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Card. Sepe: a nome di tutti i Vescovi Campani, basta naufraghi! Basta morti!

sepeCAMPANIA – NAPOLI – “Basta naufragi! Basta morti! Basta pianti e lutti! Basta sofferenze! Quello che da anni ormai sta accadendo nel Mediterraneo ha dell’incredibile, dell’inaccettabile. Assistiamo a vere e proprie tragedie umane e con esse alla strage di innocenti”. È il grido del cardinale Crescenzio Sepe, presidente della Conferenza episcopale campana, anche a nome di tutti i vescovi della Campania. “I viaggi della speranza – prosegue – ormai si susseguono senza fine. Siamo in presenza di un esodo biblico dalle coste nordafricane”. Sono “giovani, donne, anziani, bambini, mamme in gravidanza, senza patria e senza famiglia, cittadini del mondo, affamati di futuro, autentici pellegrini della speranza”, ma “abbandonati a se stessi, nell’indifferenza di tanti”. Di più: “Ignorati da centri di potere”, secondo “quel triste principio per il quale il problema non è europeo, ma della Nazione che accoglie i profughi”. È “un ragionamento che ha dell’incomprensibile. Quasi a dire che Lampedusa o altra punta estrema della Sicilia non è Europa. E così l’Italia in virtù di proprie norme ma soprattutto in ragione di leggi naturali che vanno al di là dell’ordinamento statuale e si richiamano alla nostra cultura e alle nostre radici cristiane, accoglie persone e corpi umani, manifestando rispetto incondizionato, cercando di dare in ogni caso risposte adeguate all’emergenza”.

“Soltanto nello scorso fine settimana – ricorda il cardinal Sepe – sono arrivati ancora in Sicilia 5.000 migranti, ma, come sempre, il cuore degli italiani si è aperto ai fratelli nordafricani che, in parte, sono stati trasferiti in Campania, la nostra regione che, per sensibilità e vocazione storica all’accoglienza, ha sempre aperto le braccia allo straniero, a quanti hanno bisogno di aiuto e di ospitalità. E così sono sbarcati l’altro giorno anche a Salerno, trasportati dalla nave Etna della Marina militare, 1.044 degli ultimi arrivati, dei quali circa 70 sono stati ospitati poi in provincia di Avellino”. A bordo della nave “oltre 400 donne, alcune delle quali in gravidanza, e tanti bambini, 38 non accompagnati, per i quali la Prefettura ha disposto l’affidamento al Comune di Salerno, che provvede, attraverso i servizi sociali, ad affidarli ad alcune case famiglia. La maggior parte dei migranti (siriani, eritrei, somali, nigeriani, ghanesi e della Costa d’Avorio) è rimasta in Campania”. La Chiesa, precisa il porporato, “sta assicurando la propria assistenza attraverso le strutture Caritas e gli Uffici Migrantes delle diocesi coinvolte, attivandosi per la doverosa accoglienza e per assicurare, quindi, ospitalità, ristoro e cure laddove necessarie, per alleviare la sofferenza del viaggio e del distacco dalla propria terra, favorendo l’inserimento nella comunità di arrivo”. 

“È – osserva il cardinale – una testimonianza di amore e di carità cristiana che le organizzazioni ecclesiali premurosamente si preoccupano di assicurare agli sfortunati fratelli, nel nome di quel Dio misericordioso che è padre tenero di tutti e nel segno dell’appartenenza alla stessa grande famiglia umana”. Ora “la Chiesa della Campania, nel confermare il proprio impegno solidaristico e di comunione a quanti, con grande coraggio e speranza, sfidano il destino per vedersi accolti e rispettati come persone, auspica che da parte delle massime organizzazioni internazionali e particolarmente da parte dell’Europa vengano attivate misure e iniziative volte a condividere l’immane impegno dell’Italia nel governare una vicenda umana complessa e di grosse dimensioni”. Nel contempo, “è indispensabile favorire lo sviluppo nei Paesi di origine dei migranti, attraverso politiche di cooperazione che comportino aiuti e accompagnamento nei processi di crescita locali”. Intanto, evidenzia il porporato, “si rende urgente la definizione di forme di lotta alla spregiudicatezza e all’arricchimento illecito degli scafisti, regolamentando, nel contempo, gli esodi anche attraverso il controllo dell’efficienza dei mezzi di trasporto che fin troppo spesso diventano veicoli di morte”.  Fonte: Agensir

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