I genitori di Gesù si recavano tutti gli anni a Gerusalemme per la festa di Pasqua.Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono di nuovo secondo l’usanza; ma trascorsi i giorni della festa, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendolo nella carovana, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme. Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai dottori, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. Al vederlo restarono stupiti e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Ed egli rispose: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero le sue parole. Partì dunque con loro e tornò a Nazaret e stava loro sottomesso. Sua madre serbava tutte queste cose nel suo cuore. Luca 2,41-51.
È possibile perderti. È possibile non accorgersene. Sembra impossibile che accada. E invece accade. Basta un viaggio senza soste. Basta un cammino pieno di gente. Basta una giornata piena di caos. E ti perdo.
Per trovarti. Devo fermarmi. Per cercarti. Devo tornare indietro. Da dove siamo partiti io e te.
Ti troverò dove ti ho incontrato. Per ritrovarti devo cominciare.
Devo accettare. Che a volte vai via. Che a volte non ti vedo. Non ti sento. Non ti trovo. Devo accettarlo.
Devo accettare. Che a volte stai dando tutto di te ad altri. Ad altri, e non a me.
Devo accettare l’angoscia. Quando non ti trovo. Devo accettare. Quello che, di te, non so. Quello che, di te, non capisco. Devo accettare. Che tu sei di tutti. E che non mi lasci mai. E che torni da me. E che torni con me. Devo amarti di più. Devo amare quello che sei.