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Papa Francesco questo pomeriggio celebrerà la Messa per i defunti a Prima Porta

Oggi, 2 novembre, alle ore 16, Papa Francesco celebrerà la Messa per i defunti presso il cimitero romano di Prima Porta (seguiremo la diretta nello spazio Papaboys Tv). Il 4 novembre invece, alle 11.30, presso l’altare della cattedra, Francesco celebrerà invece la Messa in suffragio dei cardinali e vescovi defunti nel corso dell’anno.

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LA MESSA CHE  PAPA FRANCESCO CELEBRO’ AL VERANO

Una messa speciale in un luogo particolare e suggestivo: papa Francesco celebra la festa di Ognissanti e commemora i defunti presiedendo la messa tra le tombe del cimitero del Verano di Roma. Anche qui e oggi la gente è davvero molto numerosa: l’aspetta un’omelia fortissima, che il Santo Padre pronuncia tutta a braccio e fa piombare i fedeli in un silenzio doloroso. Il Papa prende di mira i «distruttori », quelli che si credono Dio e perciò distruggono il mondo facendo vittime tra i poveri, i profughi, i malati.

Le parole di Francesco muovono dalla prima lettura del giorno, tratta dal libro dell’Apocalisse, l’ultimo della Bibbia, là dove l’angelo grida a gran voce agli altri quattro angeli – ai quali era stato concesso di distruggere tutto – “Non devastate la Terra né il Mare né le piante”… «A me è venuto in mente che noiuomini siamo capaci di devastare la Terra meglio degli angeli», dice il Papa rattristato. «Lo stiamo facendo: devastare il Creato, la vita, le culture, i valori, devastare la speranza… Quanto bisogno abbiamo della forza del Signore perché ci sigilli con il suo amore per fermare questa pazza volontà di distruzione».

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L’uomo si crede dio, si crede re, e distrugge
Eppure tutte le cose belle che stiamo distruggendo, prosegue il Papa, ce le ha date Dio «perché le portassimo avanti, le facessimo crescere per dare frutti». Ma l’uomo non ne è capace, lascia capire Francesco, che chiarisce il suo pensiero evocando un episodio che gli è appena accaduto. «In sagrestia guardavo le fotografie di 71 anni fa (fa riferimento al bombardamento del Verano del 19 luglio 1943, ndr) e ho pensato: “Questo è stato tanto grave, tanto doloroso… Questo è niente in confronto a quello che accade oggi”. L’uomo si impadronisce di tutto, si crede Dio, si crede il Re. E le guerre continuano, non precisamente per seminare il grano della vita, ma per distruggere. È l’industria della distruzione. È unsistema – anche di vita – che quando le cose non si possono sistemare, si scartano: si scartano i bambini, gli anziani, i giovani senza lavoro…».

E poi, bruscamente, il Papa propone un’altra immagine forte dalla stessa lettura dall’Apocalisse: quella della «moltitudine immensa che nessuno poteva contare». Sono popoli interi sofferenti, perché «il “dio-uomo” si è impadronito del Creato, di tutto quel bello che Dio ha fatto per noi… Ma chi paga la festa? Loro! I piccoli, i poveri, quelli finiti in scarto». Sembra quasi che questa gente non conti niente, dice amaro il Papa, e invece «è davanti a Dio e chiede: per favore, salvezza! Pace! Pane! Lavoro! Figli e nonni! Giovani con la dignità di poter lavorare!… Oggi, nel giorno di Tutti i Santi, vorrei che pensassimo a tutti questi, i santi sconosciuti. Peccatori come noi, peggio di noi, ma distrutti», e tuttavia santificati dal Signoreattraverso questa «tribolazione».

Alla fine resta solo la speranza di Dio
Dopo l’immagine della devastazione e quella delle vittime, il Papa si sofferma su una terza immagine: Dio come speranza di cambiamento, di conversione, di pietà del suo popolo, persino dei distruttori. E vedereDio come questa speranza è ciò che fa andare avanti la santità della Chiesa anche con noi «che vedremo Diocome è». Ma quale deve essere il nostro atteggiamento se vogliamo entrare in questo popolo e camminare verso il Padre? Dobbiamo avere l’atteggiamento delle Beatitudini che conosciamo dal Vangelo di Matteo. «Solo quel cammino ci porterà all’incontro con Dio, ci salverà dalla devastazione di tutto». Soffriremo, ma avremo la speranza di diventare santi, nell’incontro definitivo con Lui”.

di Massimo Francini per la Redazione Papaboys

 

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