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In Giordania oggi campane a morto, messe e preghiere per il pilota arso vivo dai jihadisti

180141049-36ea7a94-6d53-4d00-bec1-447931a06907Nella giornata di oggi le campane di tutte le chiese cattoliche sparse per il Regno Hascemita suoneranno a morto in segno di lutto per il raccapricciante omicidio di Muath al-Kaseasbeh, il 26nne pilota giordano finito nelle mani dei jihadisti dello Stato Islamico che il 3 gennaio scorso lo hanno arso vivo dopo averlo cosparso di liquido infiammabile mentre era chiuso in una gabbia e ieri hanno diffuso online il video della barbara esecuzione.

Lo riferisce all’Agenzia Fides l’Arcivescovo Laroun Lahham, Vicario patriarcale per la Giordania del Patriarcato latino di Gerusalemme. “Nella giornata di oggi, alle ore 18 – aggiunge l’Arcivescovo Lahham – in tutte le parrocchie giordane, in contemporanea, si celebreranno messe di suffragio e si reciteranno preghiere per il soldato. Poi una delegazione ufficiale della Chiesa cattolica si recherà a presentare le proprie condoglianze alla famiglia e alla tribù a cui apparteneva Muath”.

L’esecuzione del pilota ha suscitato un’ondata di sdegno in tutta la nazione. I capi religiosi invitano in maniera unanime i cittadini a rimanere saldi nella prova e a custodire l’unità nazionale stringendosi intorno a Re Abdallah II.
Il pilota era stato catturato il 24 dicembre a Raqqa, dopo che il suo aereo, impegnato a bassa quota contro le postazioni anti-aeree dello Stato islamico, era precipitato. Poco dopo la cattura, sui siti jihadisti si era aperto un sondaggio per decidere in che modo il prigioniero dovesse essere ucciso. Dopo la diffusione del video, il governo giordano ha fatto giustiziare i jihadisti Sajida al-Rishawi e Ziad al-Karbouli, detenuti nelle prigioni del Regno. La donna era stata condannata a morte per il suo ruolo negli attentati del 2005 ad Amman, in cui morirono 60 persone, e negli ultimi giorni era stata al centro di una trattativa tra il governo giordano e i miliziani dello Stato Islamico, volta alla liberazione del pilota Muath al-Kaseasbeh (che in realtà era stato già giustiziato pochi giorni dopo la sua cattura)

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