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L’appello dei genitori della piccola Eleonora, disabile. ‘Ci hanno rovinato la vita, aiutateci’

I genitori della piccola, che durante il parto ha subito gravissimi danni cerebrali per negligenza dei medici, saranno in Aula mercoledì prossimo alla Corte d’Appello di Venezia: l’udienza sarà decisiva per stabilire un risarcimento per permettere loro di curare la bambina, che ha 9 anni

«Il giorno in cui mia figlia stava per nascere era il più bello della mia vita, fatto di sogni e aspettative. Poi in un attimo tutto è cambiato, sono caduta in una un precipizio senza fondo, il mondo mi è caduto addosso»: sono strazianti le parole di Benedetta Carminati, la madre della piccola Eleonora Gavazzeni, nata con gravi danni cerebrali a causa di grave negligenza dei medici al momento del parto. Sono le parole con cui la mamma di Eleonora, che oggi ha nove anni e ha bisogno di cure e assistenza continue, mercoledì prossimo cercherà di appellarsi ai giudici che dovranno decidere sull’entità del risarcimento. Soldi indispensabili per permettere a lei e al marito, Davide Gavazzeni, di assistere la piccola in maniera dignitosa. «Siamo molto arrabbiati come genitori perché vorremmo regalarle una vita più degna possibile, ma fino ad oggi ci è stato impedito», spiega il papà di Eleonora, che ha stimato il costo complessivo delle terapie e delle cure farmaceutiche in 5 mila euro al mese. Anche lui sarà in Aula per far sentire le ragioni di una bambina a cui è stato sottratto il futuro.

I minuti drammatici del parto
Mercoledì i giudici della Corte d’Appello di Venezia metteranno la parola fine sulle responsabilità delle due ginecologhe che lasciarono Eleonora dalle 20.40 alla mezzanotte e 3 minuti, incastrata nel canale del parto. È la notte del 3 dicembre del 2008 quando Benedetta Carminati si presenta all’ospedale di Rovigo per partorire. Eleonora si presenta con la fronte: sarebbe servito un cesareo. Ma la prima dottoressa, Cristina Dibello, non se ne accorge, anche se il tracciato cardiografico indica una grave asfissia. Alle 21.40 stacca il tracciato e per un’ora e 10 fa manovre di kristeller (colpi sulla pancia della madre che fratturano il cranio della piccola). Solo dopo chiede aiuto alla reperibile, Paola Cisotto, che dalle 23.10 senza visitare la madre e accorgersi della posizione impossibile, e senza allertare l’equipe della sala operatoria, in presenza di un tracciato «severamente patologico», ricomincia con le manovre di Kristeller e tenta di estrarla con due ventose poliuso nonostante le monouso siano più efficaci per l’estrazione del feto. Il cesareo arriva troppo tardi. I danni cerebrali sono gravissimi.

Le imperizie e negligenze dei medici
Da subito la perizia dell’assicurazione dell’Ospedale (svolta dal luminare Salvatore Alberico, teoricamente a difesa dell’azienda e delle ginecologhe) riconosce che sono stati causati dalla «gravissima imprudenza, negligenza e imperizia» delle due. Per dare il senso del trauma a causa di «pressioni, depressioni e trazioni anomale esercitate sulla testa fetale», usa una metafora: «Ipotizziamo che un pugile riceva, senza neanche la soddisfazione di poter reagire, un simile trattamento per due ore e cinque minuti possiamo immaginare come uscirebbe la sua testa e comprendere di conseguenza quello che ha subito la piccola Eleonora». Ma all’incontro obbligatorio di mediazione per il risarcimento la Asl non si presenta. Il risarcimento che sarebbe servito per curare la piccola e darle la possibilità di migliorare si blocca. Parte il processo penale. Il giudice però non acquisisce quella perizia e non ne dispone un’altra e le ginecologhe vengono assolte senza neanche una Consulenza tecnica (Ctu). In Appello, la Corte di Venezia, invece accoglie la consulenza tecnica svolta nel frattempo per il parallelo processo civile che riconosce come «gravemente negligente» la condotta di entrambe le ginecologhe e la mette in relazione con l’origine del danno cerebrale. Ne dispone anche un’altra ad un collegio, tra cui il professor Adriano Tagliabracci, che riconosce il nesso causale, anche se sostiene che per la Dibello si è trattato solo di «grave imperizia», giacché non sapeva leggere il tracciato cardiografico. Considerato l’Abc in sala parto. Nelle more dei processi le due dottoresse sono rimaste in servizio. Ecco perché il padre di Eleonora chiede giustizia.

L’appello dei genitori
«Nessuna somma ci ripagherà del danno subito, ma permetterle di vivere e curarla degnamente soprattutto quando non ci saremo più- chiede Gavazzeni – Chiedo che la Corte di Appello condanni le dottoresse che le hanno cagionato lesioni gravissime e condannata ad una vita ingiusta e chiedo inoltre che si emetta una sentenza giusta perché ci è stata rovinata la vita». Da quando Eleonora è nata, per la famiglia è stato un continuo scontrarsi con visite, medici, assistenza difficile da ottenere, e problemi economici: nel 2012 gli fu sequestrato il furgoncino con cui portavano la bambina alle visite in giro per l’Italia perché non aveva pagato quattro rate del finanziamento. In questi anni sono stati soprattutto la generosità di associazioni e comunità religiose ad aiutare la coppia, in mancanza di un risarcimento giudiziario. «Noi genitori abbandonati a noi stessi con un fardello che ci strappa l’anima e il cuore», sottolinea la mamma di Eleonora. Poi guarda sua figlia e le promette: «Ti adoro e ti amerò per il resto dei miei giorni: ogni tuo sorriso ci dà forza, io e tuo padre lotteremo per i tuoi diritti fino all’ultimo respiro».

Fonte: Corriere on line

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