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Minacce al legale di Asia Bibi. Bhatti: penso sarà presto libera

Ha ricevuto nuove minacce di morte in Pakistan l’avvocato che difende Asia Bibi, la donna accusata di blasfemia contro l’islam e condannata a morte. Khalil Tahir Sindhu, questo il nome del legale, ha dichiarato che le pressioni dei fondamentalisti non lo faranno desistere dal suo lavoro.

Paul Bhatti

Una scelta coraggiosa, costata nel recente passato la vita ad altre personalità cristiane, primo fra tutti Shahbaz Bhatti, ministro per le Minoranze religiose, assassinato nel 2011. Suo fratello, Paul Bhatti, continua la sua opera come leader dell’Apma, All Pakistan Minorities Alliance. Alessandro De Carolis gli ha chiesto un parere sulla nuova ondata di minacce:

R. – Questo ce lo aspettavamo più che altro, perché quel gruppo, con quell’ideologia contro Asia Bibi, è forte. Siccome loro hanno vinto due volte, nella Corte di primo e secondo grado, pensavano che forse fino all’ultimo grado, cioè alla Corte suprema, la decisione sarebbe stata la stessa. Invece, quando è cambiato tutto, questa è stata la loro reazione, che ci si aspettava. Questa però è una cosa spiacevole, perché la legge in Pakistan viene considerata superiore a tutto. Queste minacce penso debbano essere prese molto seriamente dal governo pakistano. In questo caso, direi che la Corte suprema debba prendere provvedimenti importanti immediatamente. Lo ribadisco perché l’avvocato, poveretto, fa questo lavoro ed è giusto che lo faccia.

D. – Lei prima ha accennato alla sentenza della Corte suprema, che circa un mese fa ha sospeso la condanna a morte contro Asia Bibi. Quali sviluppi si prevedono dell’iter giudiziario che la riguarda?

R. – Io penso che, essendo lei innocente, la Corte suprema non possa ignorarlo, come anche le prove in suo favore compresa la malizia che c’era dietro.

D. – Dove si trova adesso Asia Bibi e come sta?

R. – E’ ancora in prigione, ma secondo la sentenza della Corte suprema lei potrebbe uscire di prigione su cauzione. Questo probabilmente non è stato fatto, per motivi di sicurezza. Secondo le mie informazioni, adesso – sono tornato l’altro ieri dal Pakistan – ha buone probabilità di uscire.

D. – La vostra Associazione si batte da molti anni perché l’attuale legge sulla blasfemia in Pakistan – una legge che si presta spesso ad un uso anche discriminatorio – venga modificata. In cosa consiste il vostro lavoro?

R. – Il nostro lavoro è quello di aiutare tutti i soggetti che sono perseguitati per la loro fede. Possono essere cristiani, possono essere indù e possono anche essere musulmani. Attualmente, noi abbiamo aperto un ufficio a Lahore e a Islamabad che si occuperanno dell’assistenza legale immediata per tutti quelli che saranno accusati falsamente. Stiamo facendo vari seminari, vari incontri di dialogo interreligioso, per coinvolgere quelle persone che ingenuamente credono che i cristiani siano loro nemici per la fede, perché questa è la dottrina che alcune volte viene trasmessa ai bambini. Il nostro lavoro è che i bambini riescano a rispettare la fede di altre religioni e anche la piena convivenza tra le diverse fedi. Dovrebbe essere consentita in Pakistan e anche apprezzata. Questa è la prima cosa. Seconda cosa, faremo adesso una visita nelle principali prigioni del Pakistan, oltre agli accusati di blasfemia, anche a tutte le persone che sono accusate per reati minori, che non hanno assistenza legale e che da anni sono lì. Uno dei recenti casi che abbiamo visto, infatti, è quello di una persona  in prigione da cinque anni perché aveva rubato qualcosa come 100 euro. Lo abbiamo assistito ed è stato liberato dopo una settimana. Ci sono tantissime persone povere che non avendo avvocato, non avendo nessuno che gli sta dietro, stanno in prigione per anni. Questa è il lavoro che stiamo facendo adesso principalmente. Ma c’è anche un’altra serie di cose.

Redazione Papaboys (Fonte it.radiovaticana.va)

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