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Benedetto XVI: “Ho ammirato la forza interiore di Andreottiˮ. E poi parla di Napolitano

La memoria del Papa emerito Benedetto XVI sui suoi rapporti con i Presidenti e i politici italiani scritta per il libro “Oltretevereˮ. Il Divo Giulio «subì oltraggi pubblici mostruosi». L’elogio di Napolitano

Parole forti in favore di Giulio Andreotti: «di lui ho ammirato soprattutto la forza d’animo di cui diede prova nei lunghi anni» del processo. Una sincera amicizia con il Presidente Giorgio Napolitano, rafforzata dalla comune passione per la musica: «Per l’Italia ha rappresentato certo una fortuna essere guidata in tempi difficili e tra scogli di ogni tipo da un uomo così». Una lunga consuetudine di incontri con Francesco Cossiga, che cercò di convincere l’allora cardinale Ratzinger a riabilitare Giansenio. C’è tutto questo e molto di più nella memoria di otto pagine pubblicata nel libro “Oltretevereˮ (Edizioni Piemme) di Alessandro Acciavatti, un documentatissimo volume che per la prima volta descrive in modo rigoroso e con numerose fonti inedite il rapporto speciale che ha legato i Papi e i Presidenti della Repubblica italiana dal Dopoguerra ad oggi. Ogni pagina del libro contiene aneddoti e retroscena che illuminano i contatti personali stabiliti tra l’inquilino del Vaticano e quello del Quirinale. Rapporti che andavano ben al di là di quelli formali tra la Santa Sede e i governi della Repubblica.

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In appendice al testo, oltre a una lettera di Papa Francesco e ad altre testimonianze, l’autore pubblica una memoria scritta da Benedetto XVI appositamente per il libro nell’agosto 2016, dopo che Acciavatti era andato a far visita al Papa emerito presentandogli il progetto dell’opera. Quello di Ratzinger è un testo articolato. Nella prima parte racconta le sue prime visite in Italia e le persone che ha incontrato. Cita i rapporti con i teologi italiani e poi aggiunge: «Ma sorprendentemente scaturirono anche contatti con il mondo politico e culturale italiano. Fu importante a questo livello il contatto con don Giussani, il cui movimento “Comunione e Liberazione” avevo potuto conoscere già durante la fondazione della rivista internazionale Communio che secondo me è stato un importante avvenimento internazionale dei primi anni Settanta. Attraverso l’incontro con Don Giussani e con “Comunione e Liberazione” è poi nato il contatto con Rocco Buttiglione e – purtroppo solo indirettamente – con il grande filosofo Del Noce, che purtroppo non potei più incontrare personalmente».

BENEDETTO XVI E FRANCESCO COSSIGA

Quindi parla di Cossiga. «Il primo incontro personale con il Presidente Cossiga avvenne in occasione di una visita di Stato, durante la quale si esibì l’Orchestra Filarmonica di Monaco di Baviera diretta da Sergiu Celibidache. All’uscita dalla sala, Cossiga mi riconobbe e mi venne immediatamente incontro. Mi salutò molto cordialmente dicendo che da tempo avrebbe voluto entrare in contatto con me. Da quel momento in poi vi furono incontri molto regolari tra noi. Cossiga era un uomo di preparazione straordinariamente ampia. Aveva letto i grandi teologi del tempo: De Lubac, Congar, Daniélou e Rahner, la cui grande opera Introduzione al concetto di cristianesimo egli tuttavia, dopo la lettura delle prime sessanta pagine, giudicandola per lui infruttuosa, aveva accantonato. Sempre impegnato con i problemi spirituali del tempo, della Chiesa, della teologia, Cossiga era uno spirito inquieto e appassionatamente vivace, spinto di continuo a dialogare. Ci siamo anche incontrati più volte a Bressanone, durante le vacanze. In più mi riforniva di libri, mi ha donato ad esempio una grande biografi a di De Gasperi. Di problemi politici in senso stretto non abbiamo discusso, lo abbiamo fatto invece sulla situazione spirituale del nostro secolo. Era appassionatamente interessato a Rosmini e gli stava fortemente a cuore scioglierlo dalle riserve del Sant’Uffizio. Aver potuto vedere la beatificazione del suo filosofo cattolico rappresentò per lui una soddisfazione straordinaria».

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«E tuttavia Cossiga – continua Benedetto XVI – aveva poi ancora fatto un curioso proposito: dopo la beatificazione di Rosmini, un tempo condannato, voleva ora aiutare a diventare beato anche Giansenio. Anche se da un lato Cossiga era un uomo di pensiero vasto e aperto, ed era disponibile a un dialogo che andava molto al di là dei confini dell’ortodossia, dall’altro però – nella sua devozione personale – era uomo di grande rigore. Il sacramento della confessione aveva per lui grande importanza. Così ha avuto un rapporto di particolare vicinanza con il pensiero di Giansenio e voleva contribuire alla sua riabilitazione. Ricordo sempre Cossiga con gratitudine come un uomo di elevata spiritualità e di commovente umanità».

BENEDETTO XVI E GIULIO ANDREOTTI

Poi il Papa emerito cita Andreotti: «L’ho incontrato solo di rado, in verità, tuttavia mi spediva regolarmente a casa piccoli biglietti nei quali era spesso contenuta una frase che mi rimaneva impressa, e per Natale mi faceva sempre regali particolarmente ricercati. Di lui ho ammirato due cose. La ricchezza di humor con cui sapeva alleggerire lo scenario politico, e soprattutto la forza d’animo di cui diede prova nei lunghi anni in cui, nel processo sulla sua presunta appartenenza alla mafia, subì oltraggi pubblici mostruosi e fu profondamente ferito nel suo onore e nella sua dignità. Solo un uomo di grande forza interiore poteva superare quegli anni senza cadere nell’amarezza ed essere distrutto dentro».

BENEDETTO XVI E GIORGIO NAPOLITANO

Benedetto XVI, dopo aver parlato di Marcello Pera e di don Antonio Tarzia, il prete paolino editore italiano delle opere ratzingeriane, fa cenno a Carlo Azeglio Ciampi e si sofferma maggiormente su Napolitano, Presidente della Repubblica durante quasi tutti gli anni del pontificato. «Ho conosciuto personalmente il Presidente Napolitano in occasione della sua visita ufficiale in Vaticano il 20 novembre 2006. Mi rese visita appena sei mesi dopo la sua elezione alla più alta Magistratura dello Stato, ma anche in questo caso, uno dei miei ricordi più belli legati alla sua persona è senz’altro la visita che gli resi al Quirinale il 4 ottobre 2008 nel giorno della festa del patrono d’Italia San Francesco d’Assisi».

benedetto.napolitano

«Ma naturalmente – aggiunge il Papa emerito – da lungo tempo la sua figura mi era nota. Soprattutto mi aveva impressionato la sua azione come Presidente della Camera dei Deputati caratterizzata da severa obbiettività e autentica imparzialità. Era evidente che la sua idea del Partito comunista aveva una forma diversa rispetto a come noi conoscevamo quel fenomeno sulla base della storia tedesca. Senza dubbio egli ben presto ha percorso strade per la chiarificazione delle sue idee politiche che lo hanno condotto a un incontro profondo con la tradizione giuridica cristiana – la cultura, la civiltà della fede – preparandolo a portare la suprema responsabilità per il suo Paese, l’Italia, che, pur nella contrapposizione delle tradizioni spirituali, è comunque giunto a un’idea di fondo di giustizia e di verità che può dare al Paese interna unità. Già il primo incontro mi fece vedere un’ampia, profonda convergenza sulle posizioni di fondo che oggi sono in ballo».

«Un incontro più intenso tra noi, che posso chiamare amicizia – scrive ancora il Papa emerito – è curiosamente nato attraverso la musica. Ogni anno, san Giovanni Paolo II usava invitare a un grande concerto nell’Aula Paolo VI eseguito di volta in volta da un’importante orchestra europea. Ovviamente ho proseguito questa tradizione, in particolare presentando a Roma, com’è naturale, anche le tre grandi orchestre di Monaco di Baviera – l’Orchestra di Stato della Baviera, i Filarmonici di Monaco e l’Orchestra sinfonica della Radio di Monaco di Baviera. Ai concerti, seguendo la tradizione iniziata da Giovanni Paolo II, veniva sempre invitato anche il Presidente della Repubblica che ha sempre corrisposto volentieri all’invito. La cosa inattesa fu che il Presidente Napolitano decise a sua volta di organizzare ogni anno un concerto in mio onore in occasione del mio compleanno, che aveva luogo anch’esso nell’Aula Paolo VI e nel quale suonavano importanti orchestre italiane. Napolitano stesso è un autentico conoscitore della musica classica. È stato amico di Claudio Abbado, a lungo Direttore dei Filarmonici di Berlino. Ambedue hanno inteso la loro appartenenza al Partito comunista come un nuovo umanesimo che intendeva preservare e insieme rendere nuovamente operanti i grandi valori della precedente tradizione umanistica. Inoltre Napolitano ha sostenuto Daniel Barenboim nella formazione della sua orchestra composta da ebrei e palestinesi, invitando una volta il Direttore e l’orchestra da noi a Castel Gandolfo».

«Era consuetudine che prima dell’inizio del concerto – scrive ancora Joseph Ratzinger – il Presidente e il Papa chiacchierassero un momento in una saletta. Questo atto protocollare si è trasformato per noi in vero dialogo, durante il quale abbiamo discusso le grandi questioni di fronte alle quali oggi si trova l’umanità. E così andò sviluppandosi sempre più una profonda vicinanza che portò anche a incontri assolutamente non protocollari: è ancora ben impresso nella mia memoria lo stare insieme, una volta – anche con sua moglie Clio Bittoni – nel giardino di Castel Gandolfo. Napolitano mi invitò anche a un incontro personale in una delle residenze messe a disposizione del Presidente della Repubblica, che poi purtroppo per cause esterne non poté realizzarsi. Inoltre sono stato contento che sia venuto a farmi visita qui nel mio piccolo Monastero “Mater Ecclesiae”. Per l’Italia ha rappresentato certo una fortuna essere guidata in tempi difficili e tra scogli di ogni tipo da un uomo così».

di Andrea Tornielli per Vatican Insider

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