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Davide Carrara dal calcio al basket in carrozzina, grazie alla fede

Dopo un incidente in motorino aveva perso l’uso di una gamba. Oggi è campione nazionale di basket in carrozzina. «Nel dolore ho riscoperto il valore della fede e dell’impegno»

Ho avuto un’infanzia davvero ricca. Amici con cui condividere vacanze e hobby, lo sport che aveva un ruolo fondamentale nel mio tempo libero, la scuola che mi ha formato per quello che oggi è il mio lavoro e la famiglia che ha fondato, nella quotidianità, i valori importanti della vita». Davide Carrara, 29 anni, originario della provincia di Bergamo, inizia così a raccontare la sua storia.

Il 4 maggio 2009 era, apparentemente, un giorno come tanti altri. Di certo non immaginava che quel pomeriggio di primavera inoltrata la sua vita sarebbe cambiata completamente. Al termine delle lezioni all’Università, Davide sale in sella al suo motorino per tornare a casa. Un auto inverte improvvisamente il senso di marcia e lui viene scaraventato dalla parte opposta, sul marciapiede. La situazione è molto grave. «Ma nella  sfortuna quel giorno Qualcuno decise che per me non era la fine», racconta Davide. «L’arteria femorale era recisa ed era ormai questione di attimi. Pensavo che la mia esistenza sarebbe cessata su quell’asfalto. Nella fila di auto che erano in coda c’era un medico che mi prestò soccorso tamponandomi la ferita e arrestando l’emorragia. Ero salvo». L’incidente procura a Davide una serie di lussazioni e fratture su tutta la gamba destra, lesionando diversi nervi e generando infezioni. Il risultato è la perdita parziale della mobilità della gamba. Non solo il fisico è messo duramente alla prova ma anche il morale ne risente gravemente. Il senso di scoraggiamento e smarrimento prendono il sopravvento.

UNA VITA DA RICOSTRUIRE

Inizia così per Davide un duro periodo di riabilitazione fisica e spirituale: «Da quel giorno la mia vita cambiò e scoprii un mondo che fino ad allora non conoscevo per niente, quello della disabilità, caratterizzato da molta fragilità ma anche da tanta voglia di vivere e da energia positiva che mi servì a superare tutti gli ostacoli che incontrai nel percorso di riabilitazione». Davide ferma lo sguardo sulla sua esistenza e lentamente comprende che non serve a nulla lamentarsi. Desidera, sopra ogni cosa, dare un senso alla sua “nuova vita”: «In quel periodo riscoprii la mia fede. Capita spesso che si chieda aiuto a Dio solo nel momento del bisogno e per me è stato così. Dopo l’incidente ho “preso coscienza” di quello che avevo acquisito dai miei genitori, negli anni del catechismo e negli incontri con il gruppo adolescenti. Da cristiano per “abitudine” o “tradizione” ho intrapreso un dialogo più personale e intimo con Gesù. Questa ricerca mi ha aiutato a riflettere seriamente su me stesso: “Chi sono? Perché sono al mondo?”. Ho deciso di essere “dono per gli altri” e quindi di prendermi cura di chi ha più bisogno».

NUOVI TRAGUARDI

Così Davide, afferma Credere, è diventato socio fondatore di un’associazione che opera in un orfanotrofio in Romania e sostiene progetti di accoglienza in Italia.

Il periodo della riabilitazione per il giovane è anche il periodo della scoperta dello sport per persone disabili. Nella struttura riabilitativa incontra l’allenatore di “Basket in carrozzina” di Bergamo che gli propone di fare due tiri nella palestra: «Finito il mio percorso riabilitativo continuai a praticare questo sport e mi resi conto che le stesse emozioni che mi dava prima il calcio ora me le stava dando il basket, che era diventato parte integrante della mia vita».

Il giovane entra quindi a far parte della squadra Special Bergamo Sport, che milita nel campionato di serie A, attività che affianca a quella professionale di termotecnico. Nel novembre 2018, mentre è al lavoro, gli arriva una chiamata dal suo allenatore che gli dice: «Ti piacerebbe far parte della nazionale di basket in carrozzina?». L’emozione è alle stelle e l’incredulità lascia spazio alla meraviglia e alla gratitudine. Solo dopo molti sacrifici e tanta determinazione può vivere un’esperienza indescrivibile come quella di indossare la canotta con scritto “Italia”. «Ho scoperto che non è mai troppo tardi per fare il bene e mi piacerebbe restituire qualcosa del tanto che ho ricevuto aiutando chi si trova in difficoltà». Davvero, Davide ha combattuto la sua buona battaglia contro Golia.

Di Cristian Bonaldi per Credere.it

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