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«Carmen mi disse: “Se mi sposi ti stirerò la camicia”. Ora mi sorride dal cielo»

Ha commosso il web l’appassionata lettera d’amore scritta su Facebook dall’economista Francesco Forte alla moglie Carmen Cignoli scomparsa qualche giorno fa dopo 65 anni di matrimonio insieme. Il primo incontro nel luglio del 1951, poi le cartoline e qualche incontro di sfuggita

Pubblichiamo l’appassionata lettera d’amore che ha commosso il web scritta sul suo profilo facebook dall’economista Francesco Forte alla moglie Carmen Cignoli scomparsa qualche giorno fa dopo 65 anni di matrimonio insieme. Il primo incontro nel luglio del 1951, poi le cartoline e qualche incontro di sfuggita. Forte è stato professore di Economia e poi responsabile economico del partito Socialista e dopo ancora ministro delle Finanze nel governo Fanfani.

Foto di Carmen Cignoli Forte a 38 anni, sarà sulla lapide del cimitero monumentale di Torino ove è sepolta; era nata il 3 gennaio del 1931; è morta con un sorriso a Torino, in Corso Francia 7, per un collasso respiratorio alle ore 10,50 del mattino il 16 gennaio, nel nostro letto matrimoniale, il giorno prima aveva avuto un po’ di febbre, per un forte raffreddore, ma le era passata e il cardiologo aveva appena detto che per lui era tutto regolare, ma al telefono il pneumologo aveva detto di aumentarle la dose per la bronchite cronica, utilizzando la medicina che avevamo in casa e che negli ultimi mesi era stata tralasciata; stavamo per versarle la medicina; il cardiologo ha cercato di rianimarla, ha constatato che era spirata; ora penso che sia in paradiso, con il suo sorriso romantico e gli occhi verdi che sognano l’amore come un cielo. L’ho conosciuta a Pavia nel luglio del 1951, sotto i portici dell’Università; ero da poco laureato, avevo 22 anni e da un mese ero diventato assistente ordinario dell’Istituto di Finanza; ero sotto il porticato all’ingresso sul retro, erano circa le 10 del mattino, non avevo fretta, andavo adagio verso il mio il centro per voltare a destra e andare in fondo al secondo porticato interno, al primo piano c’era il mio istituto; le era comparsa là in fondo, al centro, camminava in fretta, lungo il primo porticato, venendo da sinistra, alla Facoltà di lettere, aveva appena finito di assistere a una lezione.
Dietro di lei c’erano due o tre ragazzi, lei li teneva a distanza, voltandosi indietro e allungando il braccio con un quaderno, che andava quasi sopra la loro testa, era molto alta, agile, snella, gli occhi verdi, i capelli che volteggiavano, quando si voltava: poi è scomparsa, andando sotto il porticato verso destra. Io camminavo adagio a testa bassa, con quella immagine ancora dentro, ho svoltato sotto il mio porticato: era seduta là, su una panchina, con la Renza, una studentessa piccolina, né bella né brutta di Casteggio, come lei, che si vantava di conoscermi. «Vieni, le aveva detto, ti voglio presentare il giovane genio della nostra Università». Carmen mi ha sorriso, mi ha detto, con il sorriso di questa fotografia, la voce fresca, musicale, lineare «hai la camicia un po’ sgualcita, se mi sposi io te la stirerò» Sorrideva, non capivo se scherzava. Io le ho detto «ora devo andare ma vorrei mandarti una cartolina con le montagne, domani vado a Sondrio, a casa, con la moto, dammi l’indirizzo», lei me lo ha dato, abitava a Milano, da parenti, in via Vincenzo Monti.




Così è cominciata la nostra storia, con cartoline e qualche incontro di sfuggita. Poi una volta nel 1955, quando ero professore supplente all’Università di Milano, nell’intervallo dopo la lezione comparve inaspettata, in coda agli studenti che mi dovevano parlare e mi chiese di portarla in montagna, a Gromo, nella casa dei cugini, a prenderle delle cose, non voleva andare da sola. Io l’ho portata, con la mia 1100 sprint, oramai su scrivevo sul Giorno, guadagnavo bene. Siamo entrati, io sono andato al secondo piano, ho accesso la luce in una camera da letto, le griglie sbarrate, sul comodino di marmo c’era una mia cartolina di un anno prima, con i saluti; lei è salita io gliel’ho mostrata, lei è diventata rossa e mi ha detto “non vale”.
Allora io l’ho baciata, perché ho capito che pensava sempre a me. Così è cominciata la nostra storia, un anno dopo in autunno, ci siamo sposati a Santa Margherita Ligure, località Il pedale, dove viveva e lavorava suo papà amministrando, gestendo e intermediando ville per le vacanze, dopo esser andato in pensione come direttore del consorzio agrario di Casteggio. Ed è cominciata la nostra vita insieme. Io ora so che lei è in cielo e mi è vicina. Non mi tiene lontano sventolando un quaderno quasi sopra la mia testa, in mano, sul cuore ha la cartolina di Gromo,
Francesco




Fonte www.famigliacristiana.it

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