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Cercasi presidente Cei, votato dai vescovi ma approvato da Papa Francesco

Martedì 23 maggio le consultazioni all’assemblea generale della Conferenza episcopale italiana per designare tre nomi da sottoporre a Francesco. Tra i candidati Brambilla, Meini, Betori, Santoro e Seccia. E un outsider: il cardinale Bassetti.

La mattina di martedì 23 maggio, nell’aula nuova del Sinodo, per la prima volta i vescovi italiani saranno chiamati a esprimere la loro preferenza per il nuovo presidente della Cei. Non era mai accaduto. A differenza di ciò che accade nel resto del mondo la designazione del presidente dei vescovi del Belpaese, dato lo speciale legame che li unisce al Pontefice primate d’Italia, è sempre stata appannaggio del Vescovo di Roma: dal beato cardinale Alfredo Ildefonso Schuster (1952-1953) fino al cardinale Angelo Bagnasco (2007-2017).

Papa Francesco desiderava restituire pienamente all’episcopato italiano la facoltà di scegliersi colui che assume il compito di rappresentarlo per un quinquennio. Ma quando nel maggio 2014, durante l’assemblea generale della Cei, i vescovi hanno discusso le possibili modifiche allo statuto, hanno preferito una soluzione intermedia. Che dia loro la possibilità di esprimersi indicando tre possibili nomi, lasciando però al Pontefice la scelta finale su uno dei tre.

Lo statuto è stato modificato, ma non si è proceduto immediatamente ad eleggere una terna. I l cardinale Angelo Bagnasco ha potuto così concludere il suo secondo quinquennio (scaduto lo scorso marzo) e ora arriva il momento di scegliere il successore. I vescovi italiani, oltre che per conferenze regionali, sono divisi in tre grandi aree geografiche: il Nord, il Centro e il Sud. Sono i vescovi meridionali – visto l’alto numero di diocesi a volte piccole storicamente presenti nel territorio – ad avere circa il 50 per cento dei voti in assemblea.

Non c’è stata alcuna campagna elettorale, almeno ufficialmente. Il modo di procedere sarà il seguente: il 23 maggio alla prima votazione i vescovi potrebbero andare a ruota libera, votando chiunque. Da questa prima elezione dovrebbero emergere i primi tre candidati, cioè coloro che hanno ottenuto un maggior numero di voti rispetto agli altri. Su ciascuno di questi tre nomi, con altrettante votazioni separate, si esprimeranno tutti i membri dell’assemblea: i candidati della terna dovranno ottenere ciascuno una maggioranza assoluta del 50 per cento dei voti più uno. Ma non è escluso che prima della elezione iniziale vi possano essere delle dichiarazioni di voto, da parte di vescovi i quali – magari indicando alcuni temi prioritari e alcune necessità giudicate più importanti – dichiarino magari a nome di piccoli o grandi gruppi di confratelli la preferenza per un nome. Se questo accadesse, non è escluso che il nome proposto possa venir subito votato e dunque teoricamente entrare nella terna in caso ottenga la maggioranza assoluta.

Sinodo




Per il Nord Italia il nome più accreditato è quello del vescovo-teologo di Novara, Franco Giulio Brambilla, già ausiliare di Milano con delega alla cultura. Per il Centro il candidato più accreditato appare quello del vescovo di Fiesole, Mario Meini, attuale vicepresidente della Cei in rappresentanza della sua area geografica. Ma c’è anche chi fa il nome del cardinale arcivescovo di Firenze, già segretario della Conferenza episcopale dal 2001 al 2008, prima con il cardinale Camillo Ruini e poi per un anno con Bagnasco. Due sono i possibili candidati: l’arcivescovo di Taranto Filippo Santoro e il vescovo di Teramo Michele Seccia. E non va dimenticato nemmeno il cardinale Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento. Va ricordato che durante l’assemblea bisognerà anche eleggere un vicepresidente in rappresentanza del Sud Italia e dunque questi nomi potrebbero rientrare in gioco anche per tale incarico.

C’è infine un altro nome, quello di un outsider che potrebbe coagulare consensi: l’arcivescovo di Perugia Gualtiero Bassetti. Nominato cardinale da Francesco nel suo primo concistoro del febbraio 2014, con una decisione che ha segnato la fine della tradizione delle cosiddette «diocesi cardinalizie» (Perugia negli ultimi cento anni non lo era). È stato vicepresidente della Cei è stimato ed è ben conosciuto in tutto lo Stivale per aver fatto il visitatore apostolico dei seminari. Ha 75 anni, cioè l’età in cui i vescovi presentano la rinuncia al Papa. Francesco ha deciso però di prorogarlo fino agli ottant’anni, e dunque non può essere a priori esclusa la sorpresa di un suo inserimento nella terna. Non entra in gioco invece il nome dell’attuale segretario della Conferenza episcopale, Nunzio Galantino. Per statuto si è eleggibili soltanto se si è vescovi diocesani in carica e il numero due della Cei ha lasciato la diocesi per dedicarsi a tempo pieno al suo compito.




Fonte www.lastampa.it

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