Un sequestro ad opera degli stessi miliziani che lo scorso aprile si resero responsabili del rapimento di circa 200 liceali nigeriane con la minaccia di venderle come schiave dopo averle costrette a convertirsi all’islam. Un sequestro che destò sconcerto a livello internazionale con numerose organizzazioni internazionali e leader mondiali scesi in campo per chiederne l’immediata liberazione.
Nelle stesse ore nel nord-est della Nigeria un nuovo attentato kamikaze – al momento non ancora rivendicato – colpiva la città di Potiskum con un bilancio di almeno 4 morti e 35 persone ferite.
Il rapimento di massa in Camerun – stando a quanto ha riferito il sito Itv news – si è verificato nel villaggio di Mabass nel nord del Paese. Secondo un portavoce del governo di Yaoundè nell’attacco sarebbe state uccise 3 persone. Il ministro dell’Informazione Issa Tchiroma Bakary ha precisato che gli assalitori dopo avere attaccato il villaggio hanno distrutto 80 abitazioni e sequestrato gli abitanti.
Intanto domenica è giunto in Camerun un contingente militare proveniente dal Ciad. L’azione concordata con l’esercito di Yaoundè mira a respingere l’offensiva dei guerriglieri islamisti che da anni terrorizzano queste regioni portando avanti una vera e propria azione di guerriglia contro le chiese, le autorità militari e di polizia e le popolazioni locali.
Due giorni fa Amnesty International aveva documentato la follia omicida dei fondamentalisti diffondendo le foto satellitari delle città di Baga e Doron Baga, dove la scorsa settimana erano stati massacrati almeno 2.000 civili.
Si tratta di un “conflitto brutale” – ha denunciato l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) – che da mesi costringe migliaia di nigeriani a rifugiarsi nei Paesi limitrofi. E venerdì scorso la stessa agenzia Onu ha espresso forte preoccupazione per i rimpatri dal Niger alla Nigeria di centinaia di rifugiati. Rimpatri avvenuti il 14 gennaio nel contesto di un’operazione congiunta organizzata dal governatore dello Stato di Borno in Nigeria e dalle autorità in Niger. Considerate le condizioni di insicurezza presenti nello Stato di Borno e i recenti attacchi dei ribelli, l’Unhcr ha espresso “preoccupazione per la natura di questi ritorni e ha chiesto alle autorità di fermare l’operazione fino a quando non vi saranno garanzie adeguate e un accordo giuridico condiviso tra Nigeria, Niger e l’agenzia Onu per i rifugiati”.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Avvenire