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Quella notte che Gesù Bambino andò a trovare Mamma Natuzza

Siamo a Natale. Una festa che a Natuzza piaceva particolarmente. L’umiltà della stalla, la semplicità di Maria e Giuseppe, la grandiosità dell’annuncio portato dagli angeli e la povertà dei pastori che lo accolgono… Per chi, anche solo un poco, conosce la storia della mistica di Paravati è difficile non trovare in lei le medesime caratteristiche che siamo abituati a rappresentare nei nostri presepi: umiltà, povertà, semplicità, grandiosità…

E poi, come poteva Natuzza non considerare che quel bambino deposto nella mangiatoia era lo stesso bimbo che, quando lei era piccola, veniva a trovarla per farle compagnia nella solitudine e per giocare con i suoi fratellini?
Siamo a Natale e quel bambino nella mangiatoia è il Signore Re dell’Universo. Forse proprio per questo, pensando a Natuzza in questi giorni mi viene in mente la festività di Cristo Re, che viene posta dalla Chiesa a conclusione dell’anno liturgico, nella domenica che precede l’inizio dell’Avvento. Nell’occasione, quest’anno abbiamo letto il brano del “Buon ladrone” raccontato nel Vangelo di Luca al capitolo 23.
Il racconto è efficacissimo. Sulla croce dove è inchiodato Gesù campeggia la scritta: «Costui è il re dei Giudei». Una verità che viene posta lì in forma di sberleffo. E per ben tre volte (come le tentazioni nel deserto a inizio della missione pubblica), prima il popolo, poi i soldati e infine uno dei ladroni usano quella scritta per schernirlo: «Se tu sei il Cristo, il re dei Giudei, salva te stesso». Scherno e tentazione insieme. Chi di noi, se ne avesse avuto la forza e le capacità avrebbe rinunciato a dimostrarle pubblicamente in una situazione di estrema sofferenza e di morte come quella?
Cristo non risponde alle provocazioni: tace. E col suo silenzio di fronte a quella tentazione estrema (quella della superbia, della regalità secondo la logica terrena: cioè l’esatto contrario di ciò che vediamo nel presepe), la più potente di tutte (il demonio glielo aveva promesso che sarebbe tornato al momento opportuno, Lc 4,13), ci mostra che la Croce va portata, con le sue conseguenze, fino in fondo. 


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Allo stesso tempo, però, fra gli sberleffi della gente e il silenzio di Cristo, sul calvario si ode la voce, probabilmente un flebile sussurro nell’agonia, del Buon Ladrone. Prima rimprovera il suo compagno per la mancanza di rispetto e di umiltà, mostra pentimento per il male che ha fatto e riconosce in Gesù il giusto che viene ucciso senza colpe. Poi, contro ogni evidenza e contro la logica mostrata da tutti i presenti, quando sarebbe stato molto più facile sfogare la propria rabbia, la propria frustrazione e impotenza di fronte all’ineluttabilità della morte, riconosce l’effettiva regalità di Cristo, si fida e affida a lui la sua salvezza: «Gesù ricordati di me quando entrerai nel tuo regno».
Uno straordinario atto di fede a fronte del quale Cristo, nella sua infinita misericordia, apre istantaneamente le porte dell’eternità: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel Paradiso».
Nel Vangelo di Luca (particolarmente attento alla misericordia, al perdono, all’accoglienza mostrate da Gesù nella sua vita), questo è l’ultimo atto del Signore Re dell’Universo prima della sua morte. Gesù, nell’estrema umana debolezza della croce, mostra la sua vera regalità attraverso il gesto dell’accoglienza e della misericordia. Contro ogni logica mondana promette al ladrone che lo porterà con sé facendo ritorno nel suo Regno: un re che torna a sedersi trionfalmente sul trono insieme a un malfattore.
Ecco perché a Natale, pensando a Natuzza e a quel bambino nella mangiatoia, mi viene in mente tutto questo. Natuzza, lo abbiamo detto, è povera e umile a imitazione di Gesù bambino, accogliente e misericordiosa a imitazione di Gesù sulla croce: apre a tutti le porte della sua casa, a tutti mostra amore e dona conforto, a tutti mostra la dolcezza della misericordia di Dio indicando la strada che conduce al Paradiso.
Non solo: anche lei, patendo le sofferenze della croce (come Gesù, ma anche come il Buon ladrone), non cessa di chiedere a Gesù (come il Buon ladrone) di usare la sua misericordia, non per sé (e qui mostra di aver compreso fino in fondo la lezione di Cristo, ben al di là dell’esempio del Buon ladrone), ma  per tutti i peccatori. Lei, che si sente umile e peccatrice come il Buon ladrone, soffre  per le loro anime e con la sua preghiera incessante quasi pretende che Gesù accolga tutti con sé nel suo Regno.
Quella di Natuzza è una aderenza totale alla logica di Cristo: dalla sua nascita alla sua morte, alla sua resurrezione; dal Natale alla Pasqua, passando per la festa liturgica di Cristo Re e senza dimenticare un solo versetto dell’intera Sacra Scrittura.
È il motivo per il quale, nel lavorare al libro su Natuzza Evolo a un certo punto è stato per me chiaro di non dover scrivere semplicemente la storia della vita di questa umile mamma calabrese (con tutte le “incredibili” vicende che la riguardano),  ma la straordinaria evidenza di come un essere umano possa giungere ad aderire a Cristo e ai testi biblici in ogni gesto, in ogni parola, in ogni preghiera, in ogni opera e, persino, in ogni centimetro quadrato della sua pelle.
Ecco il senso di quel sottotitolo che abbiamo deciso di dare al libro: “Come Bibbia per i semplici”. Non c’è un grammo della vita di Natuzza che non abbia una sua collocazione nel Vangelo. Allo stesso tempo, la sua vita ne è una spiegazione evidente (un’esegesi), una dimostrazione vivente. Natuzza stessa è una Bibbia da sfogliare: ciò che ogni cristiano, pur nelle sue debolezze, deve ambire a diventare.
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Mostrata e resa possibile anche attraverso il Cuore Misericordioso di Maria Rifugio delle Anime, la sua vita è tutta centrata, tutta puntata in direzione della Misericordia di Dio, capace di accoglierci al di là delle nostre miserie, solo che, uscendo dagli inganni e dai condizionamenti della nostra vita, la si desideri aprendosi al suo abbraccio: «Signore ricordati di me quando sarai nel tuo Regno».

 Roberto Italo Zanini – testo presente sul sito ufficiale della Fondazione di Mamma Natuzza

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