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A Malakal, in sud Sudan, torna a trasmettere la Radio missionaria

Picture 0151.img_assist_custom“Le bombe avevano colpito la torre di trasmissione e messo fuori uso le antenne, ma ora siamo pronti a rompere il silenzio” dice alla MISNA suor Elena Balatti, comboniana in Sud Sudan. La sua radio missionaria, che in arabo si chiama Sout al Mahaba e in inglese Voice of Love, vuole tornare a essere segno di speranza e “normalità” per la gente di Malakal.

“Le riparazioni della torre, alta 72 metri, sono state appena ultimate” annuncia suor Elena ringraziando Ido Menegaz, il tecnico italiano che ha gestito i lavori, lo stesso che nel 2009 aveva predisposto le installazioni. “Il suo è stato un aiuto prezioso – sottolinea la missionaria – perché in Sud Sudan di questi tempi anche solo per trovare un bullone al mercato ci possono volere delle ore”.

La radio aveva interrotto le trasmissioni il 18 febbraio dello scorso anno, tre giorni dopo l’ingresso a Malakal dei ribelli legati all’ex vice-presidente Riek Machar, in lotta contro il governo del capo dello Stato Salva Kiir. “Le bombe – ricorda suor Elena – avevano colpito la torre a 30 metri di altezza, rischiando di provocare il crollo dell’intera struttura”.

Adesso, per la ripresa delle trasmissioni si attende solo il via libera delle autorità diocesane. Più del palinsesto, sottolinea suor Elena, conterà il messaggio: “La radio dovrà aiutare i sud-sudanesi a guarire dal trauma della violenza subita e far capire, nei villaggi e nei campi profughi, che un ritorno alla normalità è possibile”.

È un messaggio particolarmente importante a Malakal, capoluogo della regione dell’Upper Nile, ricca di petrolio e per questo più di altre zone del paese devastata dai combattimenti. “Gli ultimi – dice suor Elena – si sono verificati a circa 200 chilometri di distanza, in direzione del confine con il Sudan; in città, però, la situazione appare relativamente tranquilla”.

Il conflitto va avanti dal dicembre 2013 nonostante la firma di diversi accordi di cessate-il-fuoco e l’impegno di entrambe le parti a costituire un governo di unità nazionale. Secondo le Nazioni Unite, le vittime delle violenze sono già state decine di migliaia, mentre le persone costrette a lasciare le proprie case sono circa un milione e 900.000. Fonte: Agenzia Misna

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