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‘Bonus bebè’ e politiche per la famiglia: ma bisogna fare di più

caro-bebe (1)Come accade tutti gli anni, anche il 2015 prende il via con la consueta lista dei buoni propositi – di ordine materiale, pratico, fisico o spirituale – che s’intendono realizzare nei dodici mesi a seguire.

Una lista che di per sé potrebbe anche essere utile, ma che spesso si rivela essere di utopica realizzazione e finisce per cadere dimenticata nei luoghi più reconditi della mente… almeno fino all’ultimo giorno dell’anno!

Ebbene, anche il Governo ha recentemente stilato la propria lista di “Cose da fare” – alias Legge di stabilità – tra le quali si registrano il cosiddetto “Bonus Bebè” e altri provvedimenti di carattere prettamente economico che interesseranno le famiglie italiane.

Riguardo al primo aspetto, all’articolo 13 della Disegno di legge di stabilità 2015 si legge: “Al fine di incentivare la natalità e contribuire alle relative spese per il sostegno, per ogni figlio nato o adottato a decorrere dal 1° gennaio 2015 fino al 31 dicembre 2017, è riconosciuto un assegno di importo annuo di 960 euro erogato mensilmente a decorrere dal mese di nascita o adozione” e fino al terzo anno di vita o adozione del bambino, a condizione che i genitori dello stesso abbiano un reddito “complessivamente non superiore a 90.000 euro”.

Oltre a questo, nel 2015 i lavoratori con reddito annuo non superiore a 24mila euro riceveranno 80 euro al mese in busta paga (o una cifra minore per coloro che non superano i 26mila euro) e sono stati inoltre approntati alcuni provvedimenti a livello fiscale, sui quali non ci soffermiamo se non per rilevare – come altresì sottolineato dalForum delle associazioni familiari – che essi paiono di difficile attuazione e probabilmente presenteranno problemi a livello di equità, non andando ad aiutare concretamente le famiglie con un maggior numero di figli. Una legge di stabilità che presenta luci e ombre, quindi.

Di certo il “Bonus Bebè” è un aiuto, ma quello che realmente pare mancare è un pensiero positivo e costruttivo sulla maternità e sul valore sociale, affettivo ed economico che scaturisce dall’aumento della natalità.

“Si dice – sottolinea Giovanni Ramonda, responsabile generale della Comunità Papa Giovanni XXIII – che dobbiamo tornare a crescere, ma i dati ci dicono invece che l’Italia sta morendo di vecchiaia. Nel 2013 sono nati solo 514 mila bambini, il minimo storico. Un dato aggravato dai 100 mila bambini che non possono nascere a causa dell’aborto”.

Insomma, quello che servirebbe all’Italia per rinascere è un cambiamento strutturale radicale della società. Innanzitutto le famiglie dovrebbero tornare a poter vivere in maniera dignitosa anche con un solo stipendio, quello dell’uomo. Tuttavia, dato che questo passaggio nel breve periodo non è concretizzabile, sarebbe quantomeno necessaria una differente pianificazione del lavoro femminile, che dovrebbe essere quantificato in maniera flessibile in base alla produttività e non vincolato a un monte ore settimanali e che dovrebbe fornire un reale sostegno alla maternità, con incentivi per rimanere a casa a crescere ed educare i propri figli almeno fino al terzo anno di età.

In tale direzione si è mossa la Comunità Papa Giovanni XXIII, che ha lanciato su Citizengo.org una petizione on-line volta a chiedere al Governo un assegno alle neo-mamme di 800 euro al mese per i primi 3 anni di vita del bambino. “L’assegno andrebbe erogato alle mamme che hanno un reddito familiare sotto una certa soglia ISEE e residenti in Italia da almeno 3 anni. Il costo annuo stimato, secondo l’Associazione, è di circa 14 miliardi di euro, recuperabili per 3 miliardi dai fondi che già l’Inps destina alla maternità, per 5 miliardi da una rimodulazione del bonus di 80 euro, per 1 miliardo da un taglio degli stipendi di parlamentari e consiglieri regionali, per 5 miliardi dalla tassazione delle transazioni finanziarie”. Solamente incentivando la natalità l’Italia potrà tornare a crescere e a sperare nel futuro! Ma per far sì che questo avvenga bisogna essere audaci e impegnarsi in un percorso che non guardi esclusivamente al dato economico, ma che comporti una reale inversione di rotta in favore della vita e delle famiglie numerose. Fonte: Notizie ProVita

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