana, nessuno accenna, come vogliono i protestanti e certa teologia corrente, all’ingerenza della comunità nelle funzioni del culto. La fissazione e la progressiva regolamentazione della Liturgia si mostra sempre compito esclusivo degli Apostoli.
Ed è così che risale a questo periodo (430 circa) la notissima affermazione della Liturgia: Lex orandi Lex credendi, che è propria del papa san Celestino (422-432), il quale scriveva ai Vescovi della Gallia contro l’errore dei pelagiani: «Oltre ai decreti inviolabili della Sede Apostolica che ci hanno insegnato la vera Dottrina, consideriamo anche i Misteri racchiusi nelle formule di preghiere sacerdotali che, stabilite dagli Apostoli, sono ripetute nel mondo intero in modo uniforme in tutta la Chiesa Cattolica, cosicché la regola della fede deriva dalla regola delle preghiera: ut legem credendi, lex statuat orandi».
Ed è così che anche oggi, uno è il Cristo, una è la Chiesa Cattolica, una la Liturgia. Tutto viene da Dio, e non si tocca.

NOTA
1) Cf. Paolo Risso, La Messa, opera dell’Uomo-Dio, in: Il Settimanale di Padre Pio, n. 45/2017, pp. 7-10.
2) Dom Prosper Guéranger, Istitutiones liturgiques, Parigi 1878, pp. 31ss.




Fonte www.settimanaleppio.it

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