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‘Abbraccialo per me’, la disabilità mentale vista da una mamma

Si tratta di un film diretto da Vittorio Sindoni, che lo ha autoprodotto. La pellicola racconta la storia di Francesco, adolescente con sindrome dissociativa, il suo rapporto con la madre, e con una società che non accetta la sua diversità In sala a novembre.

Abbraccialo per me - film 2

Si chiama “Abbraccialo per me” ed è un piccolo film autoprodotto che farà riflettere. Il tema è la disabilità mentale raccontata attraverso gli occhi di una madre e del figlio, che ha una sindrome dissociativa, in un rapporto escludente e protettivo. Sullo sfondo un’Italia in cui il tema della disabilità mentale fatica a trovare risposte adeguate e che rischia di sfociare in disastri familiari o in tragedie (ne è un esempio la vicenda di Andrea Soldi, morto a Torino durante un Tso). Un film-denuncia che mette in scena il dramma vissuto da migliaia di famiglie. A scrivere la sceneggiatura e dirigere il film il regista Vittorio Sindoni, che ha deciso di investire tempo ed energie per raccontare un argomento troppo spesso trascurato. “Per il mio film mi sono ispirato a una storia vera – spiega Sindoni – Da anni frequento associazioni che lavorano con ragazzi autistici. E una volta ho incontrato una ragazza con un fratello disabile. Chiacchierando con lei è venuta fuori una storia fatta di mille difficoltà e problemi che mi ha spinto a voler raccontare questa vicenda umana”.


Il film, girato a Marino e in Sicilia, ha ottenuto il patrocinio del Garante dell’infanzia, Vincenzo Spadafora e il timbro di interesse culturale dal ministero dei Beni e delle Attività culturali. Un lavoro autoprodotto che arriverà nelle sale italiane a novembre: “L’ho prodotto da solo e siamo riusciti a tenerlo in un budget molto contenuto anche grazie alla disponibilità di attori e fornitori che hanno accettato di ridurre cachet e altri costi e di rischiare insieme a me su un tema socialmente così importante”. Francesco Gioffredi (Moisé Curia, già conosciuto per “Braccialetti rossi”) è un adolescente come tanti, un ragazzo vivace e allegro a cui piace suonare la batteria e che sogna di potersi iscrivere al conservatorio. A sostenere Francesco, proteggendolo dal mondo esterno c’è la madre Caterina (Stefania Rocca) con cui il ragazzo ha un rapporto strettissimo. I primi segni di cambiamento di questo ragazzo vengono visti dai suoi vicini di casa, dai compagni di scuola e dagli insegnanti come sintomi di “diversità”, a cui ognuno di loro reagisce in maniera differente. C’è chi mostra compassione e chi si lascia trasportare da atteggiamenti di cattiveria, come spesso accade nella realtà, nei confronti del ragazzo spingendolo sempre più verso l’isolamento. Per Caterina invece, il suo “Ciccio” è solo un figlio da amare e da proteggere contro chiunque vuole fargli del male. Il legame tra i due è così forte che sembra escludere ogni altra persona chiudendo madre e figlio all’interno di un loro mondo. Un amore così escludente che finisce per minare il rapporto tra Caterina e suo marito, Pietro (Vincenzo Amato) che non ne accetta l’unicità e che, forse, non vuole vedere il male che si è insinuato nella mente di Francesco. La sola a rendersi conto del cambiamento di Francesco è la sorella Tania (Giulia Bertini) che un po’ alla volta vede il fratello cambiare. A dare speranza però ci penserà la musica. “La carenza di strutture e di terapie adeguate è uno dei problemi che le famiglie affrontano. In molti casi la risposta che viene data loro passa solo dagli psicofarmaci – continua Vittorio Sindoni – mentre esistono anche altre possibilità”.

Redazione Papaboys (Fonte www.redattoresociale.it/Dino Collazzo)

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