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‘Le nostre 30 ore di viaggio tra canti e preghiere’

Nubifragio in Costa Azzurra, bloccati 150 pellegrini piemontesi in ritorno da Lourdes..

Pellegrini

Osvaldo Panizza è uno dei veterani dei pellegrinaggi a Lourdes. Quando sono passate le otto di sera, la sua barella viaggiante, nel vagone ambulanza dell’Unitalsi, è ancora ferma alla stazione di Modane. L’arrivo a Porta Nuova non è previsto prima delle 23. Torinese, 81 anni a novembre, è accanto alla moglie Euterpe. Stanco ma senza perdere la voglia di sorridere. «Tutto questo tempo ci ha permesso di conoscere nuovi amici. I medici e tutte queste sorelle che non hanno mai smesso di assisterci, senza farci mancare i farmaci e il buon umore». Racconta: «Sul treno abbiamo festeggiato, a modo nostro, 61 anni di matrimonio. L’anno prossimo? Sarò ancora qui: non sarà un incidente a interrompere i prossimi viaggi».  

Eccoli qui i 150 passeggeri piemontesi, bloccati per una notte in Costa Azzurra da un nubifragio che, tra Antibes e Nizza, ha fatto 16 morti. E che ieri, a tarda sera, aspettavano ancora di attraversare il confine per ritornare, finalmente, a casa. La maggior parte di loro, 130, sono torinesi. Tutti gli altri arrivano da Alba, Asti e Fossano. «Passiamo il tempo cantando e pregando. I più preoccupati sono quelli rimasti ad aspettarci – dice Osvaldo – Cerchiamo di chiamarli spesso, in modo da tranquillizzarli». 

Viaggio infinito  

L’avventura dei pellegrini è iniziata lunedì sera. Il primo trasferimento da Torino a Savona, per completare il treno bianco Unitalsi con il convoglio arrivato dall’Emilia. L’arrivo a Lourdes, alle 19 di martedì. Sabato il rientro, interrotto poco prima della mezzanotte a Nimes. La pioggia ha paralizzato tutto il traffico ferroviario. E fino alla tarda mattinata di ieri non è stato possibile ripartire. 

«Sono state queste le ore più difficili, sia per i malati che per i volontari che dovevano occuparsi dell’assistenza agli anziani e ai malati – racconta Gianni Farina, consigliere piemontese di Unitalsi -. La paura più grande è stata quella che finissero i medicinali. Avevamo già diversi contatti con le farmacie locali, poi il convoglio è ripartito e l’emergenza è rientrata». A bordo di questi treni speciali, del resto, c’è un autentico ospedale. Una squadra composta quattro medici, tre infermieri e trenta sorelle impegnata nell’assistenza. Così, nel pomeriggio, i viaggiatori hanno fatto rotta verso Avignone, Lione, Modane e, finalmente, Torino. 

«Bisogna cambiare»  

Anche durante le tappe alle stazioni francesi, mentre il ritardo cresceva di ora in ora, personale di terra e volontari di protezione civile hanno fornito ai pellegrini pasti caldi e altri generi di prima necessità. E proprio l’organizzazione dell’unione nazionale di trasporto ammalati a Lourdes ha evitato che alcuni viaggiatori dovessero fermarsi nel corso del rientro. 

Ma quando è ormai sera, Luciano Giorio, malato di Sla, seduto da qualcosa come 30 ore nel suo scompartimento, è convinto che «qualcosa debba pur essere cambiato». Spiega: «Questa volta tutto è stato complicato da un evento eccezionale e drammatico. Ma anche in condizioni normali, il pellegrinaggio è diventato troppo pesante anche per chi gode di ottima salute». Luciano ha 58 anni e abita a Trofarello. Alle spalle ha 15 viaggi a Lourdes. «Non possiamo più reggere traversate così lunghe: un giorno per l’andata e un altro per il ritorno. La prossima volta sceglierò l’autobus oppure, se ne avrò la possibilità, un aereo».

Redazione Papaboys (Fonte www.lastampa.it/Fedrico Genta)

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