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Papa Francesco alla Fao: le guerre ed i cambiamenti climatici sono ostacoli alla lotta alla fame

Garantire non solo la produzione necessaria e un’equa distribuzione dei frutti della terra, ma soprattutto il “diritto di ogni essere umano ad alimentarsi secondo le proprie necessità”. Così il Papa in apertura delle celebrazioni della Giornata mondiale dell’alimentazione, alla sede della Fao a Roma.






Quest’anno il tema della ricorrenza è: “Cambiare il futuro della migrazione. Investire nella sicurezza alimentare e nello sviluppo rurale” e Francesco, nella sua visita che giunge a quasi tre anni da quella del 2014, esorta la comunità internazionale alla “buona volontà” e al “dialogo” per “fermare i conflitti” e a un impegno “totale” a favore di “un disarmo graduale e sistematico”, perché “fermare il ricorso alle armi di distruzione di massa è possibile”.

L’altro ostacolo all’equilibrio mondiale, nota il Papa, è il “cambiamento climatico”. Francesco non dimentica di sottolineare come “alcuni” Paesi si stiano allontanando dall’accordo di Parigi sul clima, uno degli “strumenti giuridici” che la comunità internazionale ha invece sviluppato: “riemerge – afferma – la noncuranza verso i delicati equilibri degli ecosistemi, la presunzione di manipolare e controllare le limitate risorse del pianeta, l’avidità di profitto”.






Questi aspetti rappresentano “la radice del problema” nella lotta alla fame, che non va presentata come una “malattia incurabile”, e alla mobilitazione per la sicurezza alimentare legate alle migrazioni. Ecco perché, esorta il Pontefice, è necessario un “patto mondiale” per una migrazione “sicura, regolare e ordinata”, al quale peraltro stanno lavorando le Nazioni Unite: esso richiede “un’azione intergovernativa coordinata e sistematica”, “impregnata di amore e intelligenza”. Il suo obiettivo dev’essere quindi un “incontro” dei popoli e “non l’esclusione né la vulnerabilità”.

Infatti Francesco pone una domanda chiave: sarebbe una “esagerazione” introdurre nella lingua della cooperazione internazionale la “categoria dell’amore”? D’altra parte, spiega, “amare i fratelli”, prendendo l’iniziativa e senza aspettare di essere corrisposti, è il principio evangelico che trova riscontro in tante culture e religioni, diventando il “principio dell’umanità” nel linguaggio delle relazioni internazionali. “E’ auspicabile – aggiunge – che la diplomazia e le istituzioni multilaterali alimentino e organizzino questa capacità di amare, perché è la via maestra che garantisce non solo la sicurezza alimentare, ma la sicurezza umana nella sua globalità. Non possiamo operare solo se lo fanno gli altri, né limitarci ad avere pietà, perché la pietà si ferma agli aiuti di emergenza, mentre l’amore – spiega Francesco – ispira la giustizia ed è essenziale per realizzare un giusto ordine sociale tra realtà diverse che vogliono correre il rischio dell’incontro reciproco”.






Amare implica quindi “contribuire affinché ogni Paese aumenti la produzione e giunga all’autosufficienza alimentare” e si traduce nel pensare “nuovi modelli di sviluppo e di consumo” e nell’adottare politiche che non aggravino la situazione delle popolazioni meno avanzate o la loro dipendenza esterna. Non si può, dunque, continuare a “dividere la famiglia umana” tra chi ha il superfluo e chi manca del necessario. Prestiamo invece ascolto “al grido di tanti nostri fratelli emarginati ed esclusi”.

Oggi, aveva detto in apertura il direttore generale della Fao, Jose’ Graziano da Silva, nel mondo ci sono 740 milioni di migranti, mai “un numero così alto”: il giogo della miseria “generato dagli spostamenti spesso tragici dei migranti”, evidenzia Francesco, può dunque essere rimosso attraverso “una prevenzione fatta di progetti di sviluppo che creino lavoro e capacità di riposta alle crisi climatiche e ambientali”. Perché la prevenzione costa “molto meno” degli effetti provocati dal degrado dei terreni o dall’inquinamento delle acque, effetti che colpiscono le zone nevralgiche del pianeta “dove la povertà è la sola legge, le malattie sono in crescita e la speranza di vita diminuisce”.

Non è lecito, ad esempio, “sottrarre le terre coltivabili alla popolazione”, lasciando che il ‘land grabbing’ continui a “fare i suoi profitti, magari con la complicità di chi è chiamato a fare l’interesse del popolo”. Occorre allontanare le tentazioni di operare a vantaggio di gruppi ristretti, in un clima di corruzione o assenza di legalità, ma putare – in uno sforzo generale a cui concorre anche la Chiesa cattolica – al bene dell’intera “famiglia umana”.

di Giada Aquilino per la Radio Vaticana

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