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Anna de Guignè, la piccola santa che raccontava a tutti: ‘Io parlo a Gesù’

Nel castello di La Cour, presso Annecy (Francia), da pochi mesi era nato un bambino. Il piccolo, venendo in questo mondo, trovò una sorellina di tre anni, che fu subito assai gelosa verso di lui. Non le piaceva proprio quel “marmocchio” che ora riceveva tutte le attenzioni della mamma e del papà e di altri ancora. E un giorno la bambina gli sferrò un calcio in testa. Un’altra volta, gli gettò una manciata di sabbia negli occhi.

Per la festa del 1º compleanno del piccolo, la sorella doveva offrirgli un mazzetto di fiori. Giunto il momento, lo buttò per terra e lo calpestò tenendo solo una rosa per se stessa, per farsi fotografare con lo sguardo sdegnato. Una vera peste questa bambina. Si chiamava Anna De Guigné ed era nata, figlia di conti, il 25 luglio 1911. Oltre a essere collerica, si rivelò ben presto intelligente, vivace, ardente. Ma proprio non sembrava chiamata a farsi santa.
Invece… Dio compie meraviglie.

Anna de Guignè
Anna de Guignè in famiglia

“Io parlo a Gesù”
Nell’estate del 1914, scoppiò la 1ª guerra mondiale. Il 2 agosto, il conte Jacques De Guigné, papà di Anna, partì per il fronte, come tenente dei Cacciatori delle Alpi. Fin dall’inizio, fu ferito tre volte.Anna non vedeva più suo padre che le voleva bene con una dolcezza sconfinata. La mamma era spesso triste e preoccupata. La bambina sentì che toccava a lei consolarla. Quando il papà tornò a casa per curarsi le ferite, Anna non si staccava più da lui, per fargli compagnia, per portargli le stampelle, per rallegrarlo.

Una volta guarito, papà ripartì per la guerra. La separazione da Anna fu straziante. Il 22 luglio 1915, Jacques De Guigné cadde sui monti Vosgi, come un eroe. Quando Anna lo seppe, improvvisamente cambiò stile di vita. Da collerica si fece tutta dolce e buona. La bambina ribelle e pestifera diventò un angelo di bontà.

Da quando si era aperta a comprendere, aveva imparato che Gesù è il più grande Amico che ci sia, che Lui è infinitamente buono e può tutto. Ora, nei giorni del dolore, Anna si ricordò di Lui e si strinse al suo Cuore divino come a Colui che solo poteva venirle incontro.

Il suo primo impegno: consolare la mamma rimasta sola, aiutare i fratellini a crescere buoni. Dopo le esequie del padre, la madrina, “zia Giovanna” si era fermata a pregare in chiesa. Anche Anna, senza che alcuno le prestasse attenzione, si era fermata a pregare. La madrina le domandò: “Ma non è troppo per te?”. Ella rispose: “Oh, no! Io parlo con Gesù”. I suoi occhi erano fissi al Tabernacolo dove Lui è presente. Aveva solo quattro anni e tre mesi, ma tra lei e Gesù era nato, per un dono straordinario di grazia, un intenso colloquio di amore.
Le nacque dentro il desiderio di dimostrare al suo grande Amico tutto l’amore che aveva per Lui, offrendogli molti sacrifici. Lo confidò alla mamma che cosa poteva e non doveva fare. A ogni rinuncia – erano frequenti – e non facili – Anna le diceva: “Ho fatto il mio sacrificio”.

Nel castello rimasto vuoto del papà, Anna scoprì la presenza e la protezione della Madonna. Venne ottobre, il mese del Rosario. Anna prese una decisione importante: “Raccoglierò tante «rose senza spine», per offrirle alla Regina del Rosario”. Così, senza farsi troppo accorgere dagli altri, riempiva le sue giornate di sacrifici fatti con gioia e con amore, per chiedere a Maria SS.ma che gli uomini diventassero più buoni, anzi, amici di Gesù.

Qualche anno dopo, diventata più grandicella, dirà: “Sulla terra si hanno delle gioie, ma non durano. L’unica gioia che dura è quella di aver fatto un sacrificio con amore”.

Anna de Guignè
Anna de Guignè

“Io voglio obbedire”
Un giorno sereno del 1917, quando aveva soltanto sei anni, Anna ricevette la prima volta il Signore Gesù nella Comunione. Fu festa grande nel suo cuore, dove Gesù compì la sua opera di trasformazione, donandole grazie singolari. Gesù, che ora Anna riceverà assai spesso nell’Eucaristia, farà di lei una vera meraviglia.

Il giorno della prima Comunione, Anna scrisse: “Mio Gesù, io ti amo e per piacerti, faccio il proposito di obbedirti sempre”. Era il proposito di farsi santa, o meglio, di obbedire sempre al Signore per farsi santa. Rivolta alla mamma, scrisse: “Cercherò di essere sempre molto docile per far piacere a Gesù e alla Mamma celeste. Mi sembra che Gesù mi abbia risposto nel mio cuore. Io gli dicevo di voler essere molto obbediente e mi è sembrato di sentire da Lui: «Ebbene: obbedisci!»”.

Da allora, quando si trovava a scegliere tra diverse possibilità di agire, andava dalla mamma e le domandava con dolcezza: “Mamma, che cosa è meglio, questo o quello?”. La mamma le rispondeva. Quando aveva compiuto quanto si doveva, era raggiante di gioia: “Ho fatto ciò che è meglio per amore di Gesù”.

Da collerica e persino violenta com’era prima, si era fatta dolcissima. Le capitava ancora di essere sul punto di arrabbiarsi, ma stringeva i pugni e diceva: “È una disperazione! Ma io voglio!”. Le piaceva molto leggere, ma se il fratello la chiamava per giocare, lasciava il libro e stava con lui per farlo contento.

Andava molto volentieri a catechismo, avida di conoscere il Signore, ma certi compagni la disturbavano, la urtavano. “Non era gradevole per nessuno – racconta la catechista – ma Anna si lasciava urtare, disturbare, sempre pronta a servire, a rappacificare”.

Era cresciuta, era diventata una bambina proprio bella, ma nel suo intimo ella capì che doveva essere bella per Lui solo. Confidò alla mamma: “Per Gesù, voglio che il mio cuore sia puro come un giglio”. Alcuni che la videro da vicino, testimonieranno cose meravigliose: “La purezza che irraggiava nello sguardo di Anna – narrerà la madre – ispirava rispetto. Non la si può guardare senza diventare migliori e pensare a Dio”. “Anna amava Dio – affermerà Germana, la sua migliore amica – con un amore che è impossibile definire a parole”.
“Qual è il tuo segreto?” – le domandò un giorno Germana. Anna rispose: “Gesù mi ama moltissimo e anch’io lo amo moltissimo”. Questo Amore a Lui, la spingeva a voler vedere Gesù conosciuto e amato da tutti. I suoi occhi si riempivano di lacrime, quando sentiva parlare di uomini o donne che offendevano il Signore con il peccato. Allora ripeteva: “Dobbiamo amare noi, molto di più il Signore Gesù, per quelli che non lo amano”.

La catechista un giorno le domandò: “Qual è la più grande felicità sulla terra, secondo te?”. Anna rispose: “Soffrire molto per il buon Dio”.

“Il suo ideale: salvare i peccatori”
La Confessione frequente, l’incontro con Gesù Eucaristico nella Comunione quotidiana, la portarono a dimenticarsi per gli altri. “Era giunta – dice la catechista – a dimenticare se stessa, come se ella non esistesse più”.

In un lungo viaggio in auto, tenne sulle ginocchia la sorellina ultima nata, che non si era sentita bene, cercando di sollevarla con le sue premure. Quando poteva, con la mano che aveva libera, faceva scorrere il Rosario. Era diventata forte, sicura. Sembrava non avesse più paura di nulla e di nessuno. Spiegava: “Ho Gesù con me”. Aveva solo una paura: quella di offendere Dio. I suoi amici e amiche, vedendola, dicevano: “Anna rassomiglia a Dio”.

Desiderava che le parlassero dei più poveri. Si rendeva conto che durante la guerra molti soffrivano, anche tra i bambini. “Mamma – diceva – ricordati di pensare a loro, di aiutarli”. Il suo volto si faceva triste, ma presto riappariva il sorriso: “Non dobbiamo tormentarci, perché Dio è sempre presente”.

Un giorno, nel castello di La Cour, sentì dire che alcune matasse di lana dovevano essere buttate via. Anna pensò a un povero di cui si era presa cura e disse: “Datele a me”. Con pazienza infinita, riannodò tutti i fili spezzati e lavorò a lungo a maglia con i suoi piccoli ferri per preparare degli indumenti.

Era sicura che i più poveri non sono tanto quelli cui manca il necessario, ma soprattutto quelli che offendono Dio con il peccato. Quando ne sentiva parlare, pregava subito: “Mio Dio, perdonatelo”. Ed offriva a Dio le sue mortificazioni per riparare il male e ottenere la conversione. La mamma racconterà ancora: “Il suo ideale era di salvare i peccatori riconducendoli a Dio. A tal fine, nessuna sofferenza le sembrava troppo grande. Era contenta quando le affidavano un’anima che doveva essere convertita. Quando veniva a sapere che quel fratello era tornato a Dio, questa piccola apostola traboccava di gioia”.

Il 19 dicembre 1921, Anna si ammalò gravemente. Aveva il volto disfatto dal dolore. Decise: “Voglio offrire le mie sofferenze, come Gesù sulla croce”. Con forza incredibile, non le uscì mai un lamento. “Stai consolando Gesù e convertendo i peccatori” – le ricordò la mamma. Rispose: “Ebbene, se è così, voglio soffrire ancora”.

Ora dopo ora, offriva le sue sofferenze per i più lontani da Dio, per la Chiesa. Non voleva pregare per se stessa, ma solo per gli altri. In quei giorni tra il 1921 e il 1922, Anna si preparò a incontrare il suo più grande Amore: il Signore Gesù… E Lui le venne incontro alle 5,25 di sabato 14 gennaio 1922, giorno dedicato alla Madonna. Aveva solo undici anni neppur compiuti, ma era diventata, con la obbedienza totale, una piccola meraviglia.

Il 3 marzo 1990, Papa Giovanni Paolo II l’ha dichiarata “eroica nelle sue virtù cristiane”, cioè “venerabile”. Attendiamo il giorno in cui la Chiesa, iscrivendola tra i santi, la indicherà a modello per i piccoli e i grandi nel mondo. Papa S. Pio X aveva profetizzato un giorno: “Vi saranno dei santi tra i bambini”. Il grande Teologo P. Garrigou-Lagrange era solito ricercare e scrivere le biografie dei “bambini santi”.

Sono questi i modelli da proporre, al catechismo e negli incontri, ai nostri ragazzi, i quali lasciati senza Dio e senza Gesù Cristo come si fa ora, diventano peggiori dei “gatti selvaggi”. Mentre essere santo lo può ogni uomo, con la grazia di Dio. E lo può essere ogni bambino. Anche tu lo puoi.

Autore: Paolo Risso

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