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Mons. Zuppi: argine al fanatismo è la cultura dell’incontro

Per ricordare le vittime degli ultimi attentati a Parigi e per la pace in Siria ed Iraq, domani alle 18 nella Basilica romana dei Santi Quattro Coronati, il cardinale vicario, Agostino Vallini, presiederà la celebrazione dei Vespri. Un momento di preghiera organizzato dal Vicariato di Roma e da Migrantes, durante il quale sarà proposta anche la testimonianza di fra Firas Lutfi, religioso siriano dei Frati minori, in procinto di tornare ad Aleppo.

Zuppi

All’incontro, al quale parteciperanno anche i cristiani delle Chiese orientali presenti a Roma, prenderà parte anche mons. Matteo Zuppi, neo arcivescovo metropolita di Bologna. Federico Piana lo ha intervistato:

R. – Con il cardinale Vallini e con le comunità orientali ci sarà anche un padre francescano, che viene da Aleppo, e che ci porterà una breve testimonianza sulla situazione in questa città martire, emblema della convivenza, che purtroppo vive da tanti anni una violenza terribile. Ci sarà anche un’intercessione per tutte le vittime, anche perché si possa quanto prima arrivare a una pacificazione sia in Siria sia in Iraq. Perché, questo è ciò che permette di togliere la motivazione alla follia e al fanatismo religioso.

D. – Presentando questa iniziativa, ha detto: “Non vogliamo smettere di commuoverci di fronte alla sofferenza della Siria e dell’Iraq”. Però, tante volte diventa un’assuefazione per noi, stando un po’ lontani da queste guerre… E quindi questi Vespri ci aiutano a non dimenticare…

R. – Certamente, perché il rischio che corriamo è quello di passare dal sonno al terrore, dal sonno al panico. Credo che siamo invece chiamati a restare svegli, attenti, vicini a chiunque sia colpito dalla sofferenza, alle tantissime vittime, proprio perché possiamo affrontare le epifanie del male, come quella tragica di Parigi di qualche giorno fa, senza esserne travolti. Perché, appunto, l’atteggiamento molte volte è di assuefazione, indifferenza… Papa Francesco direbbe che è un guardare tutto dalla bolla di sapone pensando che non c’entra niente e poi scoprirsi terribilmente deboli con la tentazione di rispondere al male con il male. Dobbiamo essere svegli, fermi, determinati nell’isolare la violenza, ma anche nel risolverne le cause.

D. – Quanto, in questi casi, è importante la preghiera?

R. – È importante per la forza che questa ha. E noi crediamo che la preghiera protegga, cambi, tocchi il cuore degli uomini. E anche perché è il primo modo per dissociarci e per manifestare il nostro dissenso alla logica perversa della violenza e dell’indifferenza. Per cui, la preghiera è la prima dissociazione dall’indifferenza.

D. – Che idea si è fatto del fatto che delle persone, in nome di Dio, abbiano compiuto quella strage di Parigi, sporcando il nome di Dio…

R. – È una bestemmia, e quello che ha detto il Papa è la vera risposta: Dio non c’entra niente con la violenza. Purtroppo, questo conferma il pregiudizio di alcuni che identificano l’Islam con la violenza, coloro che scappano dalla guerra come terroristi ecc. Ed è un errore, un errore tragico oltretutto, perché regalerebbe uno spazio immenso al fanatismo e al terrorismo. Dobbiamo invece, con fermezza, riaffermare la capacità dell’incontro, la vicinanza, il sentirsi figli di Abramo e stabilire in questo il vero argine al fanatismo. Le religioni non giustificano mai la violenza, ma devono diventare sempre di più motivo di incontro e di dialogo.




Redazione Papaboys (Fonte it.radiovaticana.va)

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