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Il racconto commovente degli ‘eroi’ di Rigopiano: ‘Quei bimbi abbracciati, la cosa più bella’

“Abbiamo fatto tutti e tre i terremoti, Amatrice, Camerino, Norcia. Abbiamo raccolto solo morti. Quando abbiamo rotto quel pannello di legno e ci siamo trovati davanti quei tre bambini abbracciati, ci siamo guardati e ci siamo capiti subito: questi angeli ci ripagano di tutti quei morti. E quello del vigile del fuoco è il lavoro più bello del mondo”.

Anche ora che lo racconta, Marco Filabozzi si commuove. Perché il salvataggio di Ludovica, Edoardo e Samuel sepolti sotto la slavina che ha travolto l’hotel Rigopiano, è qualcosa che ti segna per sempre. “Se avessimo vinto la coppa del Mondo, saremmo stati meno felici”. Eccolo, allora, il racconto di quel salvataggio. Con una premessa: la voce è quella di Marco, ma Marco non era solo. Perché salvare vite non è un mestiere che si fa da soli. Con lui c’era la squadra degli Usar Lazio, di Pisa e Torino. E le unità cinofile. Tutti insieme, ognuno col suo compito. C’erano Fabrizio Cataudella, l’unico vigile del fuoco che è entrato nella stanza del biliardo, e Marco De Felice; c’era Fabio Tabanella e Stefano Lunadei. Stefano Vagnini, Giancarlo Favoccia, Stefano Simoni, Simone Di Giovanni, Giampiero Ruggiero. E fuori, ad assisterli, Gigi Mainella e Gianluca Fagnini, il funzionario Marco Piergallini – che quando ha ricevuto la notizia era lontano 10 km, ha alzato il pugno verso il cielo in segno di vittoria ed è schizzato di nuovo verso l’albergo – e Maurizio Funarelli. E, ancora, con la telecamera, Flavio, Lorenzo e Paolo, ‘Peppuccio’ Morici e Teresa di Francesco, l’unica donna Usar, “una con le palle esagonali” come qualcuno la definisce, e Cristian Verdini, un cinofilo, “che ha scavato nella neve facendosi un mazzo così e aprendo la strada”.

Una squadra. Vera. “Erano più o meno le 11. Un collega stava piantando i pali per terra quando si è fermato e ci ha detto che forse aveva sentito qualcosa. C’era una piccola apertura nella neve, ha gridato e ha sentito qualcosa, non so come ha fatto. ‘Ci sono delle persone vive’, ci ha detto”. Così abbiamo cominciato a scavare e abbiamo stabilito un contatto. Abbiamo avuto la fortuna di avere lì con noi Fabio (Salzetta, uno dei due sopravvissuti che erano fuori dall’hotel e hanno dato l’allarme), che è stata una persona eccezionale perché ci ha aiutato a ricostruire come era fatto l’albergo”. E’ il momento in cui vengono individuati i primi sopravvissuti; è il momento in cui vengono estratti Gianfilippo e Adriana Parete. “Quando Adriana è uscita ci ha detto che c’era anche sua figlia Ludovica ma che non le rispondeva. Abbiamo parlato anche con gli altri sopravvissuti, ma nessuno sapeva più niente dei bambini”. Comincia la ricerca, con l’angoscia che sale. “Cercando di entrare da un altro punto per liberare i primi sopravvissuti – racconta Marco – siamo finalmente riusciti ad individuare i tre bambini nella sala del biliardo, abbiamo provato a raggiungerli ma non ci siamo riusciti. E ancora una volta Fabio è stato fondamentale. Ci ha detto che c’era una piccola struttura poco a monte dell’albergo, da lì si accedeva ad una stanza tecnica dove c’erano le pompe dell’acqua e da lì ad un’altra stanzetta che dava su un’intercapedine al di là della quale ci sarebbe dovuta essere la sala biliardo”. Bingo! I pompieri corrono verso il punto indicato da Fabio. “Ci siamo fatti spazio dentro le macerie, perché la casetta era completamente crollata. Abbiamo tolto la neve, le macerie e abbiamo trovato un buco, sarà stato largo 40 centimetri. In fondo c’era una porta di ferro”.






Dietro quella porta, i vigili sentono per la prima volta la voce dei bambini. Un colpo al cuore. “Ci hanno chiesto che ora era, se era giorno o notte. ‘Ma quando arrivate?’. E noi lì, a rassicurarli. ‘Ci siamo, arriviamo, manca poco’.” Marco e gli altri rompono la porta di ferro. E trovano un muro. “Era un muro di forati, l’abbiamo rotto e, non ci si crederà, dietro ce ne era un altro. Abbiamo rotto anche quello e abbiamo trovato un pannello di legno. Pensavamo fosse il retro di un armadio e così abbiamo provato a spingerlo con i piedi, a romperlo con il martello, ma non si rompeva. Era inchiodato. E sai cos’era? Era il dietro del pannello a cui si appendono le stecche da biliardo, quello dove c’è il segnapunti. I tre bimbi erano lì dietro”. Un momento che nessuno di loro dimenticherà mai.

“E’ entrato Fabrizio, appena la luce ha illuminato la stanza li abbiamo visti. C’era Edoardo che abbracciava i due più piccoli. Fabrizio ha detto ‘abbracciamoci tutti’ e i tre si sono tutti stretti attorno a lui”. Intanto, dall’esterno Gigi, Gianluca, Teresa e gli altri erano riusciti ad aprire un foro sul solaio dopo ore di lavoro ed infilare una telecamera. “Gli abbiamo detto di guardare in su e loro hanno fatto ciao con la manina”. Ludovica è stata la prima ad uscire, in braccio a Marco De Felici. “Poi l’ho presa in braccio io, le è caduta la scarpa e lei mi ha fermato: ‘devo riprenderla, non posso lasciarla qui’. Poi è toccato a Samuel e infine ad Edoardo”.

I due maschietti si sono scambiati il ‘cinque’ con i pompieri. “Ora che siete fuori ce ne andiamo tutti al cinema a vedere Oceania”. “Siiiii”. Poi i tre piccoli hanno chiesto l’acqua. “Abbiamo detto di bere poco e piano. Ma alla fine abbiamo dovuto toglier loro l’acqua” Edoardo, Ludovica e Samuel passano da una mano all’altra di questi uomini. Fino a quando non riemergono da quell’incubo. Marco e gli altri non li vedono più ma sanno che ormai sono salvi. Restano così, sospesi per qualche secondo. L’adrenalina va giù tutta insieme. I pompieri si guardano negli occhi. “Questa cosa ci rimarrà dentro tutta la vita. Abbiamo iniziato a piangere come vitelli. E guarda che siamo gente che in 20 anni ne ha viste di tutti i colori”.




Fonte www.ansa.it

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