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La storia di fra Barnaba, l’ultima persona a confessarsi da San Leopoldo

Il 29 luglio 1942, di sera, padre Barnaba Gabini andò da padre Leopoldo per farsi confessare. Ancora non sapeva che quel suo confratello del convento dei frati cappuccini di Padova, così schivo ma anche così umile e al servizio degli altri, un giorno, il 16 ottobre del 1983, sarebbe diventato Santo.

L’articolo è stato scritto da Gloria Callarelli lo scorso Febbraio; padre Barnaba è tornato alla Casa del Padre ad Ottobre 2016.

L’ULTIMA CONFESSIONE. Così si recò nella sua cella dove ormai i fedeli accorrevano da tutta Italia per farsi confessare da quel frate tanto piccino di costituzione ma così grande in umiltà e amore e lì aprì il suo cuore. Fu una confessione che mai più si sarebbe dimenticato: il giorno dopo, infatti, padre Leopoldo sarebbe ritornato nella casa del Padre. Lui era l’ultimo che avrebbe conosciuto la sua misericordia. In quell’occasione guardando negli occhi il suo confratello di appena 22 anni gli disse in dialetto veneto, come era solito parlare: “Toso: morire ma stare” che significa “Ragazzo: piuttosto morire ma restare frate”. Un consiglio che quel giovane ha portato dentro fino ad oggi, quando all’età di 96 anni indossa ancora il saio come non fossero mai trascorsi tutti quegli anni.

PADRE LEOPOLDO. Friulano di nascita, unico sopravvissuto di dieci fratelli, tutti morti che erano bambini, padre Barnaba racconta con tenero orgoglio il suo straordinario incontro con quel fraticello Santo: “Padre Leopoldo fuori dalla sua celletta non era tipo di molte parole, passava ore e ore con la gente che aspettava paziente il suo turno in fila per potersi confessare da lui. Anche noi frati andavamo da lui la sera. Spesso, poi, si recava a Santa Giustina e Sant’Antonio e confessava i suoi confratelli anche lì. Era instancabile. Il giorno prima della sua morte stava male, da giorni era costretto a letto, eppure mi ha ascoltato lo stesso. Che sorpresa venire a sapere il giorno dopo della sua morte”.

LA PROFEZIA. E poi quella profezia che si è puntualmente verificata, che il nonnino frate non scorderà mai: “Nel 1938, un pellegrino che si recò da Padre Leopoldo e lo vide in lacrime: gli chiese spiegazioni e lui gli raccontò di aver avuto una visione del 1942, con il convento distrutto dalle bombe della guerra. Ma gli rivelò anche che nessuno dei frati sarebbe rimasto ferito e che si sarebbe salvata la sua celletta e la statua della Madonna”. E così, effettivamente fu. Nel 1942, anno in cui morì padre Leopoldo, vari ordigni colpirono la zona, abbatterono il convento delle suore che si trovava proprio lì in fianco, mietendo anche vittime. Anche quello dei frati fu abbattuto, tranne, appunto, l’ala con la sua celletta, tutt’oggi visitabile, e proprio la statua della Madonna che non si sporcò nemmeno. Se lo ricorda bene anche padre Barnaba che mostra orgoglioso la foto che ritrae tutti i confratelli sopravvissuti per miracolo al bombardamento, quel miracolo che San Leopoldo aveva preannunciato 4 anni prima: “La Madonna non aveva sopra neanche un granello di polvere! Io mi trovavo in cucina quando è successo. In mezzo alle macerie hanno trovato diversi ordigni. A noi non è successo nulla!”.

UNA VITA DI FEDE. Di quei 96 anni, padre Barnaba ne ha vissuti 78 da frate e, nonostante gli acciacchi, è un nonnino (quasi centenario) straordinario. Ancora oggi si sveglia alle 5 del mattino per recarsi nella chiesetta della casa di Conegliano dove è ospite da qualche anno dopo aver passato una vita a fare il questuante. Nella sua mente, così come tra le sue cose, mai nessuno potrà cancellare la sua esperienza speciale, quel dono ricevuto di aver vissuto accanto ad un Santo. Quelle fotografie tenute care dei confratelli, di San Pio che era “conosciuto all’epoca ma era troppo lontano”, e proprio di San Leopoldo, rappresentano la sua vita e sono conservate gelosamente accanto a quelle dei genitori e dei momenti più importanti della sua esistenza. Ma lo prega mai padre Barnaba quel Santo tanto caro? Ci viene da chiedere. In dialetto la risposta del simpatico e caro nonnino non si fa attendere: “Mi si eh!” (Io si!). Una vita vissuta umilmente, nell’amore di Dio, come la sua vocazione richiede e nell’esempio di Santi che hanno vestito il saio fino alla morte. “Morire ma stare”. Molto più che un consiglio, la missione di una vita vissuta per Dio.”

L’articolo è stato scritto  da Gloria Callarelli lo scorso Febbraio; padre Barnaba è tornato alla Casa del Padre ad Ottobre 2016

Fonte www.today.it/Gloria Callarelli

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