Circa 500mila fedeli hanno partecipano questa mattina alla Messa per la canonizzazione di Giuseppe Vaz (1651-1711), primo santo dello Sri Lanka, che il Papa ha celebrato nel Galle Face Green di Colombo, un parco urbano che si estende per cinque chilometri lungo il litorale dell’Oceano Indiano.
Un lungo applauso e’ seguito alla lettura della formula con cui il Papa ha proclamato il nuovo santo, nato in India da famiglia portoghese e approdato nello Sri Lanka per sostenere i cattolici durante la persecuzione ad opera dei calvinisti olandesi.
Vaz: un missionario verso le periferie All’omelia il Papa ha auspicato che “i cristiani di questo Paese possano essere confermati nella fede e dare un contributo ancora maggiore alla pace, alla giustizia e alla riconciliazione nella societa’ srilankese”. Del nuovo santo, che fu beatificato in questo stesso luogo venti anni fa da Giovanni Paolo II, Papa Francesco ha sottolineato l’essere un missionario verso le periferie, vissuto in un periodo che, come il nostro, era segnato da profonde divisioni religiose.
LibertĂ religiosa: diritto fondamentale “La liberta’ religiosa – ha ricordato il Papa – e’ un diritto umano fondamentale”: “ogni individuo dev’essere libero, da solo o associato ad altri, di cercare la verita’, di esprimere apertamente le sue convinzioni religiose, libero da intimidazioni e da costrizioni esterne”. “Come ci insegna la vita di Giuseppe Vaz, – ha detto il Papa – l’autentica adorazione di Dio porta non alla discriminazione, all’odio e alla violenza, ma al rispetto per la sacralita’ della vita, al rispetto per la dignita’ e la liberta’ degli altri e all’amorevole impegno per il benessere di tutti”.
Al termine della celebrazione, l’arcivescovo di Colombo, il card. Ranjith, ha consegnato al Papa un assegno di 70mila dollari raccolti dai fedeli sri-lankesi per le opere di caritĂ del Pontefice.
LE PAROLE DI PAPA FRANCESCO
“San Giuseppe ci ha mostrato l’importanza di superare le divisioni religiose nel servizio della pace. Il suo esempio continua oggi ad ispirare la Chiesa in Sri Lanka. Essa volentieri e generosamente serve tutti i membri della societĂ . Non fa distinzione di razza, credo, appartenenza tribale, condizione sociale o religione nel servizio che provvede attraverso le sue scuole, ospedali, cliniche e molte altre opere di caritĂ .”
«Tutti i confini della terra vedranno la salvezza del nostro Dio» (Is 52,10).
Questa è la magnifica profezia che abbiamo ascoltato nella prima Lettura di oggi. Isaia predice l’annuncio del Vangelo di Gesù Cristo sino ai confini della terra. Questa profezia ha un significato speciale per noi che celebriamo la canonizzazione del grande missionario del Vangelo san Giuseppe Vaz.
Come innumerevoli altri missionari nella storia della Chiesa, egli ha risposto al comando del Signore risorto di fare discepoli tutti i popoli (cfrMt28,19). Con le sue parole, ma soprattutto con l’esempio della sua vita, ha condotto il popolo di questo Paese alla fede che ci concede «l’eredità fra tutti quelli che da lui sono santificati» (At 20,32).
In san Giuseppe vediamo un segno eloquente della bontà e dell’amore di Dio per il popolo dello Sri Lanka. Ma in lui vediamo anche uno stimolo a perseverare nella via del Vangelo, a crescere noi stessi in santità , e a testimoniare il messaggio evangelico di riconciliazione al quale egli ha dedicato la sua vita.
San Giuseppe Vaz continua ad essere un esempio e un maestro per molte ragioni, ma ne vorrei focalizzare tre.
Innanzitutto, egli fu un sacerdote esemplare. Qui oggi con noi ci sono molti sacerdoti, religiosi e religiose, i quali, come Giuseppe Vaz, sono consacrati al servizio del Vangelo di Dio e al prossimo. Incoraggio ognuno di voi a guardare a san Giuseppe come a una guida sicura.
In secondo luogo, san Giuseppe ci ha mostrato l’importanza di superare le divisioni religiose nel servizio della pace. Il suo indiviso amore per Dio lo ha aperto all’amore per il prossimo; egli ha dedicato il suo ministero ai bisognosi, chiunque e dovunque essi fossero. Il suo esempio continua oggi ad ispirare la Chiesa in Sri Lanka. Essa volentieri e generosamente serve tutti i membri della società . Non fa distinzione di razza, credo, appartenenza tribale, condizione sociale o religione nel servizio che provvede attraverso le sue scuole, ospedali, cliniche e molte altre opere di carità . Essa non chiede altro che la libertà di portare avanti la sua missione.
La libertà religiosa è un diritto umano fondamentale. Ogni individuo dev’essere libero, da solo o associato ad altri, di cercare la verità , di esprimere apertamente le sue convinzioni religiose, libero da intimidazioni e da costrizioni esterne. Come ci insegna la vita di Giuseppe Vaz, l’autentica adorazione di Dio porta non alla discriminazione, all’odio e alla violenza, ma al rispetto per la sacralità della vita, al rispetto per la dignità e la libertà degli altri e all’amorevole impegno per il benessere di tutti.
Infine, san Giuseppe ci offre un esempio di zelo missionario. Nonostante fosse giunto a Ceylon per soccorrere e sostenere la comunità cattolica, nella sua carità evangelica egli arrivò a tutti. Lasciandosi dietro la sua casa, la sua famiglia, il conforto dei suoi luoghi familiari, egli rispose alla chiamata di partire, di parlare di Cristo dovunque si recasse. San Giuseppe sapeva come offrire la verità e la bellezza del Vangelo in un contesto multi-religioso, con rispetto, dedizione, perseveranza e umiltà . Questa è la strada anche per i seguaci di Gesù oggi. Siamo chiamati ad “uscire” con lo stesso zelo, con lo stesso coraggio di san Giuseppe, ma anche con la sua sensibilità , con il suo rispetto per gli altri, con il suo desiderio di condividere con loro quella parola di grazia (cfrAt 20,32) che ha il potere di edificarli. Siamo chiamati ad essere discepoli missionari.