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1990: Giovanni Paolo II inizia i Viaggi Apostolici del post comunismo

Nel 1990 Giovanni Paolo II compie due  intensi e lunghi viaggi in terra Africana. Il primo si svolge dal 25 Gennaio al 01 Febbraio 1990. Le nazioni vistate furono: Capo Verde, Guinea Bissau, Mali, Burkina Faso e Ciad. Mentre il secondo ebbe come meta la Tanzania, il Burundi, il Rwanda (qualche anno prima della guerra civile che scoppierà in quel paese), e Yamoussoukro, e si svolse dal 1 al 10 Settembre 1990. Rileggiamo nel commento del rettore della Basilica Padre Stanisaw Skuza,  (rilasciata in occasione della Beatificazione del Papa Polacco), la descrizione di quel famoso viaggio che culminò con la consacrazione della grande Basilica africana: “Era il 10 settembre 1990 quando Giovanni Paolo II consacrava la Basilica di Yamoussoukro, in Costa d’Avorio, dedicandola alla “Nostra Signora della Pace”. Il rettore di quella stessa Basilica, padre Stanislaw Skuza, esprime la sua gioia per l’imminente beatificazione di Papa Wojtyla, fissata per il 1° maggio. “La nostra Basilica – dice il padre rettore in un’intervista all’agenzia “All Africa” – ha sempre avuto un affetto particolare per Giovanni Paolo II, perché fu proprio lui a consacrare questo santuario. Ed egli è tuttora presente fra noi, in spirito. Ogni domenica, infatti, ascoltiamo la sua voce grazie alla registrazione audio che fu fatta il giorno della consacrazione della Basilica. Così, insieme a lui, preghiamo per la pace nel nostro Paese e in tutto il mondo, perché la Vergine Maria vegli sull’umanità”. Padre Skuza si sofferma, poi, sulla dispensa concessa da Benedetto XVI, grazie alla quale non sono stati necessari i cinque anni canonici di attesa dopo la morte di Papa Wojtyla per aprire la causa di beatificazione: “Già durante le esequie, la folla ha gridato ‘Santo subito!”, ad indicare la dimensione particolare che ha avuto la vita di quest’uomo per i fedeli. E la dispensa papale è il risultato della grandissima reputazione di santità avuta da Giovanni Paolo II nel corso della sua vita. Tuttavia, le disposizioni canoniche relative alle procedure della beatificazione sono state scrupolosamente rispettate”. Con Giovanni Paolo II, padre Skuza condivide il Paese d’origine, ovvero la Polonia: “Naturalmente, i polacchi hanno gioito in modo particolare per la notizia della beatificazione, anche se Papa Wojtyla appartiene all’intera umanità ed è stato vicino a tutti i popoli della Terra”. Nel suoi ventisei anni di pontificato, ricorda il rettore della Basilica ivoriana, Giovanni Paolo II ha fatto comprendere che la Chiesa è “segno e strumento dell’unione intima con Dio e dell’unità di tutto il genere umano”. Allo stesso tempo, Papa Wojtyla ha invitato i cristiani a portare Cristo nel mondo e si è appellato “alla bontà, alla pace, alla solidarietà e alla condivisione fra tutti gli uomini di buona volontà”. Prima di concludere l’intervista, padre Skuza ricorda l’impegno del Giovanni Paolo II a favore del dialogo interreligioso, a partire dall’incontro di Assisi del 1984: “Egli ha promosso attivamente il rispetto delle libertà e della dignità dell’uomo e ha fatto prendere coscienza ai giovani del loro ruolo nella Chiesa e della necessità di vivere una vita cristiana”.

Video spiegazione della Basilica di Nostra Signora della pace:

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Il 21 aprile 1990,  si apre la storica visita del Papa Giovanni Paolo II in Cecoslovacchia. Il Pontefice è festeggiato da centinaia di migliaia di persone nel paese da poco uscito dal regime comunista. Pochi mesi prima il viaggio poteva sembrare impossibile. Grazie al crollo del muro di Berlino e la visita del presidente Russo Gorbaciov al Pontefice, il quadro geopolitico è cambiato. La cortina di ferro è stata frantumata. Ora i popoli, grazie al sostegno di Giovanni Paolo II possono guardare alla libertà con speranza. Durante la Messa celebrata al Santuario di Velehrad (Repubblica Federativa Ceca e Slovacca), Domenica 22 Aprile 1990, davanti ad una folla sterminata di giovani disse: Ecco, la notte è passata, è arrivato di nuovo il giorno. Il vostro pellegrinaggio verso la libertà deve tuttavia continuare. Camminate come figli della luce (cf. Ef 5, 8). La libertà soltanto esterna, senza la liberazione interiore, produce il caos. Rimanete nella libertà per la quale vi ha liberati il Cristo (cf. Gal 5, 1)! L’unione tra la libertà esterna ed interna deve costruire l’Europa del domani, la civiltà dell’amore e della verità; e questa unione si fonda su Cristo, pietra angolare. Continuate a camminare verso la piena libertà. Espressione di questo vostro pellegrinaggio verso l’autentica libertà è anche l’itinerario decennale del “Rinnovamento spirituale” della Nazione. I temi dei singoli anni si ispirano ai comandamenti del Decalogo, dato al popolo dell’Antico testamento sul Sinai durante il suo pellegrinaggio dalla schiavitù verso la terra promessa. I comandamenti di Dio sono l’itinerario dalla schiavitù del peccato verso la piena libertà, l’itinerario verso la vittoria. Oggi avete ascoltato le parole tratte dalla lettera dell’Apostolo Giovanni: “In questo consiste l’amore di Dio, nell’osservare i suoi comandamenti; e i suoi comandamenti non sono gravosi, perché tutto ciò che è nato da Dio vince il mondo; e questa è la vittoria che ha sconfitto il mondo: la nostra fede” (1 Gv 5, 3-4). Il mondo senza Dio è nemico dell’uomo. È pesante, freddo, deserto. Dal peso di questo mondo senza Dio non si sfugge rifugiandosi nella droga, nell’abuso del sesso, nel culto della violenza, nelle sette. Questo mondo dev’essere sconfitto. E questa è la vittoria che ha sconfitto il mondo: la nostra fede. L’avete sperimentato voi stessi. Avete provato il peso del mondo senza Dio, avete provato il tragico tentativo di eliminare il Cristo, la pietra angolare, dall’edificio della società e della cultura, con tutte le conseguenze. Avete sperimentato anche la forza liberatrice della fede, la forza della risurrezione di Cristo. Attraverso questa esperienza siete diventati eredi del Vangelo, eredi del Verbo, eredi del Regno di Dio. Siate buoni amministratori di esso e tramandatelo alle generazioni avvenire”.

Video dei Viaggi Apostolici del 1990:

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Significative le parole rivolte alla Curia romana in occasione degli auguri di Natale 1989: “I popoli d’Europa, come del resto molti altri nel mondo, si sentono chiamati ad unirsi, per vivere meglio insieme. Questo nostro “vecchio continente”, che tanto ha dato agli altri, sta riscoprendo la propria vocazione: a mettere insieme tradizioni culturali diverse, per dar vita ad un umanesimo, in cui il rispetto dei diritti, la solidarietà, la creatività permettano ad ogni uomo di realizzare le sue più nobili aspirazioni. Non dobbiamo dimenticare che questa grande impresa, che gli Europei si sono impegnati a portare a compimento, ha ricevuto ispirazione dal Vangelo del Verbo incarnato, di cui tra pochi giorni celebreremo il Natale. Come dicevo in occasione della mia prima visita a Santiago de Compostela; “La storia della formazione delle nazioni europee va di pari passo con quella della loro evangelizzazione, a tal punto che le frontiere dell’Europa coincidono con quelle della penetrazione del Vangelo” (Insegnamenti di Giovanni Paolo II, V, 3 [1982] 1258). Questa identità europea, dalle radici cristiane, è una realtà che oggi ancora deve sostenere i benemeriti sforzi di tutti coloro che operano per il superamento delle divisioni e per la sparizione dei “muri”, che gli uomini hanno così spesso artificiosamente creato. Non c’è sistema ideologico, né progetto politico, né programma economico, né inquadramento militare che possono cancellare le aspirazioni di milioni di donne e di uomini, i quali “dall’Atlantico agli Urali” (Insegnamenti di Giovanni Paolo II, X, 2 [1987] 1599) e dalla Scandinavia al Mediterraneo sanno bene come la loro storia si sia sviluppata sotto il segno “della Croce, del libro e dell’aratro”. Di fronte a questa realtà europea, appare con evidenza quanto i “blocchi” siano artificiosi ed innaturali. Io stesso ho spesso parlato dei “due polmoni” – l’Oriente e l’Occidente – senza i quali l’Europa non potrebbe respirare. Ed anche in futuro, non ci sarà una Europa pacifica ed irradiatrice di civiltà. In questo “humus” gli Europei sono chiamati a costruire la loro casa comune. E come il focolare domestico è il luogo in cui ciascuno si sente “a casa”, accolto, rispettato ed aiutato per quello che egli è, così l’Europa deve diventare una “casa” in cui ogni popolo si veda riconosciuto nella fisionomia che gli è propria, sostenuto – ove occorra – nel suo sviluppo e soprattutto rispettato nelle sue aspirazioni. Come non c’è motivo di paura nella dimora familiare, così non dovrebbe esserci in Europa alcuna sorta di minaccia, che possa portare l’uno a temere dell’altro; anzi, dovrebbe esserci la gioia di vivere insieme, per spartire le comuni ricchezze materiali, culturali e spirituali. Cinquant’anni fa, terribili sconvolgimenti mettevano in pericolo l’esistenza stessa dell’Europa: la seconda guerra mondiale era scoppiata da alcuni mesi. Sfigurata, profanata e divisa, l’Europa ha dovuto compiere uno sforzo immane per superare tali tragiche prove, che ancor oggi ne segnano la fisionomia. Fortunatamente, sembra ora spuntare una nuova era: un processo di democratizzazione nelle sue regioni centrali ed orientali, forme di dialogo e di concertazione a livello continentale ed una nuova coscienza delle radici spirituali fanno germinare, come sembra, l’idea di un comune destino. In particolare, esprimo la mia gioia per il positivo evolvere della situazione in Cecoslovacchia, ove il riconoscimento della libertà religiosa ha permesso, tra l’altro, la provvista di un buon numero di sedi vescovili: a quelle operate lo scorso anno se ne sono aggiunte altre, ivi comprese quelle annunziate ieri. Il mio augurio è che si prosegua nel cammino intrapreso, giungendo al completamento delle nomine vescovili, alla ripresa della vita consacrata, alla riapertura dei seminari e alla possibilità per i fedeli di partecipare attivamente alla vita della Chiesa. Questo auspicio rinnovo oggi, affidandolo al Re dei secoli, affinché egli rafforzi le volontà e conforti il cammino dei popoli europei sulle nuove, impegnative strade”.  Le altre mete dei viaggi apostolici all’estero furono: Messico (questa trasferta durò 8 giorni dal 6 al 14 Maggio). In Italia andò pellegrino ad Ivrea, Orvieto, Benevento, Aosta, Ferrara-Comacchio, Genova, Campania. In totale i viaggi furono cos’ suddivisi 5 all’estero e 7 in Italia. di Giovanni Profeta

Video dei Viaggi Apostolici del 1990:


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