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Nel mondo di Danilo, il coraggio è una cosa!

danilopOLTRE L’HANDICAP – Danilo, trentenne di Catania, colpito dalla tetraparesi, ha fatto e fa di tutto. A cominciare dallo scrivere con un puntatore ottico. Così da diventare giornalista e scrittore. All’Urbaniana di Roma, grazie al suo libro, riceverà il Premio internazionale “Giuseppe Sciacca”, per la sezione dedicata al giornalismo, nella categoria “Giovani studiosi”

“La mia anima è precipitata nel mio corpo senza chiedermelo, potevo solo accettarlo”. Danilo ha 30 anni ed è nato a Catania, la città del fuoco e della neve, del mare e della lava nera nelle piazze e nelle strade.
Un equivoco. La sua vita, all’inizio, è stata “un equivoco” tra il corpo “bloccato dalla tetraparesi spastico distonica” e una “intelligenza viva e aperta che aveva tanto da dire”. Ma non poteva, perché la lingua e le mani sembravano fatte di gesso. Poi gli occhi, che non sanno mentire, hanno detto la verità, e Danilo con quelle pupille ha iniziato a parlare grazie a un puntatore ottico. E ha cominciato anche a scrivere. Di sport, per il quotidiano “La Sicilia”, e per la rivista del Sacro Convento “San Francesco Patrono d’Italia”, dove racconta le sue “avventure”. Il mestiere di giornalista – riflette – “comporta ‘l’incontro’, si conoscono uomini, donne, esseri umani, ognuno con il suo universo, ma a me piace fare l’esploratore”. Giorno dopo giorno, pagina dopo pagina, quei grumi di parole sono diventate un libro, “Il coraggio è una cosa”, che Danilo presenta a Roma venerdì. Sabato, all’Urbaniana, Danilo grazie a quel libro riceverà il Premio internazionale “Giuseppe Sciacca”, per la sezione dedicata al giornalismo, nella categoria “Giovani studiosi”.
Inverno dopo inverno. La paternità del titolo “è tutta del poeta Roberto Roversi”, spiega, e il volume è il risultato di “molteplici sinergie, ruotanti attorno al fulcro degli articoli che ho scritto in questi dieci anni, che plasmano una sorta di romanzo di formazione”. Danilo scrive della bellezza vissuta, del tempo che scorre, del rumore che scandisce le sue giornate, della gente che lo circonda, ma anche degli attacchi di depressione, dei “brutti pensieri” che talvolta fanno capolino, del senso di isolamento. Seppur tra le difficoltà, Danilo non si è mai trincerato dietro alle parole che danno nome alle cose, e ha pensato che l’unica soluzione era, letteralmente, guardare avanti: “Handicappato’, ‘disabile’, ‘diversamente abile’ sono formule che indicano tutte la stessa condizione, e cioè quella di un uomo, nel mio caso, che non può utilizzare gli arti per lo scopo per cui si hanno, quindi con quale altra parte del corpo potevo esprimermi? Facendo un rapido sondaggio tra gli organi rimasti illesi dall’anossia, i candidati venuti fuori sono stati gli occhi, così le parole sono diventate segni e, per dirla con Roversi, ‘alla fine dell’inverno, inverno dopo inverno, il tempo del dolore è finito’”.
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L’apparenza inganna. Secondo Danilo, il suo libro va letto “per percorrere la difficile strada che va dall’apparenza alla sostanza, e scoprire che spesso l’apparenza inganna”. E lo dice uno che ha stracciato le apparenze, tutte. Nonostante fosse immobile, ha giocato a calcio “come arbitro”; nonostante non potesse emettere suoni, si è laureato in Scienze dell’Educazione a Catania, con una tesi in Filosofia su “Diritti umani e dignità della persona” e, quel giorno, un docente gli si è avvicinato per dirgli: “Sappi che non ti abbiamo regalato nulla. Te lo sei meritato”. Nonostante le difficoltà a comunicare, è giornalista dal 2007. Nonostante la tetraparesi, Danilo recita nello spettacolo teatrale tratto dal suo libro e prodotto dall’associazione Nèon Teatro, del quale venerdì, nel corso della presentazione, verrà offerto un “assaggio”. Nonostante i “nonostante” della sua vita, Danilo è felice: “Quando non mi viene rinfacciato il mio bisogno degli altri, la vita è bella. Quando il mio corpo decide di avere vita autonoma e di agire come io non agirei mai, tutto il peso della mia esistenza mi si schianta sulle spalle, allora in quel momento perdo il senso della mia esistenza”. Che, alla fin fine, non è poi troppo distante da quella di tutti: “Io sono Danilo, se pronunciano questo nome mi giro. Per i miei familiari sono un normale figlio, fratello, nipote: per mia madre e per Alfio ho la testa dura, non scendo a compromessi mai, per i miei fratelli sono un rompiscatole sempre pronto a puntualizzare ogni cedimento, per mia nonna sono un impegno fisso da accudire amorevolmente. Per chi mi accetta, con tutti i miei difetti, sono un amico sincero e premuroso, sempre pronto a prestare orecchio alle sue parole. Metti insieme tutti questi aspetti e viene fuori Danilo Ferrari Valguarnera”.di Lorena Leonardi per Agenzia Sir

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