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Le Martiri di Compiègne. 16 donne con un ideale grande

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Morire per la fede? Accadeva allora (17 luglio 1794) e accade purtroppo ancora oggi.. Una mirabile pagina di gloria quella delle 16 carmelitane martiri a Compiègne. Gridano al mondo che il Cattolicesimo è divino, che il Cristo vive e regna e merita tutta la nostra vita.

“Libertà, uguaglianza, fraternità”, ecco i “sacri principi” del 1789, quelli che secondo i “lumi” della ragione che ragiona, avrebbero dovuto portare il paradiso sulla terra. Peccato che questi principi fossero stati affermati senza Dio e contro Dio, come se l’uomo fosse dio a se stesso. Così il risultato fu pessimo fin dall’inizio e lo è tuttora, sempre peggiore, man mano che ci si allontana di più da Dio e dal Figlio suo Gesù Cristo.

La nota “dichiarazione dei diritti dell’uomo”, promulgata in base a questi principi, a Parigi il 26 agosto 1789, nell’ambito della rivoluzione francese, che doveva dilagare nel mondo sovvertendo tutto, condusse subito alla proibizione di offrire a Dio i voti religiosi e alla soppressione degli Ordini religiosi: secondo costoro, non può essere libero chi si consacra a Dio con dei voti -sicuramente vi è stato costretto- ed è compito della “nazione” liberarlo. E se non vuole essere liberato, sia ammazzato, perché la società dev’essere di liberi e di uguali!

Le priore di tre monasteri carmelitani francesi, a nome degli altri, inviarono all’Assemblea nazionale il loro “proclama”: “Alla base dei nostri voti c’è la libertà più grande; nelle nostre case regna la più perfetta uguaglianza; noi confessiamo davanti a Dio che siamo davvero felici”. Si rispose loro, mandando alle porte dei monasteri uno stuolo di ufficiali per offrirsi come liberatori!

“QUI VOGLIAMO VIVERE E MORIRE”

Gli ufficiali della rivoluzione giunsero anche al Carmelo di Compiègne, dove vivevano 16 monache guidate dalla priora Madre Teresa di S. Agostino. Postile con la forza nella condizione di non poter comunicare tra loro, furono convocate ad una a una per dichiarare liberamente di voler uscire dal monastero. Un segretario verbalizzava le loro risposte, per cui la loro singolare avventura è documentata con scrupolo dai loro stessi persecutori.

La Priora dichiarò di “voler morire e morire in quella santa casa”. La più anziana disse: “Sono suora da 56 anni e vorrei averne ancora altrettanti per consacrarli tutti al Signore”.

Un’altra spiegò: “Mi sono fatta religiosa di mio pieno gradimento e conserverò il mio abito anche a costo del sangue”. Così con parole simili, ripeterono tutte, fino alla più giovane professa da pochi mesi: “Nulla mi indurrà ad abbandonare il mio sposo Gesù″.

Veramente le monache erano 14, due erano solo delle collaboratrici laiche, ma in quel frangente dichiararono che anch’esse volevano condividere con le “sorelle”, la stessa passione e la stessa gloria. Dunque, sostanzialmente si tratta di sedici carmelitane.

Intanto la rivoluzione continuava, volendo separare il Clero e i cattolici di Francia dal Papa, iniziando presto la persecuzione più cruenta contro coloro che non accettavano di giurare secondo i suoi “principi”. Nella Pasqua del 1792, la Priora di Compiègne propose alle sue consorelle di offrirsi con lei “in olocausto per placare la collera di Dio e in modo che la sua pace sia restituita alla Chiesa e allo stato”. Nel settembre 1792, in un massacro durato tre giorni, si contarono 1600 vittime, tra cui 250 preti massacrati a Parigi. Il 12 settembre, le carmelitane di Compiègne ebbero l’ordine di lasciare il monastero, subito requisito.

Andarono a vivere in gruppetti in quattro case vicine nello stesso quartiere, riuscendo a comunicare tra loro per mezzo del cortile interno e a osservare il più possibile la loro “Santa Regola” di preghiera e di lavoro, in intimità con il Signore Gesù, pronte a ogni evenienza. Il quartiere sapeva della loro presenza e si univa alla loro preghiera per la Chiesa e per la Francia.

Tra l’ottobre 1793 e l’estate 1794, i senza-Dio scatenarono il grande Terrore, che doveva portare alla scristianizzazione totale.

Ogni giorno funzionava la ghigliottina, le cui vittime più numerose e più innocenti furono sacerdoti, religiosi, credenti, sotto l’accusa di “fanatismo”: in realtà in odio alla fede.

Proprio di fanatismo vennero accusate le Carmelitane di Compiègne: le loro abitazioni furono perquisite, le suore arrestate, i loro arredi sacri profanati e infranti. In quei mesi erano venute preparandosi al martirio, proprio secondo quanto aveva profetizzato la loro santa Fondatrice-Riformatrice, Teresa d’Avita: “In avvenire quest’Ordine fiorirà e avrà molti martiri”.

Il 13 luglio 1794, Madre Teresa di S. Agostino e le consorelle giunsero a Parigi e gettate nella Concergierie, il carcere della morte. In quei giorni, il tribunale rivoluzionario comminava decine di condanne a morte. Il 16 luglio 1794, festa della Madonna del Carmelo, le monache composero un nuovo canto, come loro abitudine, per la loro Patrona. Riscrissero la Marsigliese, cambiando l’inno della rivoluzione in un inno di dedizione a Cristo:

“È arrivato il giorno della gloria/ Or che la spada sanguinante è già levata,/ prepariamoci alla vittoria./ Sotto il vessillo del Cristo Agonizzante/ avanzi ognuno come vincitore./ Corriamo, voliamo alla gloria,/ che noi tutte siamo del Signore!”.

AL PATIBOLO, CANTANDO

L’indomani, 17 luglio 1794, comparvero in tribunale, accusate di “ribellione”, “sedizione”, “oppressione del popolo francese”, cose incredibili per donne inermi, dedite solo alla preghiera.

Risposero che non volevano accuse generiche, confuse e mescolate alla politica. Quando l’accusatore le definì “fanatiche”, suor Enrichetta Peiras, domandò: “Vorreste, voi cittadino, spiegarci che cosa significa fanatismo?”. Fouquier-Tinville (l’accusatore) s’infuriò e rispose: “È quella vostra affezione a credenze puerili, quella vostra sciocca pratica religiosa”.

Suor Enrichetta, a nome di tutte, lo ringraziò, poi rivolta alla Priora e alle consorelle, disse: “Avete udito che ci condannano per l’affetto che portiamo alla nostra santa Religione. Siano rese grazie a Colui che ci ha precedute sulla via della Croce! Che felicità e che consolazione poter morire per il nostro Dio!”.

Erano le sei di sera, quando, condannate a morte, con le mani legate dietro la schiena, salirono su due carrette per essere condotte alla ghigliottina. In mezzo alla folla che si assiepava ai margini delle vie, lungo il loro ultimo viaggio, cantarono Compieta, come in monastero al tramonto di ogni giornata. Tra lo stupore e il silenzio, la gente allibita e muta, sentì innalzarsi con voce dolcissima l’inno Te lucis ante terminum, quindi il salmo Miserere, il Te Deum, la Salve Regina, come se quelle andassero a una festa lungamente attesa.

Ai piedi del palco, la Priora chiese di morire per ultima, per assistere le sue “figlie” come una vera madre, come in un “atto di comunità”. Nelle sue mani, le monache, una per una, rinnovarono i voti e baciarono una immagine della Madonna che erano riuscite a portare fin là. A quel punto, Madre Teresa intonò il Veni Creator, mentre la più giovane, che aveva avuto tanta paura, saliva per prima al patibolo.

Mentre continuava a cantare l’inno allo Spirito di Cristo e il canto si faceva sempre più flebile, le loro teste cadevano una per una sotto la lama. Ultima salì la Priora… Sulla piazza, nel caldo sole di luglio, tra l’odore del sangue, era sceso un silenzio solenne mai visto, come se il Ciclo davvero visibilmente si fosse squarciato. Uno dei commissari di polizia, vedendole morire, disse loro: “II popolo non ha bisogno di serve!”. La monaca più fiera, rispose: “Ma ha bisogno di martiri, e questo è un servizio che noi ci possiamo assumere”. E un’altra tra le più giovani: “Noi cadiamo soltanto in Dio”.

Non trascorse un anno, che il 6 maggio 1795, il nuovo tribunale rivoluzionario di Parigi condannò a morte Fouquier-Tinville e tre antichi giudici, sei giurati e altre sei persone che avevano collaborato con quelli all’esecuzione delle Carmelitane di Compiègne: in tutto sedici, come sedici erano le sante monache!

Il 27 maggio 1906, Papa S. Pio X beatificava le Martiri di Compiègne:

Madre Teresa di S. Agostino, suor Francesca di S. Luigi, suor Maria di Gesù Crocifisso, suor Maria della Risurrezione, suor Eufrasia dell’Immacolata, suor Gabriella di Gesù, suor Teresa del Cuore di Maria, suor Gabriella di S. Ignazio, suor Giulia di Gesù, suor Enrica della Provvidenza, suor Costanza, suor Maria dello Spirito Santo, suor Maria di S. Marta, suor Stefano di S.Francesco Saverio, Caterina e Teresa Soiron.

di Paolo Risso

Messaggero di Gesù Bambino di Praga, mensile dei santuari di Arenzano e di Praga, a cura dei Padri Carmelitani Scalzi

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