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La fede di noi semplici che lo amiamo e quel manipolo di scellerati contro Papa Francesco

Quattro anni dopo.  Quando la fede cristiana viene soppiantata dall’ideologica religiosa. L’ostilità ecclesiastica militante contro Papa Francesco, nelle sue diverse gradazioni, non ha precedenti nella storia degli ultimi secoli.
La rumorosità invasiva e l’attacco ad alzo zero, il ritmo ossessivo-compulsivo degli attacchi portati in squadra, con collegamenti e rilanci coordinati su scala internazionale, da vera «guerra di liberazione», rivolto contro l’attuale Successore di Pietro da individui e reti coordinate mediatico-clericali ha di certo anche motivazioni prosaiche.

 

Quando Papa Francesco ha fatto saltare gli automatismi che rendevano «cardinalizie» certe sedi episcopali, ha mandato in tilt il laborioso gioco d’incastri con cui le cordate alto-ecclesiastiche «vincenti» avevano già cominciato a piazzare futuri grandi elettori per conclavi dei lustri a venire. Anche le prime nomine episcopali importanti fecero capire che erano almeno in parte saltati i giochi e le affiliazioni con cui da parecchio tempo si selezionavano la maggior parte dei vescovi. Ma questo non spiega tutto.
Per molti versi, l’attacco coordinato e senza tregua delle reti ostili contro Papa Francesco rimane nel mistero, appartiene al mistero stesso della Chiesa. In certe operazioni condotte da apparati clerical-mediatici – interconnessi e ben foraggiati – contro Bergoglio si avverte un odio religioso contro l’attuale vescovo di Roma che non rientra nel livello «fisiologico» delle obiezioni, delle critiche o delle insofferenze che possono essere rivolte anche a un Papa. Sembra per analogia ripetersi lo «svelarsi dei cuori» raccontato nei vangeli, quello degli uomini religiosi che sequestravano anche la Legge di Dio per allontanare l’autorità di Gesù dal popolo, e gli tendevano tranelli per coglierlo in contraddizione.
Rigorismo dottrinale secolarizzato
Questo inedito disprezzo verso il Papa dei nuovi auto-eletti sant’uffizi virtuali a caccia delle sue presunte defaillances dottrinali è il segno che proprio in quei settori, dottrinalmente così agguerriti, la familiarità «istintiva» all’esperienza cristiana e alla stessa dottrina cattolica è stata tacitamente soppiantata da una ideologia religiosa, infiorata di parole e formule cristiane, che ne ha atrofizzato il più minimale e germinale sensus fidei. Una secolarizzazione intima, occultata sotto le esibizioni muscolari di rigorismo dottrinale, più devastante di tutte quelle favorite dai condizionamenti culturali di matrice mondana (relativismo e nichilismo compresi), proprio perchè avvenuta all’ombra dell’ideologia «cristianista» (Rémi Brague). La campagna concertata e no-stop delle brigate anti-Bergoglio, misteriosa nella sua radice, si muove strategicamente lungo direttrici brevettate. I punti su cui concentra i suoi colpi sono facilmente individuabili. In primis, puntano a esasperare la polarizzazione pro/contro Papa Francesco, concentrare l’attenzione e fomentare la battaglia intorno alla sua persona. Vogliono far passare l’idea che nell’attuale stagione ecclesiale tutto sia riconducibile in ultima istanza a una questione di «gusti», opinioni e inclinazioni personali legati alla personalità di Bergoglio, e che quindi la partita globale in atto consista nell’allinearsi o nel contrapporsi alle «idee» del Papa argentino, ai suoi interiori orientamenti individuali, perfino ai suoi vezzi e alle sue impuntature.






L’insistenza sulle origini gesuite e argentine
Come volani di questa «reductio», vengono utilizzati i riferimenti martellanti alla provenienza latinoamericana e gesuitica di Papa Bergoglio. Si insiste su questi due tratti, spacciandoli come uniche matrici genetiche di ogni gesto e di ogni scelta dell’attuale vescovo di Roma. La «gesuitizzazione» e la «latinoamericanizzazione» di Bergoglio aiutano a ingabbiarlo in stereotipi e schemi prefissati, a spacciare come radice di tutte le sue mosse – compresi i suggerimenti di riforma e cambiamento – il meccanico e scontato ricorso ai suoi due archetipi, quello ignaziano e quello argentino. Anche certi «tifosi bergoglisti» – come si vedrà – sponsorizzano come coordinate interpretative esclusive del pontificato le due pur innegabili connotazioni personali, quella gesuitica e quella bonaerense. E così, contribuiscono indirettamente alle operazioni di chi punta a mettere in ombra l’elementarità evangelica e sacramentale riproposta da Bergoglio come via di rinnovamento e ringiovanimento costante della Chiesa. L’eccesso di attenzione concentrato solo sul Papa, isolato dalla Chiesa, alla lunga finisce sempre per generare distorsioni e favorire operazioni manipolatorie. I manganellatori professionalizzati del Papa regnante cavalcano l’enfasi sulla sua eccezionalità «innovativa», si vantano di «smascherarla» nelle sue matrici genetiche gesuitico-argentine, per poi incriminarlo di discontinuità e di potenziale «deviazione» rispetto ai suoi due ultimi predecessori.

Un circuito che si auto-alimenta
Tutte le accuse para-dottrinali rivolte a Papa Francesco non hanno alcun legame genealogico, neanche lontano, con la Tradizione e dalla grande disciplina della Chiesa, e tanto meno attingono al magistero autentico degli ultimi Papi. Il Vescovo di Roma entra nel mirino dei nuovi piccoli e grandi inquisitori semplicemente perché non è «allineato» con le parole d’ordine del partito ecclesiastico dominante negli ultimi decenni. Quello che durante i pontificati di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI ha distillato un apparato ideologico-dottrinale di marca neo-conservatrice, si è posto come depositario dell’ermeneutica «vincente» dei due ultimi pontificati, e nell’imbarbarimento globale del confronto ecclesiale online si affanna a spacciare il proprio armamentario di politica ecclesiastica come nuovo metro di misura dell’ortodossia e dell’orto-prassi ecclesiale. Per questo il punto di caduta delle strategie organizzate contro Papa Francesco punta a leggere tutti i suoi gesti e le sue parole secondo le griglie polarizzanti di fattura anglosassone – liberal/conservative, progressista/tradizionalista: è quello l’unico «combinato disposto» entro cui i pasdaran anti-Papa si muovono a loro agio, l’unico circuito chiuso e auto-alimentato in cui riescono a far funzionare i loro giochi di ruolo clericali.
Stare a ciò che il Papa dice davvero
Basterebbe stare alle cose che Papa Francesco dice e compie davvero, e magari seguire l’istinto della fede dei semplici che hanno riconosciuto il suo cuore di pastore, per non angustiarsi troppo delle tante livorose operazioni anti-Bergoglio, e lasciarle risucchiare nel gorgo delle auto-occupazioni clericali. Sennonché, a fornir loro argomenti e una paradossale manforte, trovano frotte di entusiasti aedi del «nuovo corso» bergoglista.




Seconda puntata dell’analisi di Gianni Valente. Fonte: www.lastampa.it

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