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Giorno di grazia. Anniversario della vestizione religiosa di san Pio da Pietrelcina. Era il 22 gennaio 1903!

Era il 22 gennaio 1903, quando il piccolo Francesco Forgione (aveva 15 anni) riceve le sacre lane della prova (l’abito cappuccino). L’anno successivo, 22 gennaio 1904 (era un venerdì…), fra Pio da Pietrelcina, emette la professione semplice dei voti di obbedienza, povertà e castità, nelle mani del padre Francesco Maria da S. Elia a Pianisi.

Il convento di Morcone
Il convento di Morcone

 Che cosa rappresentano per un frate questi due avvenimenti? La vestizione e la professione dei voti, sono quei momenti vocazionali che ognuno di noi porta scolpiti indelebilmente nella parte più nascosta del cuore, perché accade ciò che oggi è successo agli apostoli nel vangelo, anche noi, salendo sul monte (che rappresenta la vita del noviziato)  ci sentiamo chiamati per nome dal Maestro, che ci invita a  fare una esperienza forte ed intima con Lui: <<chiamò a se quelli che voleva, perché stessero con Lui>>. Questa è la vocazione, questa è l’esperienza di san Pio, questa è l’esperienza meravigliosa di ogni consacrato.

Ma torniamo al nostro caro santo. Erano le nove del mattino del 22 gennaio 1903, quando il giovane Francesco Forgione, dinanzi all’altare maggiore del convento di Morcone, luogo del  santo noviziato della provincia dei cappuccini di sant’Angelo-Foggia, riceve l’abito della prova e un nuovo nome, non più Francesco Forgione, ma Fra Pio da Pietrelcina. Così per lui, ed altri tre giovani, fra Filippo da Pietrelcina, fra Sebastiano da Campobasso e fra Anastasio da Roio, inizia l’anno del Sacro noviziato, l’anno della prova, che forgerà il cuore di questi giovani, preparandoli alla professione dei Voti. Per fra Pio, inizia una scalata verso la vetta altissima della santità, un novizio come tutti gli altri, ma “messo da parte” dal Signore per grandi progetti.

La vita nel noviziato di allora è molto semplice e austera.  Silenzio perpetuo, preghiera continua, vita penitenziale e giovialità fraterna che rende il gruppo dei frati come una piccola famiglia. Alcune testimonianze dei confratelli del santo ci descrivono la sua preghiera intensa già nei primi mesi di noviziato, preghiera che il fraticello esile e compito di Pietrelcina, prolunga oltre i tempi canonici prescritti dalla regola. Lunghe meditazioni sulla passione di Gesù, contemplando il grande crocefisso presente nel coro del convento, con una particolarità, la sua preghiera era accompagnata dalle lacrime.  Il suo cuore adolescenziale, si sentiva così coinvolto in quei misteri che non riusciva a trattenere il pianto, tanto da creare, sul pavimento di legno, ci dice p. Placido, una grande macchia.

Certamente, se non per la virtù dell’umiltà, almeno per vergogna e per evitare le burle dei compagni, fra Pio quando si inginocchiava stendeva a terra dinanzi a se un fazzoletto, evitando così la macchia sul pavimento. Questa potrebbe sembrare l’icona di un uomo privilegiato, cui, già dai primi anni di vita è stata servita la santità su un pitto d’argento, senza fatica e senza lotta. Non è così. Anche se giovane, Francesco Forgione aveva un animo forte, educato alla preghiera e alle “cose dello Spirito” dalla sua famiglia di origine e dal parroco del paese. A quindici anni Francesco è capace di dire sì al Signore, dopo lunghi tormenti e crisi vocazionali. Vent’anni dopo, in una lettera ad una sua figlia spirituale, l’insegnante Nina Campanile, sarà lui stesso a descriverci quei momenti: << Dio mio! Chi potrà ridire quell’interno martirio che in me si svolgeva? Il solo ricordo di quella lotta …mi fa agghiacciare il sangue nelle vene, ed ormai sono trascorsi vent’anni. Sentivo la voce del dovere d’ubbidire a te, o Dio vero e buono! Ma i nemici tuoi e miei mi tirannegiavano, mi slogavano le ossa, mi dileggiavano e mi contorcevano le viscere!>>.

Un giovane 'Padre Pio'
Un giovane ‘Padre Pio’



Il giovane, timoroso ma innamorato di Dio, dice il suo eccomi alla vocazione cappuccina, si fida del Maestro. Certo, ha paura , avverte la nostalgia della famiglia e i disagi della povertà e rigidità cappuccina, ma dice di si per amore, solo per puro amore. L’anno trascorre, nella ordinarietà della regolare osservanza di allora, tutto allo stesso orario, sempre le stesse preghiere, occhi sempre bassi, ed in cella pochissimi libretti di devozione e di spiritualità cappuccina. Ma la vocazione ha la grazia di andare oltre il piccolo mondo razionale dell’umano, la vocazione vive nel cuore del mondo, e anche tra le piccole pareti di una cella, nei corridoi angusti e bianchi di un convento, tra le barbe bianche e severe dei frati anziani, ti senti vivo e felice, perché sei in comunione con il Padre, sei sul monte, scelto e chiamato da Gesù! L’anno del noviziato di san Pio è ricco di particolari aneddoti, trasmessi dai confratelli, ma lo spazio di un articolo non permette di scrivere tutto. Ma un episodio bello e intimo, ci descrive san Pio novizio, come custode della vocazione, non solo sua, ma anche dei suoi compagni di cammino.

Era una giornata rigida e fredda, i piedi scalzi dei novizi erano quasi di ghiaccio, la fame si faceva sentire, e il sonno perso per le lunghe veglie stremava il corpo dei giovani frati; fu in un momento di crisi, che fra Anastasio confidò a fra Pio di voler lasciare il convento e tornare a casa. Ma sapientemente, con la semplicità schietta del cuore, il santo confratello prontamente risponde: <<Ma che dici? Abbiamo fatto tanto per venire qui ed ora dobbiamo andar via? Ah non sia mai! Con l’aiuto della Madonna e di san Francesco ci abitueremo anche noi come hanno fatto gli altri. E che forse tutti questi che sono in convento non erano come noi? Nessuno è nato monaco fatto!>>.

Queste parole rimasero indelebili nel cuore inquieto di fra Anastasio, tanto da tramandarle fino a noi. Giunse così, nell’incedere del tempo, scandito dalla piccola campana del convento, con i ritmi lenti e solenni della vita cappuccina, la mattina del 22 gennaio 1904. La notte precedente, fra Pio la trascorse in preghiera e agitazione. Questo momento può capirlo bene chi l’ha vissuto! Chissà quanti pensieri, quanti ripensamenti, quanti “ma” e quanti “se”. Ma Pio è forte, la preghiera e la fiducia in Dio sono la sua arma. Non si scoraggia e compie il passo decisivo. Alle 11,45 fra Pio, insieme ai confratelli, si presenta ai piedi dell’altare, e inginocchiato, nelle mani del superiore si consacra a Dio, promettendo di seguire il Vangelo alla scuola del Poverello di Assisi. Alla semplice celebrazione erano presenti, oltre alla famiglia religiosa del convento, anche alcuni parenti di fra Pio, tra cui la mamma estremamente commossa. Dopo il rito, in un lungo abbraccio materno, tra le lacrime, la mamma esclama: <<Figlio mio, ora si che sei figlio tutto di san Francesco: e che ti possa benedire>>.

Così finisce l’anno della prova, il cuore dei fraticelli e tutto ricolmo di gioia e letizia francescana, gli insegnamenti del noviziato rimarranno per sempre nella mente e nella vita del santo, non come regole rigide e imposte dai superiori, ma come la scuola esigente del vangelo, che chiede ai discepoli del Signore di attraversare la porta stretta ,per giungere alla piena vocazione di tutti, la santità. Concludo con un altro stralcio della lettera/testimonianza che san Pio scrive alla sua figlia spirituale, con l’intenzione di preghiera in questo giorno, che siano tanti i giovani che ancora aggi accolgono l’invito del Signore a stare con lui sul monte, confortati dall’espressione del nostro Padre Pio, che nessuno nasce monaco fatto! << Una voce mesta, ma dolcissima faceva eco nel mio povero cuore, era la voce del Padre amoroso… che voleva staccato il cuore del figlio da quegli amori infantili, innocenti. Era la voce del Padre amoroso, che sussurrava alle orecchie del cuore del figlio di staccarsi del tutto dalla creta, dal fango, e gelosamente consacrarsi interamente a Lui.>>




di Fra Daniele Moffa, cappuccino

1 COMMENTO

  1. Boa Tarde.
    Hoje são poucos ou nenhuns que se deixam um caminho de riqueza para se entregar à missão de pobreza, porque o egoísmo não deixa que o ser humano fique dócil, amável, carinhoso! Fico triste em dizer estas palavras, mas não vejo jeito de muitos amolecer seu coração em favor de fazer o bem, ajudar o próximo, deixar de egoísmos porque este mundo não é nosso, e todos podíamos viver uma vida mais justa, mas pela cobardia de uns, pela ganância muitos vivem sem pão, isso não é justo. Venha o Senhor, pois ele é Rei da Glória, e nos pede para sermos humildes mansos.

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