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177 migranti in mare da 4 giorni. 13 già soccorsi a Lampedusa. Ma l’Italia non li vuole. E li lascia lì

Una situazione incredibile ed irragionevole. Lasciare per più di 4 giorni degli uomini in mare, migranti o non migranti, è quanto di più disumano e criminale ci possa essere.

Lampedusa – Al tramonto del quarto giorno in rada davanti a Lampedusa il pattugliatore della Guardia Costiera “Diciotti” e i 177 migranti a bordo (13 sono stati trasferiti al poliambulatorio dell’isola) ricevono l’ennesimo no del Viminale. «Se l’Europa non ci aiuta, riaccompagneremo tutti in Libia» tuona il ministro e vice premier Salvini rivendicando i successi della tolleranza zero, «80mila sbarchi in meno dall’inizio dell’anno e 32mila in meno in quasi due mesi e mezzo da ministro». E pazienza se poi sarà difficile dar concretezza all’annuncio, vuoi per la difficoltà di Roma negare l’approdo a una propria nave governativa e vuoi perché la Corte europea ha già bocciato i respingimenti collettivi verso la Libia. Sullo sfondo del braccio di ferro tra Roma e la Valletta se ne profila un altro, tutto italiano, con il Viminale che dopo aver messo all’indice la galassia Ong se la prende con la Guardia Costiera e con i socialQuando in serata arriva anche la nota della Farnesina che si appella alla Commissione europea per «una soluzione in linea con i principi di condivisione tra gli Stati membri» la linea è chiara: lo scontro intestino che a luglio ha visto un porto italiano bloccare per la prima volta l’ingresso a una sua unità navale (fino all’intervento di Mattarella) non resterà un’eccezione.

Sullo sfondo del braccio di ferro tra Roma e la Valletta se ne profila dunque un altro, tutto italiano, con il Viminale che dopo aver messo all’indice la galassia Ong se la prende con la Guardia Costiera e con i social, camera dell’eco di ogni ingiustizia percepita, che chiedono la testa di un suo comandante, l’ammiraglio Pettorino. Nubi cupe si addensano sull’ennesima operazione nel Mediterraneo, dopo che la Diciotti ha soccorso un barcone in acque maltesi ma non ha ricevuto dalla Valletta l’autorizzazione a far scendere i naufraghi. Malta ribadisce che «se si tratta di un salvataggio l’unica soluzione è sbarcare i migranti a Lampedusa o in un porto italiano, i più vicini e sicuri secondo le convenzioni applicabili». Il ministro degli interni maltese Farrugia, piccato dalle parole del collega italiano alle Infrastrutture Toninelli («Il comportamento di Malta è ancora una volta inqualificabile»), si dice invece convinto che, in assenza di coordinamento con la Valletta, di salvataggio non si tratti affatto e che la Diciotti abbia intercettato il barcone «all’interno del Sar maltese solo per precludergli le acque italiane».

Sebbene il crollo di Genova assorba in queste ore le energie del governo – ricorda il quotidiano Il Secolo XIX, il tema migranti scalda gli animi. E se il Pd, Leu e Possibile insistono sull’illegalità del muro salviniano, l’esecutivo incassa il sostegno di Fratelli d’Italia, compatti nel chiedere «un blocco navale al largo della Libia», e del senatore Gasparri, che chiama la Guardia Costiera a rispondere in Commissione Difesa. La realtà del Mediterraneo, dove nelle ultime ore sono state condotte altre due operazioni di soccorso, conta poco, tanto per Roma quanto per Malta, che con un’intervista del premier Muscat all’emittente One News annuncia anche di voler rispedire indietro i 120 migranti individuati il 13 agosto a Qormi, a sud-est della Valletta, ma provenienti da quell’Italia in cui erano stati identificati. Così, fino a nuovo ordine, la Diciotti resta in rada.

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