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La vera storia di un piccolo rifugiato palestinese di Gaza commuove Torino

Quando Mohammed Assaf – ventiduenne rifugiato palestinese di Gaza – vinse, nel 2013, Arab Idol (versione araba di American Idol), conquistò i cuori di un’intera regione e per una notte, grazie alla sua voce straordinaria, divenne il simbolo di pace e possibilità. Nella piazza di Nazareth, ad esultare in mezzo alla folla che aveva atteso con grande partecipazione il verdetto finale, c’era anche Hany Abu-Assad con la sua telecamera, pronto a filmare il tutto.

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Il bravo regista di Paradise Now (2006) e di Omar (2013) – premiato dalla Giuria a Cannes – ha raccontato quella storia nel suo nuovo film, The Idol, che dopo l’anteprima mondiale all’ultimo Festival di Toronto, è stato presentato oggi alla 33ma edizione del Torino Film Festival.

“Al momento della vittoria di Mohammed ho saltato ed esultato come un bambino” – ha spiegato il regista all’Huffington Post – “tre settimane prima avevo vinto il premio a Cannes, ma sono stato più contento di quella vittoria che della mia. Penso di non aver provato quella frenesia per un bel po’ di tempo”.

Il film inizia mostrandoci Assaf e sua sorella Nour da piccoli, a Gaza, che passano il loro tempo dividendosi tra la scuola e le mura domestiche, quando non sono in giro per il quartiere con i loro amici Ahmad e Omar, con cui giocano e cercano di cantare. Amano cantare, hanno anche una band, formata utilizzando vecchi strumenti musicali e altri mezzi di fortuna. Con sua sorella, Mohammed sogna di andare all’Opera Hall del Cairo, ma quella città appare lontanissima e irraggiungibile. Lo sarà ancora di più quando il ragazzo cresce dopo aver subìto una grave perdita in quella difficile prigione urbana che è nel frattempo divenuta Gaza, dove lavora come tassista e canta ai matrimoni per pagarsi gli studi universitari. Nonostante tutto, non abbandonerà mai la speranza e tra non poche difficoltà, riuscirà a raggiungere il Cairo. Il resto, è storia.

“Mohammed Assaf è il suo viaggio da umile cantante nei matrimoni di Gaza a star del Paese, sono il simbolo che i sogni possono trasformarsi in realtà”, ci ha detto il regista, che è venuto a Torino assieme alla produttrice del film, Amira Diab. “Vivere a Gaza è già di per sé difficile, figuriamoci girarci un film” – ha aggiunto – “tanto che gli israeliani ci hanno permesso di filmare all’interno della città solo per tre giorni e le immagini usate nel film sono quelle in cui mostro distruzioni e palazzi crollati”. “Siamo stati umiliati dalle guardie quando abbiamo cercato di raggiungere il confine ed è stato emotivamente molto duro”, ci ha spiegato la produttrice, “ma abbiamo cercato di far finta di nulla, perché con noi c’erano i quattro bambini del film e quando sei con i bambini, bisogna cercare di sorridere anche nei momenti difficili”.

‘The Idol’ è la storia della speranza di un popolo prima che di una sola persona, è un grido mai stonato di migliaia di persone che lottano quotidianamente per sopravvivere in circostanze estreme. La voce di Assaf “da’ voce a un popolo che è stato sempre emarginato e discriminato, una voce che ne racchiude migliaia di altre, uomini, donne e bambini che vorrebbero sconfiggere l’oppressione, la povertà e l’occupazione e poter veder affermare la libertà di amare, di vivere e di sentirsi, finalmente, liberi. Diritti che dovrebbero essere garantiti a chiunque, ma che purtroppo, in un posto come Gaza, appaiono ancora irraggiungibili.




Redazione Papaboys (Fonte www.huffingtonpost.it)

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