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La Messa di Papa Francesco a Bucarest: ‘Se non abbiamo gioia, la fede vacilla!’

Celebrazione della Santa Messa di Papa Francesco a Bucarest: non scartare ed etichettare, «uscire dalle nostre chiusure». E sulle donne: non temono di «rimboccarsi le maniche», sanno sperare «contro ogni speranza»

Maria cammina, incontra, gioisce

Nel Magnificat pronunciato da Maria, la Vergine si fa portatrice di speranza per gli umili e il Papa di lei indica ai fedeli tre aspetti: Maria cammina, Maria incontra, Maria gioisce. I Vangeli ci riferiscono diversi viaggi compiuti da Maria e, sottolinea il Papa, “non sono stati mai percorsi facili, hanno richiesto coraggio e pazienza”.

Ci dicono che la Madonna conosce le salite, conosce le nostre salite: ci è sorella nel cammino. Esperta nel faticare, sa come prenderci per mano nelle asperità, quando ci troviamo davanti ai tornanti più ripidi della vita. Come buona madre, Maria sa che l’amore si fa strada nelle piccole cose quotidiane.

Dopo aver lasciato la nuova Cattedrale Ortodossa di Bucarest, il Santo Padre Francesco si è recato nella Cattedrale di San Giuseppe per la Celebrazione della Santa Messa. Al Suo arrivo è accolto all’ingresso della Cattedrale dal Vescovo Ausiliare di Bucarest, S.E. Mons. Cornel Damian, e dal Parroco, che gli porge la croce e l’acqua benedetta per l’aspersione. Quindi alle ore 18.10 (17.10 ora di Roma), il Papa presiede la Celebrazione Eucaristica nella Festa della Visitazione della Beata Vergine Maria. Dopo la proclamazione del Vangelo, il Santo Padre pronuncia l’omelia. Al termine della Santa Messa, S.E. Mons. Ioan Robu, Arcivescovo di Bucarest, rivolge al Papa il suo saluto. 


Quindi, dopo la benedizione finale e dopo aver salutato alcune persone in sagrestia, Papa Francesco si trasferisce in papamobile alla Nunziatura Apostolica dove, prima di cena, incontra in forma privata i membri della Compagnia di Gesù.


Omelia del Santo Padre Francesco


Il Vangelo che abbiamo ascoltato ci immerge nell’incontro di due donne che si abbracciano e riempiono tutto di felicità e di lode: esulta di gioia il bambino ed Elisabetta benedice la cugina per la sua fede; Maria canta le meraviglie che il Signore ha realizzato nella sua umile serva con il grande inno di speranza per coloro che non possono più cantare perché hanno perso la voce… Canto di speranza che vuole svegliare anche noi e invitarci a intonarlo oggi mediante tre preziosi elementi che nascono dalla contemplazione della prima discepola: Maria cammina, Maria incontra, Maria gioisce.


Maria cammina… da Nazareth alla casa di Zaccaria ed Elisabetta: è il primo dei viaggi di Maria che la Scrittura racconta. Il primo di molti. Andrà dalla Galilea a Betlemme, dove nascerà Gesù; fuggirà in Egitto per salvare il Bambino da Erode; si recherà ancora a Gerusalemme ogni anno per la Pasqua, fino all’ultima in cui seguirà il Figlio sul Calvario. Questi viaggi hanno una caratteristica: non sono stati mai cammini facili, hanno richiesto coraggio e pazienza. Ci dicono che la Madonna conosce le salite, conosce le nostre salite: ci è sorella nel cammino. Esperta nel faticare, sa come prenderci per mano nelle asperità, quando ci troviamo davanti ai tornanti più ripidi della vita. Come buona madre, Maria sa che l’amore si fa strada nelle piccole cose quotidiane. Amore e ingegno materno capace di trasformare una grotta di animali nella casa di Gesù, con poche povere fasce e una montagna di tenerezza (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 286). Contemplare Maria ci permette di rivolgere lo sguardo a tante donne, madri e nonne di queste terre che, con sacrificio e nascondimento, abnegazione e impegno, plasmano il presente e tessono i sogni del domani. Donazione silenziosa, tenace e inosservata, che non teme di “rimboccarsi le maniche” e caricarsi le difficoltà sulle spalle per portare avanti la vita dei propri figli e dell’intera famiglia sperando «contro ogni speranza» (Rm 4,18). È un ricordo vivo il fatto che nel vostro popolo vive e pulsa un forte senso di speranza, al di là di tutte le condizioni che possano offuscarla o cerchino di spegnerla. Guardando Maria e tanti volti materni, si sperimenta e si alimenta lo spazio per la speranza (cfr Documento di Aparecida, 536), che genera e apre il futuro. Diciamolo con forza: nella nostra gente c’è spazio per la speranza. Per questo Maria cammina e ci invita a camminare insieme.


Maria incontra Elisabetta (cfr Lc 1,39-56), già avanti negli anni. Ma è lei, l’anziana, a parlare di futuro, a profetizzare: «colmata di Spirito Santo» (v. 41), la chiama «beata» perché «ha creduto» (v. 45), anticipando l’ultima beatitudine dei Vangeli: beato chi crede (cfr Gv 20,29). Ecco, la giovane va incontro all’anziana cercando le radici e l’anziana rinasce e profetizza sulla giovane donandole futuro. Così, giovani e anziani si incontrano, si abbracciano e sono capaci di risvegliare ognuno il meglio dell’altro. È il miracolo suscitato dalla cultura dell’incontro, dove nessuno è scartato né etichettato, al contrario, dove tutti sono ricercati, perché necessari, per far trasparire il Volto del Signore. Non hanno paura di camminare insieme e, quando questo succede, Dio arriva e compie prodigi nel suo popolo. Perché è lo Spirito Santo Colui che ci incoraggia a uscire da noi stessi, dalle nostre chiusure e dai nostri particolarismi, per insegnarci a guardare oltre le apparenze e regalarci la possibilità di dire bene degli altri – “benedirli” – specialmente di tanti nostri fratelli che sono rimasti esposti alle intemperie, privati forse non solo di un tetto o di un po’ di pane, ma dell’amicizia e del calore di una comunità che li abbracci, che li protegga e che li accolga. Cultura dell’incontro che spinge noi cristiani a sperimentare il miracolo della maternità della Chiesa che cerca, difende e unisce i suoi figli. Nella Chiesa, quando riti diversi si incontrano, quando a venire prima non sono le proprie appartenenze, il proprio gruppo o la propria etnia, ma il Popolo che insieme sa lodare Dio, allora avvengono grandi cose. Diciamolo con forza: beato chi crede (cfr. Gv 20,19) e ha il coraggio di creare incontro e comunione.


Maria che cammina e incontra Elisabetta ci ricorda dove Dio ha voluto dimorare e vivere, qual è il suo santuario e in quale luogo possiamo ascoltare il suo palpito: in mezzo al suo Popolo. Lì abita, lì vive, lì ci aspetta. Sentiamo rivolto a noi l’invito del profeta a non temere, a non lasciarci cadere le braccia. Perché il Signore nostro Dio è in mezzo a noi, è un salvatore potente (cfr Sof 3,16-17). Questo è il segreto del cristiano: Dio è in mezzo a noi come un salvatore potente. Questa certezza, come fu per Maria, ci permette di cantare ed esultare di gioia. Maria gioisce perché è la portatrice dell’Emmanuele, del Dio con noi. «Essere cristiani è gioia nello Spirito Santo» (Esort. ap. Gaudete
et exsultate, 122). Senza gioia restiamo paralizzati, schiavi delle nostre tristezze. Spesso il problema della fede non è tanto la mancanza di mezzi e di strutture, di quantità, nemmeno la presenza di chi non ci accetta; il problema della fede è la mancanza di gioia. La fede vacilla quando ci si barcamena nella tristezza e nello scoraggiamento. Quando viviamo nella sfiducia, chiusi in noi stessi, contraddiciamo la fede, perché anziché sentirci figli per i quali Dio fa grandi cose (cfr v. 49), rimpiccioliamo tutto alla misura dei nostri problemi e ci dimentichiamo che non siamo orfani: abbiamo un Padre in mezzo a noi, salvatore potente. Maria ci viene in aiuto perché, anziché rimpicciolire, magnifica, cioè, “grandifica” il Signore, loda la sua grandezza. Ecco il segreto della gioia. Maria, piccola e umile, comincia dalla grandezza di Dio e, nonostante i suoi problemi – che non erano pochi – sta nella gioia, perché in tutto si fida del Signore. Ci ricorda che Dio può sempre compiere meraviglie se rimaniamo aperti a Lui e ai fratelli. Pensiamo ai grandi testimoni di queste terre: persone semplici, che si sono fidate di Dio in mezzo alle persecuzioni. Non hanno posto la loro speranza nel mondo, ma nel Signore, e così sono andati avanti. Vorrei rendere grazie a questi umili vincitori, a questi santi della porta accanto che ci indicano il cammino. Le loro lacrime non sono state sterili, sono state preghiera che è salita al Cielo e ha irrigato la speranza di questo popolo.


Cari fratelli e sorelle, Maria cammina, incontra e gioisce perché ha portato qualcosa di più grande di sé stessa: è stata portatrice di una benedizione. Come lei anche noi non temiamo di essere portatori della benedizione di cui la Romania ha bisogno. Siate voi i promotori di una cultura dell’incontro che smentisca l’indifferenza e la divisione e permetta a questa terra di cantare con forza le misericordie del Signore.

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