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I vescovi Centrafricani: ‘perché l’ONU non difende i civili?’

Dopo l’attacco letale a una parrocchia cattolica di Bangui, che ha causato la morte di almeno 14 persone e un sacerdote, insieme al rapimento di altre, la Chiesa cattolica del Centrafrica si è esposta chiedendo alle Nazioni Unite di fare di più perché le sue forze dispiegate sul campo siano efficaci nel riportare pace e stabilità. «Le forze internazionali che sono già qui e i rinforzi che sono attesi hanno ricevuto da una risoluzione Onu il mandato di disarmare le milizie irregolari, usando tutta la forza necessaria», ha ricordato monsignor Cyriaque Gbate Doumalo, segretario generale della Conferenza episcopale del Centrafrica. «Ma i soldati mostrano di non essere interessati e noi non capiamo a che gioco stiano giocando». Le truppe africane, ad esempio, «erano dispiegate di fianco alla parrocchia [Nostra Signora di Fatima, dove è avvenuto l’attacco] e hanno permesso che questo atto orribile avesse luogo. Se non proteggono la popolazione civile, qual è il senso della loro presenza qui?». Non è chiaro chi sia stato a lanciare una granata nel cortile della parrocchia lo scorso 28 maggio, ma secondo il segretario generale «è chiaro dalle testimonianze di chi c’era che sono stati i musulmani», probabilmente le milizie Seleka, che si stanno riorganizzando dopo aver dato il via alla guerra civile nel marzo del 2013.

«Abbiamo avvertito ripetutamente le più alte autorità che mercenari del Ciad e del Sudan si nascondono in questo distretto. Anche se non siamo così terrorizzati da abbandonare la pratica della nostra fede cristiana, c’è paura e tensione tra i cattolici ora, insieme a rabbia e costernazione». Monsignor Doumalo sottolinea infine che ad ogni modo «il conflitto non è religioso ma politico, altrimenti vedreste i cristiani sollevarsi guidati in testa dai loro pastori. Invece i leader religiosi cristiani e musulmani devono continuare a lavorare insieme per riportare la pace nonostante questi attacchi deprecabili». Il Centrafrica oggi è a «rischio genocidio» ed è in guerra dal marzo 2013, quando la coalizione di ribelli Seleka guidata da Djotodia ha deposto il presidente Bozizé. Sono seguiti otto mesi di violenze e persecuzioni di cristiani. Dopo l’intervento della comunità internazionale, Djotodia è stato deposto ma milizie animiste e in minima parte cristiane, gli anti-balaka, che significa “antidoto”, hanno cominciato a vendicarsi sui musulmani delle violenze ricevute. Oggi anche i Seleka si sono riorganizzati e gli scontri non sembrano avere fine. di Leone Grotti 

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