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Migliaia di manifestanti chiedono ingiustamente l’esecuzione di Asia Bibi

In Pakistan, migliaia di manifestanti sono da diversi giorni accampati all’esterno della Presidenza a Islamabad per chiedere la condanna a morte di Asia Bibi, una donna cristiana, madre di 5 figli, ingiustamente accusata di blasfemìa e in carcere da quasi 7 anni. I dimostranti assicurano di esser “pronti amorire” pur di non abbandonare l’area, nonostante l’ultimatum della polizia.

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La protesta è iniziata domenica, subito dopo l’attentato integralista di Lahore dove hanno perso la vita oltre 70 persone, in gran parte cristiani. Il primo vicepresidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, in un’interrogazione scritta rivolta all’Alto rappresentante Ue Federica Mogherini, afferma: “L’Unione Europea agisca subito per scongiurare l’esecuzione di Asia Bibi”. Purtroppo, su questa drammatica vicenda continua il silenzio dei media internazionali. Federico Piana per Radio Vaticana ne ha parlato con il presidente dell’Azione Cattolica, Matteo Truffelli:

R. – Purtroppo sono quelle notizie che è facile far scivolare in seconda, terza, quarta pagina e così via nei giornali. E’ una notizia, infatti, che non fa notizia, purtroppo. Asia Bibi è vittima della legge sulla blasfemìa, che è una legge modificata, che paradossalmente nasce per tutelare la libertà di religione. Viene modificata negli anni ’80 proprio in chiave, esclusivamente, di tutela dell’islamismo. Asia Bibi è accusata ingiustamente e tenuta in prigione solo perché non accetta di piegarsi alla violenza di questa legge.

D. – Gli atti di terrorismo in Pakistan, come in Occidente, non devono impaurirci…
R. – Esattamente, perché cedendo al tentativo di farci rinunciare a quello che siamo – una democrazia tollerante, libera, un progetto di coesistenza pacifico – non sconfiggeremmo il terrorismo e gliela daremmo vinta. Penso che si tratti di una guerra – come ha detto il Papa già qualche tempo fa: “una guerra mondiale a pezzi” – ma una guerra anomala, che non si vince innanzitutto con i carri armati, innalzando muri, creando dei ghetti, come è successo di fatto alla comunità islamica a Bruxelles. Si tratta, infatti, della volontà di colpire questo progetto di convivenza pacifica tra religioni, culture e modi di vivere diversi. Colpisce molto il fatto che sia fatta oggetto di queste violenze una piccola minoranza. I cristiani in Pakistan sappiamo che sono meno del 2 per cento, tra cattolici e protestanti, per di più appartenenti ad una fascia debole della popolazione, povera. Non sono certo un pericolo per i musulmani in Pakistan. Quindi è chiaro il disegno di voler sgretolare una prospettiva di convivenza pacifica; è chiaro il disegno di voler mettere in discussione equilibri che in fin dei conti caratterizzavano il Pakistan fin dalla sua origine.


Redazione Papaboys (Fonte it.radiovaticana.va)

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