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Noi pastori dobbiamo essere vicini alla gente, non ai potenti che ci ‘avvelenano l’anima’

Papa Francesco, nell’omelia della Messa a Casa Santa Marta, ricorda che Gesù, icona del pastore, aveva autorità per la sua umiltà e per la compassione che esprimeva in mitezza e tenerezza. “Anche noi pastori” dobbiamo essere vicini alla gente, non ai potenti o gli ideologi “che ci avvelenano l’anima”
Papa Francesco Santa Marta 18 settembre 2018

Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano

Quello che dava autorità a Gesù come pastore era la sua umiltà, la vicinanza con la gente, la compassione, che si esprimeva in mitezza e tenerezza. E quando le cose andavano male, come sul Calvario, “stava zitto e pregava”. Papa Francesco, nell’ omelia della messa del mattino a Casa Santa Marta ripropone Gesù come icona e modello di pastore, con un’ autorità che è una grazia dello Spirito Santo e gli deriva dall’esser vicino alla gente, “non ai gruppetti dei potenti, degli ideologi”.

La resurrezione del figlio unico di madre vedova

Francesco commenta il brano del Vangelo di Luca proposto dalla liturgia, quello del miracolo della resurrezione del figlio unico di madre vedova, e sottolinea che Gesù aveva autorità davanti al popolo, non per la dottrina che predicava, che era quasi la stessa degli altri, ma perché era “umile e mite di cuore”. “Lui non sgridava, Lui non diceva ‘io sono il Messia’ o ‘sono il Profeta’; non faceva suonare la tromba quando guariva qualcuno o predicava alla gente o faceva un miracolo come la moltiplicazione dei pani. No. Lui era umile. Lui faceva”. Ed era “vicino alla gente”.

Gesù è vicino alla gente, i dottori della Legge no

I dottori della Legge, invece, “insegnavano dalla cattedra e si allontanavano dalla gente”. Non erano interessati alla gente, o solo per dare comandamenti, che “moltiplicavano fino a più di 300”. Ma non erano vicini alla gente.

Nel Vangelo, quando Gesù non era con la gente, era con il Padre, a pregare. E la maggior parte del tempo nella vita di Gesù, nella vita pubblica di Gesù, Egli la passò sulla strada, con la gente. Questa vicinanza: l’umiltà di Gesù, quello che dà autorità a Gesù, lo porta la vicinanza con la gente. Lui toccava la gente, abbracciava la gente, guardava negli occhi la gente, ascoltava la gente. Vicino. E questo gli dava autorità.

Era capace di ‘patire con’, pensava con il cuore

San Luca, nel Vangelo, sottolinea la “grande compassione” che prese Gesù vedendo la madre vedova, sola, e il ragazzo morto. Lui aveva “questa capacità di patire con. Non era teorico”. Si può dire che “pensava con il cuore, non staccava la testa dal cuore”.

E ci sono due tratti di questa compassione che vorrei sottolineare: la mitezza e la tenerezza. Gesù dice: “Imparate da me che sono umile e mite di cuore”: mite di cuore. Quella mitezza. Lui era mite, non sgridava. Non puniva la gente. Era mite. Sempre con mitezza. Si arrabbiava Gesù? Sì! Pensiamo quando ha visto la casa di suo Padre diventata un shopping, per vendere delle cose, i cambia-monete … lì si arrabbiò, prese la frusta e cacciò via tutti. Ma perché amava il Padre, perché era umile davanti al Padre, aveva questa forza.

Una compassione fatta di tenerezza e mitezza

La tenerezza, poi. Gesù non ha detto “Non piangere, signora”, stando distante. “No. Si è avvicinato, forse le ha toccato le spalle, forse l’ha accarezzata. ‘Non piangere’. Questo è Gesù. E Gesù fa lo stesso con noi, perché è vicino, è in mezzo alla gente, è pastore”. L’altro gesto di tenerezza è prendere il ragazzo e restituirlo alla madre. Insomma “Umile e mite di cuore, vicino alla gente, con capacità di compatire, con compassione e con questi due tratti di mitezza e di tenerezza. Questo è Gesù”. E fa con tutti noi, quando si avvicina, quello che ha fatto con il ragazzo e la mamma vedova.

Gesù è l’icona del pastore dalla quale imparare

“Questa è l’icona del pastore” sottolinea il Pontefice, e da questa dobbiamo imparare noi pastori: “vicini alla gente, non ai gruppetti dei potenti, degli ideologi … Questi  ci avvelenano l’anima, non ci fanno bene!”. Il pastore, quindi, “deve avere la potenza e l’autorità che aveva Gesù, quella dell’umiltà, quella della mitezza, della vicinanza, della capacità di compassione, della tenerezza”.

Il pastore accusato soffre, offre la vita e prega

E quando poi le cose a Gesù sono andate male, si chiede il Papa, cosa ha fatto?

Quando la gente lo insultava, quel Venerdì Santo, e gridava “crucifige”, rimaneva zitto perché aveva compassione di quella gente ingannata dai potenti del denaro, del potere … Stava zitto. Pregava. Il pastore, nei momenti difficili, nei momenti in cui si scatena il diavolo, dove il pastore è accusato, ma accusato dal Grande Accusatore tramite tanta gente, tanti potenti, soffre, offre la vita e prega. E Gesù pregò. La preghiera lo portò anche alla Croce, con fortezza; e anche lì ebbe la capacità di avvicinarsi e guarire l’anima del Ladrone.

La grazia della stessa autorità per i pastori di oggi

Oggi rileggiamo il brano, è l’invito finale di Papa Francesco, di Luca, capitolo VII, per vedere “dov’è l’autorità di Gesù”. E chiediamo la grazia “che tutti noi pastori abbiamo questa autorità: un’ autorità che è una grazia dello Spirito Santo”.
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