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Giornata mondiale del rifugiato: per Papa Francesco chi bussa alla nostra porta, ci fa vedere Gesù

Si celebra oggi in tutto il mondo la Giornata Mondiale del rifugiato, indetta dalle Nazioni Unite con lo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica sul dramma di milioni di persone in fuga dalla violenza e dalle guerre. Ripercorriamo gli interventi più importanti sul tema del Papa che oggi ha lanciato anche due tweet

Benedetta Capelli – Città del Vaticano

Speranza, fiducia e fratellanza: sono le parole che spesso Papa Francesco ha ripetuto, dall’inizio del suo magistero, parlando del dramma dei rifugiati e dei profughi. In tutto il mondo oggi si celebra la Giornata Mondiale del Rifugiato indetta dalle Nazioni Unite per non dimenticare il dramma di oltre 66 milioni di persone che nel mondo sono costretti a lasciare il proprio Paese per fuggire da guerre, violenze, miseria. Due oggi i tweet del Papa in occasione di questa Giornata: “Incontriamo Gesù nel povero, nello scartato, nel rifugiato. Non lasciamo che la paura ci impedisca di accogliere il prossimo bisognoso!” e “La dignità della persona non dipende dal suo essere cittadino, migrante o rifugiato. Salvare la vita di chi scappa dalla guerra e dalla miseria è un atto di umanità”.

Accogliere, proteggere, promuovere e integrare

Papa Francesco nel messaggio per la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato 2018 ha ricordato che “ogni forestiero che bussa alla nostra porta è un’occasione di incontro con Gesù”. L’attenzione del Pontefice si è poi focalizzata sull’accoglienza, chiedendo di favorire i ricongiungimenti famigliari; sulla protezione perché siano promosse azioni in difesa dei diritti e della dignità di migranti e rifugiati; sulla necessità di mettere i rifugiati in condizione di realizzarsi come persone infine l’integrazione per formare una società “riflesso dei multiformi doni di Dio agli uomini”.
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Da Lampedusa a Lesbo per ascoltare i loro drammi

Nei 5 anni di Pontificato, Francesco ha toccato con mano il dramma dei migranti. Ha ascoltato a Lampedusa i racconti di chi ha messo in gioco la propria vita per avere una porta aperta verso il futuro. Lo stesso ha fatto a Lesbo, asciugando le lacrime di uomini e donne lontani dalla propria famiglia. Ha dato speranza ad alcuni di loro, offrendo l’occasione per ripartire perché, come ha detto all’udienza generale del 22 giugno 2016, i rifugiati non sono degli esclusi ma dei fratelli. “Il cristiano dà posto a tutti, lascia venire tutti”.

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