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Mons. Crociata agli insegnanti di religione: ‘sapersi mettere in gioco’

mons-mariano-crociataLAZIO – LATINA – “Il vostro è un lavoro chiamato a tendere verso la più alta professionalità, ma non può farlo senza rafforzare il legame originario e permanente con la Chiesa, in cui quella professionalità si è formata e si coltiva”. Lo ha detto, ieri sera, monsignor Mariano Crociata, vescovo di Latina-Terracina-Sezze-Priverno, incontrando gli insegnanti di religione cattolica nelle scuole. Per il presule, “i cambiamenti profondi a cui è soggetta la nostra società, non consentono di concludere che sono mutate le condizioni che giustificano la scelta della forma cattolica di insegnamento della religione nella scuola. Continuano a essere straordinariamente persistenti e pervasivi i segni di un cattolicesimo culturale che non cessa di impregnare la vita sociale anche dell’Italia di oggi”. Perciò, “i nuovi cittadini di oggi, italiani e immigrati, hanno tutti bisogno di apprendere l’alfabeto della loro cultura, per imparare ad abitare con un senso compiuto di orientamento questo Paese e il mondo di oggi. L’abilitazione alla decifrazione e alla collocazione degli elementi costitutivi della nostra storia e della nostra cultura nell’universo coerente di visione della realtà da cui prendono vita, non può che avvenire all’interno di quel mondo ecclesiale che li genera, li giustifica, li alimenta”. “Tutti gli insegnanti oggi non possono esimersi dal mettersi in gioco” e, ha osservato monsignor Crociata, “ciò vale in un modo speciale per gli insegnanti di religione”. Si tratta di mettersi in gioco a un triplice livello: “sociale, ecclesiale, spirituale”. Sul piano sociale, “mettersi in gioco significa dare un’anima a ciò che facciamo, far valere la dedizione personale, dare forma a un impegno appassionato”. Sul piano ecclesiale, il presule ha messo in evidenza “la dimensione culturale della formazione permanente” e sul piano spirituale ha fatto notare che l’unità della persona “si conferma come carattere imprescindibile del compito scolastico e più in generale educativo”. In realtà, “l’insegnante di religione si presenta umanamente serio e credibile nella misura in cui ciò che insegna lo coinvolge personalmente”. In questo senso, “la laicità propria del contesto scolastico con la sua pluralità di presenze e di opzioni, non comporta l’assenza di orientamenti ideali e valoriali, ma la loro leale manifestazione nel rispetto delle persone”. Altrimenti “il rischio è di far diventare il neutralismo e il laicismo la vera ideologia e la religione alternativa a tutte le altre minacciate di esclusione”. “Coltivare e manifestare la propria identità credente – ha concluso – è servizio educativo e scolastico di prima grandezza e urgenza”.

Fonte: Agensir

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