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Papa Francesco alla Casa Bianca: Figlio di una famiglia di migranti

Papa Francesco alla Casa Bianca: Figlio di una famiglia di migrantiPapa Francesco “pontefice” stende un ponte tra le due Americhe, tra la Cuba del comunismo e della rivoluzione e gli USA del capitalismo e del consumismo. E ci riesce benissimo. Viene accolto alla Casa Bianca con un calore ed una dimostrazione di amicizia senza uguali.

Fedele alla sua più volte ripetuta raccomandazione di parlare di ciò che unisce prima ancora di ciò che divide, Papa Francesco ha pronunciato un discorso pieno di speranza toccando i temi che più gli stanno a cuore: libertà religiosa, immigrazione, cura della casa comune, riuscendo a suscitare sentimenti di simpatia nel presidente Obama e, crediamo, nel popolo americano.

Francesco si è presentato come figlio di una famiglia di emigranti e lieto di essere ospite negli Stati Uniti, nazione che in gran parte fu edificata da famiglie simili. Ha aggiunto che si accinge con gioia a questi giorni di incontro e di dialogo, nei quali spera di ascoltare e di condividere molti dei sogni e delle speranze del popolo americano.

Il Presidente Obama lo ha salutato con queste parole: In your humility, embrace of simplicity, gentleness and generosity of your spirit, we see a living example of Jesus (nella sua umiltà, nel suo abbraccio di semplicità, nella gentilezza e generosità del suo spirito, noi vediamo un esempio vivente di Gesù).

Papa Francesco alla Casa Bianca: Figlio di una famiglia di migranti

Il discorso pronunciato dal Santo Padre:

Buongiorno!

Signor Presidente,
sono grato per il benvenuto che Ella mi ha rivolto a nome di tutti gli Americani. Quale figlio di una famiglia di emigranti, sono lieto di essere ospite in questa Nazione, che in gran parte fu edificata da famiglie simili. Mi accingo con gioia a questi giorni di incontro e di dialogo, nei quali spero di ascoltare e di condividere molti dei sogni e delle speranze del popolo americano.

In questa mia visita avrò l’onore di rivolgermi al Congresso, dove spero, quale fratello di questo Paese, di dire una parola di incoraggiamento a quanti sono chiamati a guidare il futuro politico della Nazione nella fedeltà ai suoi principi fondativi. Mi recherò pure a Filadelfia, per l’VIII Incontro Mondiale delle Famiglie, il cui scopo è quello di celebrare e sostenere le istituzioni del matrimonio e della famiglia, in un momento critico della storia della nostra civiltà.

Signor Presidente, assieme ai loro concittadini, i cattolici americani sono impegnati a costruire una società che sia veramentetollerante ed inclusiva, a difendere i diritti degli individui e delle comunità, e a respingere qualsiasi forma di ingiusta discriminazione. Assieme a innumerevoli altre persone di buona volontà di questa grande democrazia, essi si attendono che gli sforzi per costruire una società giusta e sapientemente ordinata rispettino le loro preoccupazioni più profonde e i loro diritti inerenti alla libertà religiosa. Questa libertà rimane come una delle conquiste più preziose dell’America. E, come i miei fratelli Vescovi degli Stati Uniti ci hanno ricordato, tutti sono chiamati alla vigilanza, proprio in quanto buoni cittadini, per preservare e difendere tale libertà da qualsiasi cosa che la possa mettere in pericolo o compromettere.

Signor Presidente, trovo promettente che Lei abbia proposto un’iniziativa per la riduzione dell’inquinamento dell’aria. Considerata l’urgenza, mi sembra chiaro anche che il cambiamento climatico è un problema che non può più essere lasciato ad una generazione futura. La storia ci ha posto in un momento cruciale per la cura della nostra “casa comune”. Siamo, però, ancora in tempo per affrontare dei cambiamenti che assicurino «uno sviluppo sostenibile e integrale, poiché sappiamo che le cose possono cambiare» (Enc. Laudato si’, 13). Cambiamenti che esigono da parte nostra un riconoscimento serio e responsabile del tipo di mondo che possiamo lasciare non solo ai nostri figli, ma anche ai milioni di persone sottoposte ad un sistema che le ha trascurate. La nostra casa comune è stata parte di questo gruppo di esclusi che grida al cielo e che oggi bussa con forza alle nostre case, città, società. Riprendendo le sagge parole del Reverendo Martin Luther King, possiamo dire che siamo stati inadempienti in alcuni impegni, ed ora è giunto il momento di onorarli.

Per fede sappiamo che «il Creatore non ci abbandona, non fa mai marcia indietro nel suo progetto di amore, non si pente di averci creato. L’umanità ha ancora la capacità di collaborare per costruire la nostra casa comune» (ibid., 13). Come cristiani animati da questa certezza, cerchiamo di impegnarci per la cura consapevole e responsabile della nostra casa comune.

Signor Presidente, gli sforzi compiuti di recente per riconciliare relazioni che erano state spezzate e per l’apertura di nuove vie di cooperazione all’interno della famiglia umana rappresentano positivi passi avanti sulla via della riconciliazione, della giustizia e della libertà. Auspico che tutti gli uomini e le donne di buona volontà di questa grande e prospera Nazione sostengano gli sforzi della comunità internazionale per proteggere i più deboli nel nostro mondo e di promuovere modelli integrali ed inclusivi di sviluppo, così che i nostri fratelli e sorelle ovunque possano conoscere le benedizioni della pace e della prosperità che Dio desidera per tutti i suoi figli.

Signor Presidente, ancora una volta La ringrazio per il Suo benvenuto e guardo con fiducia a queste giornate nel Suo Paese. Dio benedica l’America!

Di Alessandro Ginotta per PAPABOYS 3.0

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