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Giappone: 10 giorni per la pace, in ricordo di Hiroshima e Nagasaki

“La costruzione della pace inizia da noi stessi”: si apre così il messaggio che la Conferenza episcopale del Giappone ha diffuso in vista della commemorazione delle vittime dei bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki, avvenuti il 6 ed il 9 agosto del 1941. Da 35 anni, infatti, la Chiesa nipponica celebra, dal 6 al 15 agosto, dieci giorni per la pace, un’iniziativa nata dopo l’appello alla riconciliazione lanciato da San Giovanni Paolo II proprio ad Hiroshima, il 25 febbraio 1981.

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Pregare ed agire per la pace
“Dobbiamo pregare per la pace, imparare a pensare alla pace ed a fare tutto ciò che è necessario ad essa”, si legge nel messaggio a firma di mons. Joseph Mitsuaki Takami, arcivescovo di Nagasaki e presidente dei vescovi. “La pace nel mondo è andata in frantumi – sottolinea il presule – ed è costantemente minacciata da avvenimenti come la guerra in Siria, il terrorismo fondamentalista, i conflitti armati per il controllo delle risorse”. Il pensiero del vescovo va poi alle tante persone, “tra cui donne e bambini”, che vengono uccise, ferite, costrette alla fuga, “private di una vita normale e della vita stessa”. Di qui, l’appello alla preghiera affinché si giunga “alla riconciliazione e lo spirito di pace si diffonda in tutto il mondo”.

Non si può restare indifferenti di fronte alla violenza
Auspicando, quindi, “un mondo senza armi nucleari”, anzi “un mondo senza alcun tipo di armi e di violenza”, la Chiesa di Tokyo richiama l’importanza di tutelare il bene comune ed i più vulnerabili della società, come scritto da Papa Francesco nel Messaggio per la Giornata mondiale della pace 2016. In quest’ottica, i vescovi sottolineano che “non si può restare indifferenti di fronte ad omicidi, discriminazioni basate su nazionalità, cultura o sesso, violenze domestiche, manifestazioni di odio o molestie sessuali” che si verificano in Giappone e di fronte alle quali bisogna “prendere misure adeguate”. L’esortazione è anche a “non abbassare la guardia” in relazione alle leggi sulla sicurezza nazionale ed alla proposta di modifica della Costituzione “che coinvolgeranno inevitabilmente il popolo giapponese in un ciclo di violenza”.

Valorizzare la dignità di ogni essere umano
Il riferimento di mons. Takami è chiaro: il 30 marzo scorso, infatti, è entrata in vigore una nuova legge che consente al Giappone di impiegare le proprie forze armate in missioni militari all’estero, segnando un cambiamento epocale rispetto alla Costituzione nazionale, che vieta espressamente l’uso delle forze armate nipponiche al di fuori dei confini nazionali. Di qui, il richiamo della Chiesa nipponica al significato cristiano della parola pace che implica “la valorizzazione della dignità della vita di ciascuno e lo sviluppo di rapporti di prossimità con Dio e con gli altri”.

Non c’è pace dove c’è emarginazione
“Dobbiamo sforzarci di non escludere nessuno, ma amare, perdonare ed accettare l’altro”, perché “non c’è pace là dove qualcuno è emarginato, dominato, privo di rispetto o discriminato”. Infine, la Conferenza episcopale giapponese ricorda che “bisogna iniziare a costruire la pace dentro di noi. Tutti possiamo farlo e tutti dobbiamo farlo, perché questa è la via sicura per realizzare la pace in tutto il mondo”. (I.P.)

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