Sono circa 200 i cadaveri di migranti individuati dalla Guardia Costiera libica davanti alle coste di Zuawra vittime del doppio naufragio di ieri: secondo la testimonianza di un attivista di Medici senza Frontiere in 40 erano intrappolati nella stiva di un barcone arenato, le altre galleggiavano sul mare, mentre i 200 sopravvissuti sono stati accompagnati in un centro di detenzione libico. Intanto, a Palermo continuano le indagini della Procura sulla morte di 52 migranti morti per asfissia nel sottocoperta di un’imbarcazione, con a bordo oltre 400 persone, tratta in salvo dalla nave svedese Poseidon. 10 i presunti scafisti fermati, dovranno rispondere di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e di omicidio. E mentre nel canale di Sicilia navi italiane ed europee continuano a salvare vite umane, il computo, orribile, delle vittime prosegue anche sulla rotta balcanica dell’immigrazione. Sono probabilmente morti per soffocamento i 71 migranti ritrovati nella stiva di un tir abbandonato su un’autostrada austriaca. Probabilmente erano siriani e tra loro c’erano anche 8 donne e 4 bambini. Per una testimonianza sulla situazione lungo la rotta balcanica, ascoltiamo Nello Scavo, inviato di Avvenire tra la Macedonia e Pristina:
R. – I controlli di polizia si fanno sempre più fitti e i profughi che arrivano dalla Turchia e poi successivamente attraverso Grecia e Bulgaria hanno tre giorni di tempo per lasciare la Macedonia e tentare poi la via dell’Europa. Sono arrivate oltre 100 mila persone negli ultimi mesi, solo negli ultimi due giorni 4.000; incontrano grandi difficoltà ad accedere in Ungheria a causa del muro di filo spinato fatto installare dal governo Orban, ma questo non li fermerà: stanno cercando piuttosto vie alternative per raggiungere comunque e a qualsiasi rischio l’Europa.
D. – Ecco, per questo tu sei a Pristina; ora stai seguendo una delle rotte alternative: puoi raccontarci cosa hai scoperto?
R. – Inevitabilmente, la presenza dei profughi ha rimesso in moto il “business” dei trafficanti di esseri umani che in queste aree è stato sempre piuttosto florido. La mafia kosovara, in accordo con serbi e macedoni, sta organizzando delle vie alternative per aggirare proprio il muro ungherese, consentendo l’accesso dalla Romania oppure dai Balcani, quindi attraverso la Slovenia e la Croazia, per raggiungere l’Austria, l’Italia o altri Paesi. I rischi sono molto alti, come abbiamo visto, con i morti nel camion rivenuti ieri, ma naturalmente si alzerà anche il prezzo: la traversata via terra costava 300-400 euro la settimana scorsa, adesso ne costa mille a persona. Dunque, la situazione è molto complicata e molto difficile; nonostante questo, però, si trovano anche belle storie di solidarietà. Profughi e migranti patiscono molta sofferenza, per la lunga traversata ma anche per il trattamento subito dalla polizia macedone che non è esattamente di larghe vedute sull’accoglienza ai profughi. Si fa il possibile perché si allontanino prestissimo dal Paese e in molti casi ci sono state anche percosse, torture, anche vere sevizie. In compenso, però, lungo la rotta si trovano alcuni villaggi, in particolare Veles, vicino Skopje, dove alcuni abitanti – in particolare una donna – hanno attrezzato un sistema di accoglienza informale e autonomo che ha permesso di dare assistenza a più di 50 mila persone in questi due anni, nel totale silenzio, senza l’aiuto delle autorità. Ed è straordinario vedere come la volontà di singole persone a volte può superare gli ostacoli che i governi non vogliono affrontare.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana