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La sensibilità cattolica entra nelle case degli italiani attraverso la fiction Rai

Mai come in questa nuova stagione televisiva i palinsesti Rai sembrano essere “condizionati” da una particolare sensibilità cattolica ravvisata in tematiche sociali tornate sulla cresta dell’onda da qualche anno tra i banchi delle nostre  chiese (e parrocchie). Se per lungo tempo la Rai, in particolare il primo canale (Rai 1) ha offerto fiction a contenuto religioso trovando grandissimi riscontri fra il pubblico e ripetendo di anno in anno questo tipo di programmazione, da due anni le cose sono cambiate e sembrerebbe che il pubblico sia guidato lungo una sorta di “sinodo televisivo” – ci si lasci passare l’espressione – che consente alla larga, larghissima, platea di telespettatori di riflettere su valori sociali e spirituali attraverso la lente offerta dal grande e dal piccolo schermo.

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Famiglia, lavoro, rapporto genitori-figli, omosessualità, donna-oggetto, immigrazione, preti di strada, rapporto periferia-centro urbano, e dunque cattolicità e laicità si incontrano nelle case di tutti gli italiani durante il prime time senza essere spodestate da altre offerte televisive. Nella serata di giovedì 7 gennaio, ad esempio, la prima puntata della decennale fiction Rai “Don Matteo 10” ha raccolto 9.677.000 spettatori per il primo episodio (33,87% di share) e 8.657.00 (37,44%) per il secondo: ascolti da mondiali di calcio o da Festival di Sanremo, roba che ormai non siamo più abituati a vedere, vista la disintegrazione del panorama televisivo e l’affollamento dei canali di natura commerciale poco interessati a veicolare contenuti valoriali e di una certa dimensione etica. Dopo solo 30 minuti di messa in onda della fiction più rassicurante degli ultimi dieci anni, l’#donmatteo10 è diventato tendenza su twitter e numerosi sono stati anche i commenti arrivati da personalità del mondo religioso che hanno manifestato particolare contentezza per aver ritrovato nelle parole del parroco di Spoleto, interpretato dallo storico Terence Hill, la parola di Dio e chiari riferimenti alle Catechesi di Papa Francesco e al tema attualissimo della Misericordia. 
La Chiesa di Don Matteo è la stessa desiderata da Papa Francesco: “La Chiesa – ha detto Bergoglio davanti a centomila persone in piazza San Pietro il 3 ottobre 2015 alla vigilia dell’apertura del Sinodo straordinario sulla famiglia – è una casa aperta che accoglie chi ha il cuore ferito”. Don Matteo nel primo episodio trasmesso ieri sera citando Papa Francesco ha parlato del perdono e di come non ci si debba mai stancare di accogliere il prossimo.
La televisione è senza dubbio un potente acceleratore del cambio sociale ma si presenta, con la nostalgia di quello stile democristiano che l’ha caratterizzata per decenni, anche nelle vesti di un precettore che ha il compito di educare chi non lo fa autonomamente: se un operaio non ha il tempo a sua disposizione per informarsi dovutamente o per ampliare la propria cultura, alla sera sarà proprio il piccolo schermo Rai a svolgere un’operazione di “indottrinamento” socio-cattolico. Da una ricerca condotta da Giuliano Vigini, uno dei massimi esperti italiani del mercato librario, è risultato infatti che la maggior parte della popolazione italiana non legge neppure un libro. I settimanali più venduti non toccano le 500.000 copie; i mensili più venduti arrivano (calcolando anche il formato digitale) alle 300.000 copie raramente. Risultati opposti si ravvisano invece per il cinema e per la televisione: difatti un programma televisivo di successo supera i 7 milioni di spettatori (si pensi alle fiction Rai sulla famiglia come Un medico in famiglia, Una grande famiglia, Tutto può succedere, o ancora Don Matteo, per contemplare anche i successi esclusivi come Padre Pio, la fiction di maggior ascolto del 2000, Papa Giovanni andata in onda nel 2002, Preferisco il Paradiso su San Filippo Neri, Maria di Nazareth).
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La verità è che agli italiani piace ritrovare sé stessi dall’altra parte dello schermo e se Rai1 trasmette una fiction i cui protagonisti sono un sacerdote e un maresciallo dell’Arma dei Carabinieri, con tanto di contesto cittadino che rassicura e non spaventa, essi si raccolgono piacevolmente attorno a quel focolare domestico che è la televisione. La televisione “di una volta”. Quando si parla in questi termini, che richiamano la tradizione e appunto la famiglia, non si può non lanciare uno sguardo – seppure furtivo – alle tematiche sociali affrontate in questi ultimi due anni dalla Chiesa cattolica, nel magistero di Papa Francesco, il quale sin da subito ha voluto volgere lo sguardo del “popolo di Dio” verso isole fondamentali della vita cristiana (parafrasando Inside Out, film d’animazione della Pixar Animation Studios e distribuito dalla Walt Disney Pictures nel 2015) senza le quali ogni uomo sarebbe connotato da indifferenza e aridità dei sentimenti. Pertanto, stando ai palinsesti Rai presentati nel settembre scorso sembrerebbe che l’opera sinodale continuerà sul piccolo schermo ancora per molto, perché laddove l’elites delle comunicazioni non arrivano adeguatamente interviene la televisione “popolare” che passa attraverso fiction serali e programmi televisivi del primo pomeriggio un preciso messaggio cattolico.
In questo modo le parole pronunciate dal Papa a Santa Marta o in Piazza San Pietro diventano parte viva del “racconto” della società, dei suoi dilemmi etici e del suo orizzonte di attese e di speranze, interpretando il vissuto di un intero Paese e causando una sorta di “risveglio” e di presa di coscienza di sé stessi.

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