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Messaggio di Papa Francesco per la Giornata Mondiale dei poveri: ‘Il Signore vi ascolta’

In un mondo in cui, seppur “immersi in tante forme di povertà”, spesso si eleva “la ricchezza a primo obiettivo” e molte iniziative sono “rivolte più a compiacere noi stessi che a recepire davvero il grido del povero”, la comunità cristiana è chiamata a “dare un segno di vicinanza e di sollievo” a coloro che sono nel bisogno e “sono sotto i nostri occhi”, collaborando anche “con altre realtà” di solidarietà. Così il Papa nel Messaggio per la seconda Giornata mondiale dei poveri, che quest’anno ricorre il 18 novembre, sul tema: “Questo povero grida e il Signore lo ascolta”. L’iniziativa, letta come “un momento privilegiato di nuova evangelizzazione”, era stata istituita da Francesco a conclusione del Giubileo della Misericordia e fissata nella XXXIII Domenica del tempo ordinario, con la Lettera Apostolica Misericordia et misera. Adesso si ribadisce come essa sia una “una piccola risposta” ai poveri “perché non pensino che il loro grido sia caduto nel vuoto”, ma siano accolti “all’insegna della gioia”.

Spesso la collaborazione con altre realtà, che sono mosse non dalla fede ma dalla solidarietà umana, riesce a portare un aiuto che da soli non potremmo realizzare. Riconoscere che, nell’immenso mondo della povertà, anche il nostro intervento è limitato, debole e insufficiente conduce a tendere le mani verso altri, perché la collaborazione reciproca possa raggiungere l’obiettivo in maniera più efficace.

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Coniugare diverse esperienze e umiltà
Siamo mossi “dalla fede e dall’imperativo della carità” – scrive il Pontefice soffermandosi sui verbi gridare, rispondere e liberare – ma “sappiamo riconoscere altre forme di aiuto e solidarietà che si prefiggono in parte gli stessi obiettivi”: purché, sottolinea, “non trascuriamo quello che ci è proprio, cioè condurre tutti a Dio e alla santità”.

Il dialogo tra le diverse esperienze e l’umiltà di prestare la nostra collaborazione, senza protagonismi di sorta, è una risposta adeguata e pienamente evangelica che possiamo realizzare.

Povertà creata da mali antichi, oggi c’è fobia
D’altra parte, aggiunge, la povertà non è cercata, ma è “creata dall’egoismo, dalla superbia, dall’avidità e dall’ingiustizia”, mali “antichi quanto l’uomo”, pur sempre “peccati che coinvolgono tanti innocenti, portando a conseguenze sociali drammatiche”. Non a caso il Papa ricorda una certa “fobia” contemporanea per i poveri, considerati anche come “gente portatrice di insicurezza, instabilità, disorientamento dalle abitudini quotidiane e, pertanto, da respingere e tenere lontani”. Davanti ai poveri, “non si tratta di giocare per avere il primato di intervento”, riflette Francesco: piuttosto “possiamo riconoscere umilmente che è lo Spirito a suscitare gesti che siano segno della risposta e della vicinanza di Dio.

“ Quando troviamo il modo per avvicinarci ai poveri, sappiamo che il primato spetta a Lui, che ha aperto i nostri occhi e il nostro cuore alla conversione. Non è di protagonismo che i poveri hanno bisogno, ma di amore che sa nascondersi e dimenticare il bene fatto. I veri protagonisti sono il Signore e i poveri. Chi si pone al servizio è strumento nelle mani di Dio per far riconoscere la sua presenza e la sua salvezza. ”




Il Signore ascolta gli oppressi da politiche indegne
Il Signore, assicura il Pontefice, “ascolta i poveri”, “quanti vengono calpestati nella loro dignità e, nonostante questo, hanno la forza di innalzare lo sguardo verso l’alto per ricevere luce e conforto”, “coloro che vengono perseguitati in nome di una falsa giustizia, oppressi da politiche indegne di questo nome e intimoriti dalla violenza”. Sulla scia di San Paolo, il Papa parla dell’“atteggiamento evangelico” nei confronti dei membri più deboli e bisognosi della comunità cristiana, soprattutto di fronte ai percorsi che “anche oggi conducono a forme di precarietà”, come “la mancanza di mezzi basilari di sussistenza, la marginalità quando non si è più nel pieno delle proprie forze lavorative, le diverse forme di schiavitù sociale, malgrado i progressi compiuti dall’umanità”. Francesco esorta a non avere “sentimenti di disprezzo e di pietismo” verso i bisognosi, bensì a “rendere loro onore”, “dare loro la precedenza”, perché “sono una presenza reale di Gesù in mezzo a noi”. Ed è qui, evidenzia Francesco, che si comprende “quanto sia distante il nostro modo di vivere da quello del mondo, che – nota – loda, insegue e imita coloro che hanno potere e ricchezza, mentre emargina i poveri e li considera uno scarto e una vergogna”. In fondo una parola di speranza diventa “l’epilogo naturale a cui la fede indirizza”.

Spesso sono proprio i poveri a mettere in crisi la nostra indifferenza, figlia di una visione della vita troppo immanente e legata al presente. Il grido del povero è anche un grido di speranza con cui manifesta la certezza di essere liberato. La speranza fondata sull’amore di Dio che non abbandona chi si affida a Lui.

Il silenzio dell’ascolto
Nella misura in cui, scrive il Pontefice, si riesce a “dare il giusto e vero senso alla ricchezza”, si cresce “in umanità” e si diventa capaci di “condivisione”, nel “silenzio dell’ascolto”.

Si è talmente intrappolati in una cultura che obbliga a guardarsi allo specchio e ad accudire oltremisura sé stessi, da ritenere che un gesto di altruismo possa bastare a rendere soddisfatti, senza lasciarsi compromettere direttamente.

L’uno verso l’altro
L’invito è a sentirci tutti “debitori” nei confronti dei poveri, perché “tendendo reciprocamente le mani l’uno verso l’altro, si realizzi l’incontro salvifico che sostiene la fede, rende fattiva la carità e abilita la speranza a proseguire sicura nel cammino verso il Signore che viene”.

Fonte www.vaticannews.va/Giada Aquilino

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