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Mons. Franco Giulio Brambilla, un’eredità in cinque passi

Franco-Giulio-BrambillaPIEMONTE – NOVARA – Lunedì 10 febbraio Mons. Franco Giulio Brambilla, Vescovo di Novara, ha offerto ai responsabili della pastorale giovanile riuniti a convegno a Genova una puntuale relazione sulla cura educativa, partendo innanzitutto da una ricostruzione del contesto culturale odierno, che esclude “due caratteristiche essenziali dell’educazione: il suo riconoscimento del debito dell’origine e l’appello etico e religioso per rispondere alla chiamata della vita. A queste due, bisognerebbe aggiungerne una terza: la distensione temporale della cura educativa: formare è un tirocinio al saper vivere”.
Nella sua riflessione, il Vescovo ha quindi declinato i tre momenti della cura educativa: innanzitutto, ritrovare “il paradigma generativo”, nella consapevolezza che educare vuol dire generare: “Il padre e la madre sono dispensatori della vita per conto di un Terzo, ne trasmettono il dono e il senso, perché il mistero dell’esistenza sia promessa e appello; l’autorità dei genitori e, rispettivamente dell’educatore, diventa dal di dentro testimonianza alla vita buona, alle infinite forme con cui si presenta nella storia della cultura e dell’oggi”. La cura educativa – ecco il secondo passo della relazione di Mons. Brambilla – si delinea come donazione nel triplice movimento dell’identità: è identità transitiva (“Solo l’incontro con il tu e con il noi apre l’io a se stesso”), è identità drammatica (un carattere che “crea lo spazio perché il giovane s’ingaggi con la sua libertà” e “impara a rispondere di sé”), è identità narrativa, che “porta alla parola per trovare il senso trasmesso e decidersi per esso, facendolo diventare proprio”).
Quale terzo momento, ha osservato il Vescovo, la questione educativa “si realizza nella capacità di ereditare in modo creativo”, per cui come educatori “noi dobbiamo rendere possibile che diventi conquista dei nostri ragazzi ciò che doniamo, affinché siano capaci di possederlo davvero”.
Infine, Mons. Brambilla ha tratteggiato la figura testimoniale degli educatori – “la figura felice dell’educatore è quella del maestro di vita” – che “si attua nella pluralità e nella coralità delle presenze”.

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