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Giacomino, capotreno per un giorno prima di morire a tre anni

La storia del piccolo Giacomo, un bimbo di tre anni affetto da leucemia in fase di inarrestabile progressione. Aveva un solo sogno: fare il capotreno. E il comitato Maria Letizia Verga, con Trenord, lo hanno realizzato.

giacomino capotreno

Giacomino voleva soltanto una cosa. Forse anche lui, in cuor suo, sapeva che non avrebbe potuto vincere una battaglia che a tre anni non avrebbe mai dovuto affrontare. E per questo chiedeva solo di sorridere, di essere felice, di essere amato. 

E a mamma e papà, col suo sorriso splendente, confessava un piccolo segreto, un piccolo desiderio: fare il capotreno, almeno per un minuto. Indossare quel cappello un po’ troppo grande per la sua testa, mettere al collo quel fischietto e tenere in mano il “volante” del treno. Almeno questo a Giacomino lo si doveva. E, almeno questo, a Giacomino è stato dato. 

Nei mesi scorsi, il comitato Maria Letizia Verga e Trenord hanno fatto in modo che il sogno di un bimbo malato di leucemia diventasse realtà. Giacomo è salito su un treno in partenza da Monza alle 11.33 e ha “tenuto i comandi” fino alle 11.54, quando il Besanino è arrivato nella stazione di Macherio. 

“Il suo sorriso – racconta il dottor Momcilo Jankovic sul notiziario del Comitato – è stato unico ed inimitabile. Tutto è stato meraviglioso”. 

Esaudito il suo sogno, poi, Giacomino è volato via. Tutta colpa di quella leucemia in “fase di inarrestabile progressione” che non gli ha lasciato scampo. Ma che ha lasciato negli occhi e nel cuore di mamma e papà tante “foto” di quei sorrisi che il piccolo non negava a nessuno. 

Giacomino “ha affrontato ricoveri di mesi sempre sorridendo e felice – scrivono i genitori in una lettera indirizzata al Comitato Maria Letizia Verga per ringraziarli della loro vicinanza e del loro lavoro -. Perché era felice pur essendo chiuso in una stanza di ospedale? Perché con lui c’erano sempre la mamma, il papà e i nonni, i suoi grandi affetti. Ecco quindi che in nome di un grande affetto da cui dipendi e che ti sostiene, riesci ad obbedire anche alla realtà più dura”. 

“Siamo grati al Signore – scrivono i genitori – perché con Giacomo abbiamo capito cosa significa lasciarsi amare per ciò che si è senza fare nulla di più. Ecco perché abbiamo scelto questa frase che bene lo descrive: l’importante nella vita non è fare qualcosa, ma nascere e lasciarsi amare.”


Redazione Papaboys (Fonte www.milanotoday.it)

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