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Quel Rosario davvero speciale di Giovanni Paolo I che dovrebbe farci riflettere. Ne hai uno sempre con te?

Se invitassi, durante un’adunanza di cattolici, signore e signori a mostrare quel che tengono in tasca o nella borsetta? Vedrei certo in quantità pettini, specchietti, tubetti di rossetto, portamonete, accendini, sigarette ed altre cose più o meno utili.

Nella casa del Manzoni a Milano, appesa in capo al letto si vede anche oggi la sua corona: la recitava abitualmente; nei ” Promessi sposi” la sua Lucia tira fuori la corona e recita il rosario nei momenti più drammatici.

Windthorst, uomo di stato tedesco, fu invitato una volta da alcuni amici non praticanti a mostrare la sua corona. Era uno scherzo: gli avevano prima sottratta la corona dalla tasca sinistra. Windthorst, non avendola trovata nella sinistra, mise la mano nella tasca destra e fece bella figura. Aveva sempre una corona di ricambio!

Cristoforo Gluck, grande musico, durante i ricevimenti alla corte di Vienna, si appartava alcuni minuti per recitare il suo rosario.

Il beato Contardo Ferrini, professore universitario a Pavia, invitava a recitarlo gli amici, nella cui casa eraRosario02 ospite. S. Bernadetta assicurava che, quando la Madonna le apparve, aveva la corona al braccio e le chiese se ella pure l’avesse, invitandola a recitarla.

Perché il rosario da alcuni è contestato. Dicono: è preghiera infantilistica, superstiziosa, non degna di cristiani adulti. Oppure: è preghiera che cade nell’automatismo, riducendosi a una ripetizione frettolosa, monotona e stucchevole di Ave Maria. Oppure: è roba d’altri tempi; oggi c’è di meglio: la lettura dalla Bibbia, per esempio, che sta al rosario come il fior di farina sta alla crusca.

Mi si permetta di dire in proposito qualche impressione di pastore d’anime. Prima impressione: la crisi del rosario viene in secondo tempo. In antecedenza c’è oggi la crisi della preghiera in generale.

La gente è tutta presa dagli interessi materiali; all’anima pensa pochissimo. Il fracasso poi ha invaso la nostra esistenza. Macbeth potrebbe ripetere: ho ucciso il sonno, ho ucciso il silenzio! Per la vita intima, la “dulcis sermocinatio” o dolce colloquio con Dio si fa fatica a trovare qualche briciola di tempo.

È un danno. Diceva Donoso Cortes: “Oggi il mondo va male perché ci sono più battaglie che preghiere”. Si sviluppano le liturgie comunitarie, che sono certo un gran bene: esse però non bastano: occorre anche il colloquio personale con Dio.






Seconda impressione. Quando si parla di “cristiani adulti” in preghiera, talvolta si esagera. Personalmente, quando parlo da solo a Dio e alla Madonna, più che adulto, preferisco sentirmi fanciullo. La mitria, lo zucchetto, l’anello scompaiono: mando in vacanza l’adulto e anche il vescovo, con relativo contegno grave, posato e ponderato, per abbandonarmi alla tenerezza spontanea, che ha un bambino davanti a papà e mamma.

Essere – almeno per qualche mezz’ora – davanti a Dio quello che in realtà sono con la miseria e con il meglio di me stesso: sentire affiorare dal fondo del mio essere il fanciullo di una volta, che vuoi ridere, chiacchierare, amare il Signore e che talora sente il bisogno ci piangere, perché gli venga usata misericordia, mi aiuta a pregare. Il rosario, preghiera semplice e facile, a sua volta, mi aiuta a essere fanciullo, e non me ne vergogno.

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E adesso vengo alle altre obiezioni.

Preghiera a ripetizione il rosario? Diceva padre De Foucauld: “L’amore si esprime con poche parole, sempre le stesse e che ripete sempre”. Ho visto una signora in treno, che aveva messo a dormire il suo bambino nella rete portabagagli. Quando il piccolo si risvegliò, vide dall’alto della rete la sua mamma seduta di fronte a vegliarlo. “Mamma!”, fece. E l’altra: ” Tesoro”! e per un pezzo il dialogo tra due non cambiò: ” Mamma” di lassù”, ” Tesoro” di laggiù. Non c’era bisogno d’altre parole.

C’è la Bibbia? Certo, ed è un quid summum, ma non tutti sono preparati o hanno tempo di leggerla. A quelli che la leggono, sarà poi utile, in certi momenti, in viaggio, in strada, in periodi di particolare bisogno, parlare con la Madonna, se si crede che Ella ci sia madre e sorella. I misteri del rosario meditati e assaporati sono Bibbia approfondita, fatta succo e sangue spirituale.

Preghiera stucchevole? Dipende. Può essere, invece, preghiera piena di gioia e di letizia. Se ci si sa fare, il rosario diventa sguardo gettato su Maria, che aumenta d’intensità a mano a mano che si procede. Può anche riuscire un ritornello, che sgorga dal cuore e che, ripetuto, addolcisce l’anima come una canzone.

Preghiera povera, il rosario? E quale sarà, allora, la “preghiera ricca?” Il rosario è una sfilata di Pater, preghiera insegnata da Gesù, di Ave il saluto di Dio alla Vergine per mezzo dell’Angelo, di Gloria, lode alla santissima Trinità. O vorreste – invece – le alte elucubrazioni teologiche? Non si adatterebbero ai poveri, ai vecchi, agli umili, ai semplici.

Il rosario esprime la fede senza falsi problemi, senza sotterfugi e giri di parole, aiuta l’abbandono in Dio, l’accettazione generosa del dolore. Dio si serve anche dei teologi, ma, per distribuire le sue grazie, si serve soprattutto della piccolezza degli umili e di quelli che si abbandonano alla sua volontà.

C’è un’altra considerazione da fare: la famiglia dovrebbe essere la prima scuola di pietà e di spiritualità religiosa per i figli. L’azione pedagogico-religiosa dei genitori – ha detto Paolo VI – è delicata, autorizzata, insostituibile. Delicata per il clima di permissività e di secolarismo che ci circonda; autorizzata, perché fa parte della missione affidata a Dio ai genitori; insostituibile, perché è nell’età più tenera che si prendono l’inclinazione e l’abitudine alla pietà religiosa.




Il rosario – sia pure con formula decurtata e adattata – recitato la sera dai genitori insieme ai figli, è una specie di liturgia domestica. Lo scrittore Luigi Veuillot confessava che all’inizio del suo ritorno a Dio c’era lo spettacolo del rosario visto recitare con fede in una famiglia romana.

(ALBINO LUCIANI)

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