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Il 26 novembre 2010 veniva uccisa Yara Gambirasio. Si può considerare una martire?

Il 26 novembre 2010 veniva uccisa Yara Gambirasio. Si può considerare una martire?

Secondo noi si, a tutti gli effetti. Vergine e martire. La storia di Yara Gambirasio è accaduta cento anni dopo quella di Maria Gorettima non ci sono grandi differenze. Anche lei è stata selvaggiamente uccisa con un coltello per essersi opposta a un tentativo di stupro.

Yara nacque a Bergamo il 21 maggio 1997, battezzata ed educata nella fede cattolica, non solo frequentava la parrocchia e una scuola cattolica, ma aveva ricevuto da poco la cresima. 

piccola yara - bossetti assassino

Il caso ha assunto una grande rilevanza mediatica, oltre che per la giovane età della vittima, per l’efferatezza del crimine e per diversi avvenimenti nel corso delle indagini, come l’arresto e il successivo proscioglimento di un primo sospettato, le circostanze del ritrovamento del corpo e le complesse modalità per l’individuazione dell’omicida. Il relativo procedimento giudiziario si è concluso in primo grado il 1º luglio 2016 con la sentenza di ergastolo per Massimo Giuseppe Bossetti, riconosciuto come unico colpevole.

Venerdì 26 novembre 2010Alle 18:44 Yara lascia da sola il Centro Sportivo di Brembate di Sopra dove si allena in ginnastica ritmica. La sua casa dista 700 metri, ma la ragazza non vi arriverà mai, poiché le sue tracce vengono perse poco dopo. Alle 18:49 il suo telefonino viene agganciato dalla cella di Mapello, a tre chilometri da Brembate, dopodiché il segnale scompare.

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Il 5 dicembre viene fermato a bordo di una nave diretta a Tangeri e indagato l’operaio marocchino Mohammed Fikri, che lavora in un cantiere edile di Mapello, dove i cani molecolari sembrano aver rilevato l’ultima traccia di Yara. L’operaio è incriminato per un’intercettazione telefonica ambientale nella sua lingua, rivelatasi poi priva di valore a causa di una traduzione errata. L’immigrato risulterà del tutto estraneo alla vicenda e riuscirà a dimostrare che il suo viaggio in Marocco era stato programmato da tempo; la sua posizione verrà così archiviata.

Il corpo di Yara viene ritrovato casualmente solo tre mesi dopo, il 26 febbraio 2011, da un aeromodellista in un campo aperto a Chignolo d’Isola, distante 10 chilometri circa da Brembate di Sopra in direzione sud-ovest. Vengono rilevati numerosi colpi di spranga sul corpo, un trauma cranico (inferto probabilmente con un sasso), una profonda ferita al collo e almeno sei ferite da arma da taglio sul corpo, tuttavia non letali. Nei mesi seguenti si ipotizza che la morte sia sopraggiunta in un momento successivo all’aggressione, a causa del freddo e dell’indebolimento dovuto alle lesioni. Sul corpo non appaiono segni di violenza carnale.

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Il 28 maggio si svolgono i funerali nel centro sportivo, seguiti da migliaia di persone e celebrati dal vescovo di Bergamo Francesco Beschi. Viene anche letto un messaggio del presidente della Repubblica. Lo scrittore e giornalista Roberto Saviano ipotizza nel frattempo un possibile coinvoglimento della criminalità organizzata e del traffico di cocaina nei cantieri edili del bergamasco, ma la pista si rivela infondata. Saviano afferma che il padre di Yara, il geometra Fulvio Gambirasio, avesse testimoniato contro imprenditori collusi con la camorra e che il rapimento (degenerato in delitto) fosse una ritorsione malavitosa, ma la circostanza è smentita. Le indagini sono poi proseguite a fondo, senza però dare nuovi sviluppi per oltre tre anni per carenza di indizi.

Il 16 giugno 2014 viene arrestato Massimo Giuseppe Bossetti, un muratore incensurato di 44 anni. A lui si è arrivati con non poche difficoltà, attraverso un’esame del DNA, che però non è ritenuto sufficientemente attendibile dalla difesa. La moglie di Bossetti afferma che il marito era con lei a casa la sera del delitto, mentrela sorella gemella denuncia misteriose aggressioni, che per la procura sono infondate. La difesa di Bossetti convoca ben 711 testimoni, sostenendo che Yara sia rimasta vittima di bullismo.

Solo il 1º luglio 2016 la Corte d’Assise di Bergamo condanna Massimo Bossetti all’ergastolo per l’omicidio di Yara Gambirasio. La Corte riconosce inoltre l’aggravante della crudeltà e revoca a Bossetti la patria potestà sui suoi tre figli.

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