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No ad eutanasia e ad accanimento terapeitico

eurFINE VITA – “L‘Islam non ammette l‘eutanasia attiva perché la vita ha un valore incondizionato. Nel caso di pazienti in terapia intensiva, la sharia, integrata da principi morali-religiosi ai quali si aggiungono i principi di autonomia del paziente, consente la sospensione dei trattamenti solo per evitare l‘accanimento terapeutico e quando il medico è certo che la morte sarà inevitabile”. A precisarlo è Fekri Abroug, islamico e medico dell‘Università di Monastir in Tunisia. Intervenuto all‘incontro “Interreligious dialogue on the end of life”, promosso oggi al Policlinico Gemelli dal Centro di ateneo per la vita e dalla Società italiana di anestesia analgesia rianimazione e terapia intensiva, Abroug spiega che “la decisione di non mantenere in vita un paziente con mezzi artificiali richiede il consenso informato della famiglia” e va assunta tenendo conto dei “principi di beneficialità e maleficialità dei trattamenti, e di giustizia”. Tuttavia, conclude citando come esempio i casi di Tunisia e Arabia saudita, “come la condizione della donna è diversa nei differenti Paesi a maggioranza islamica, così il dibattito sui temi della bioetica assume sfumature diverse secondo le aree geografiche”. Fonte: Agensir

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