Pubblicità
HomeNewsItaliae et EcclesiaNella diocesi di Locri-Gerace si prega per la conversione dei mafiosi

Nella diocesi di Locri-Gerace si prega per la conversione dei mafiosi

Si terrà sabato 7 ottobre a Placanica, nella diocesi di Locri-Gerace, la Giornata di preghiera per la conversione dei mafiosi. Una giornata – spiega al Sir il vescovo, monsignor Francesco Oliva – pensata per coinvolgere l’intera comunità su problemi molto gravi e di pesante attualità, quali la criminalità organizzata e la custodia della casa comune.

Si terrà sabato prossimo, 7 ottobre, a Placanica, la Giornata di preghiera per la conversione dei mafiosi della diocesi di Locri-Gerace. Teatro dell’evento il Santuario della Madonna dello Scoglio, una delle mete di spiritualità calabrese. Abbiamo intervistato il vescovo, monsignor Francesco Oliva, per presentare l’evento e compiere un focus dell’impegno della Chiesa.

Quella di Placanica è una giornata diocesana, ma sembra avere uno spirito molto più ampio…
È una giornata diocesana di riflessione e preghiera sul tema della conversione dei mafiosi e la custodia del creato. È stata pensata per coinvolgere l’intera comunità su problemi molto gravi e di pesante attualità, quali la criminalità organizzata e la custodia della casa comune. La Locride è una terra che storicamente soffre il condizionamento di associazioni criminali, come la ‘ndrangheta, che incide molto negativamente sul suo sviluppo sociale ed economico.

Occorre perseguire tutte le vie, anche quella della preghiera, per sconfiggerla.
Non è possibile piegarsi ad essa né assuefarsi alla mentalità mafiosa. Questo è anche un problema culturale che corrompe il modo di pensare e di agire di tanti. La preghiera riguarda anche la conversione di quanti fanno scempio dell’ambiente, che cagionano incendi e mettono a repentaglio la vita delle persone.
Questa estate – in linea di continuità purtroppo con gli anni passati – il fenomeno degli incendi ha distrutto migliaia di ettari di bosco compromettendo il futuro ed il verde dei nostri colli. Non si può restare indifferenti di fronte ad un fenomeno criminale come questo. La comunità religiosa e civile deve reagire con determinazione.

Mons. Francesco Oliva
La Calabria e il Mezzogiorno salgono spesso alle cronache per fenomeni di corruzione. La recente denuncia del Papa come può essere raccolta dalle parrocchie e dalle diocesi in senso pastorale?
La corruzione purtroppo è divenuta un fenomeno dilagante non solo nel meridione e nella Calabria, ma in tutta Italia. È un fenomeno che coinvolge istituzioni ed enti pubblici, politici e non. Alla base c’è la perdita del senso di responsabilità e del bene comune, c’è la ricerca e l’idolatria del denaro. Dove c’è mafia c’è illegalità, malaffare e violazione dei diritti fondamentali. E dove c’è corruzione c’è anche mafia.

La corruzione è immorale e va contro la fede cristiana. È l’antievangelo come lo è la ‘ndrangheta.

Mai piegarsi al sistema delle raccomandazioni, dei sotterfugi, dello spreco delle risorse pubbliche. Sono tutti fenomeni che umiliano e non favoriscono la crescita della vita sociale. Come Chiesa siamo chiamati a prendere coscienza della loro gravità e a riconoscerne il contrasto con i valori evangelici. Le comunità parrocchiali vanno sensibilizzate e aiutate a comprenderne la negatività. Momenti di preghiera e di riflessione – come quello di sabato in tutti i santuari diocesani – aiutano a ritrovare la forza della conversione personale.

La mancanza di lavoro, così come quello svolto in nero, è un problema serio. Alla vigilia delle Settimane sociali dei cattolici di Cagliari, quali risposte dalle Chiese di Calabria e del Sud per un lavoro quanto più possibile giusto e legale?
La disoccupazione al Sud è un male gravissimo che toglie il futuro a tanti giovani e famiglie. Resta privilegio di pochi quello che è un diritto per tutti. Certo la Chiesa non ha ricette risolutive né soluzioni miracolose. Anche quando si fa promotrice di buone pratiche, di iniziative di formazione, quali il progetto Policoro, che orientano verso nuovi stili di vita e al senso del lavoro, sostenendo ed incoraggiando i giovani nella cooperazione. Purtroppo in questa terra, quando lo Stato non si fa sentire, ci pensa la mafia a dare lavoro, creando soggezione psicologica, umiliante dipendenza, e togliendo la dignità e la libertà delle persone. Non è questo il lavoro che può dare speranza e futuro.

È sempre tempo di Cammini, pellegrinaggi e Santuari. A che punto siamo con la purificazione della pietà popolare?
La devozione popolare è una forma di pietà saldamente radicata nelle popolazioni del Sud. Espressione di una religiosità di stampo tradizionale, spesso troppo esteriore, formalistica e devozionale, ma poco incisiva nei comportamenti e nel cambiamento di vita.

Non sempre è facile distinguere la vera manifestazione religiosa dal folklore.
Formule e riti tendono a suscitare più emotività che veri sentimenti religiosi. Emerge dietro tante manifestazioni ad ampia partecipazione di popolo una povertà di fede, la ricerca dell’intervento divino, la soluzione miracolosa ai propri problemi. È una devozione nella quale spesso non c’è alcun riferimento a Gesù. Le Chiese di Calabria si sono confrontate su questo tema ed hanno emanato degli orientamenti pastorali che tagliano con certe pratiche e ritualità che spesso risentono di paganesimo. Soprattutto si è cercato di tenere distinta la manifestazione religiosa dal denaro e da interessi estranei. Un’attenzione particolare è stata rivolta alle processioni, ai riti della Settimana Santa, e alle confraternite e comitati della festa, alle figure dei padrini, ai portatori delle statue. Rimotivare spiritualmente quanti sono coinvolti nell’organizzazione dei festeggiamenti religiosi: è la via scelta per evitare devianze e i rischi di una pietà esteriore che non incide più di tanto nella vita di ogni giorno.






Nella lotta alla criminalità dove non può arrivare la Chiesa e dove invece deve lo Stato?

Il ruolo della Chiesa è soprattutto quello della formazione e dell’accompagnamento spirituale. Ma con questo non voglio dire che non possa o non debba intervenire di fronte a fenomeni che umiliano e distruggono il vero senso di umanità.

Anzi anche se il suo compito non è repressivo e accusatorio, non può tacere di fronte all’ingiustizia e al male. Il suo è un compito delicato ma importante: indicare percorsi di fede che non allontanano l’uomo dai suoi impegni e dalle sue responsabilità. Ad essa interessa che chi sbaglia si ravveda e attraverso un cammino di conversione interiore ritorni a Dio veramente rinnovato, che abbandoni la via del male e del crimine. Suo compito è essere mediatrice di salvezza e annunciatrice della bellezza del Vangelo. È chiamata anche a denunciare il male e le strutture di peccato, a dare speranza e soprattutto ad indicare la via della carità e della Misericordia. Svolgendo bene questo compito, offre un importante contributo allo Stato, cui spetta fare leggi giuste e farle rispettare con tutti i mezzi a sua disposizione, attraverso le forze dell’ordine, la magistratura, comminando le giuste previste, in modo da aiutare il colpevole a riabilitarsi e a reinserirsi nella comunità. Con questo però non deve mai arrivare a calpestarne la dignità. Quando attraverso misure detentive condanna al carcere, deve comunque garantirne il rispetto della dignità.




Fonte agensir.it

SCRIVI UNA RISPOSTA

Scrivi il commento
Inserisci il tuo nome